“Avevo nel cuore e nella mente di cantare d’amore, ma ora vi ho rinunciato” scriveva Lanfranco Cigala, compositore e nobile genovese d’origine provenzale, vissuto nella prima metà del XIII secolo “canta infatti male di cose gioiose chi è amareggiato” concludeva, riferendosi all’inascoltato richiamo a partire per le Crociate diretto ai potenti cristiani, causa della sua grande delusione. “Gerusalemme è un luogo derelitto” proseguiva Lanfranco, sconfortato dal comportamento di quei cavalieri “affatto intenzionati a recuperare i santi retaggi” e di quei “due grandi signori”, il Papa e l’Imperatore Federico II, sempre in guerra tra loro.
Lanfranco è l’espressione più aulica della vitalità poetica delle corti dell’Italia settentrionale nel periodo compreso tra il XII e il XIII secolo: non a caso, proprio le città del Nord furono centri propulsori della poesia provenzale, prima tra tutte Genova, “importante foyer trobadorico d’Italia” (S. Guida, 2001).
Lanfranco fu trovatore cioè cantore e compositore in lingua d’Oc, idioma caratteristico della Francia meridionale. Ci ha lasciato un canzoniere ricco e vario composto da poesie dalla tematica cortese, amorosa, religiosa, politica e civile. Il suo stile, perfetto dal punto di vista formale, spicca per le radicate convinzioni e l’aulica levatura morale.
In vita il nostro poeta fu personaggio di spicco della società genovese. La storiografia è riuscita a ricostruirne la figura attraverso alcuni atti di compravendita afferenti al XIII secolo in particolare quelli datati al 20 luglio 1235, al 7 luglio 1239 e al 21 febbraio 1240 in virtù dei quali sappiamo che fu giudice e consigliere della Repubblica di Genova, diplomatico e ambasciatore alla corte di Raimondo Berengario IV di Provenza. Lanfranco, figlio di Guglielmo, apparteneva ad una rispettabile famiglia. Sua moglie si chiamava Saffiria e da lei ebbe otto figli di cui sette maschi e una femmina di nome Caterina.
Lanfranco Cigala è aulico esempio della varietà e complessità del fenomeno trobadorico, nato nel sud della Francia verso la fine dell’XI secolo, affermatosi successivamente tra XII e XIII prima al nord e poi fuori i confini francesi (Germania, Spagna e Italia). La novità di questa poetica fu l’utilizzo della lingua volgare, espressione lontana da quella utilizzata in ambienti dotti ed ecclesiastici e la varietà delle tematiche trattate. I cantori si esibivano spesso in compagnia di giullari, abili nel mimo e nella recitazione e godevano di condizione varia ed eterogenea. Accanto a mercanti, artigiani o poeti di umili origini, quest’arte era coltivata anche da principi, re, prelati, monaci e cavalieri. Per alcun di loro era un piacevole svago, per altri un mestiere a tempo pieno.
Bibliografia:
G. Bertoni, I trovatori d’Italia: bibliografie, testi, traduzioni, note, Forgotten Books, 2019
F. Branciforti, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954, pp, 198-200
S. Guida (a cura di), Canzoni di Crociata, Luni Editrice, 2001