Principale Ambiente, Natura & Salute L’Autonomia Differenziata fa male alla sanità!

L’Autonomia Differenziata fa male alla sanità!

Il Sindacato Medici Italiani sostiene la manifestazione dello SPI – CGIL del 31 marzo a Bari

Dichiarazione di:

Ludovico Abbaticchio, Presidente Nazionale SMI

Francesco Pazienza, Segretario Regionale SMI Puglia

 

Bari 30 mar. <Il Sindacato Medici Italiani (SMI) sostiene e solidarizza con la manifestazione dello SPI-CGIL per la tutela della sanità pubblica, che si terrà domani  31 marzo alle 9.30  a Bari, in Piazza Prefettura>.

<La salute è un diritto fondamentale per tutte le persone, che la nostra Costituzione tutela e che lo Stato deve garantire. L’approvazione agli inizi di febbraio  in Consiglio dei Ministri del progetto di autonomia differenziata darà, invece, il colpo di grazia alla sanità del Mezzogiorno. La pandemia da Covid avrebbe dovuto generare un grande ripensamento di un modello di sistema sanitario  e una sua maggiore statalizzazione, superando le inefficienze delle regioni a partite da quelle meridionali. Si ritorna, invece, a una proposta che non  tiene conto di cosa sia successo in questi due anni di pandemia. Il covid 19  è stato arginato solo grazie all’azione di coordinamento dello Stato! Siamo contrari, per queste ragioni,  a qualsiasi ipotesi che metta in pratica  uno stravolgimento dell’ azione redistributiva dello Stato legata  alla fiscalità generale e alla gestione in toto, senza più una compartecipazione nazionale,  alle regioni di  servizi come quelli erogati dalla sanità. La sanità deve tornare ad essere un   diritto  per tutti i cittadini del Paese.

In questo senso la fondazione Gimbe ci ricorda nel suo rapporto, del mese scorso  fa,  che  la mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, visto che nel decennio 2010-2019, tredici Regioni, quasi tutte del Centro Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di euro. Le cinque Regioni con saldi negativi superiori a 1 miliardo sono tutte al Centro-Sud: Campania (- 2,94 miliardi), Calabria (- 2,71 miliardi), Lazio (- 2,19 miliardi), Sicilia (- 2 miliardi) e Puglia (- 1,84 miliardi).Bisogna invertire questa tendenza alla desertificazione sanitaria del sud e della Calabria interrompendo  i viaggi della speranza per motivi di salute verso il Nord del Paese.

Purtroppo le condizioni in cui versa il nostro SSN sono drammatiche. Rispetto alla riforma del 1978 c’è stato un cambiamento demografico non ancora metabolizzato in modo adeguato con un aumento dell’età dei cittadini. Sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse finanziarie, professionali, riforme. L’impatto della pandemia sulla gente non ha insegnato ancora nulla a chi ci governa. Abbiamo in parte raggiunto risultati efficaci grazie allo straordinario impegno professionale di tutti i lavoratori sanitari e sociali del sistema assistenziale pubblico. All’impatto pandemico si sono aggiunte le ricadute economico-finanziarie dovute alla guerra in Ucraina, l’inflazione, il caro bollette, aggravando ulteriormente la situazione finanziaria delle Regioni, dei Comuni e delle famiglie. Siamo di fronte ad un aumento delle povertà, interventi pubblici non omogenei sul territorio nazionale aggraveranno quelle diseguaglianze che sempre più caratterizzano il nostro Paese. Oggi serve con urgenza un coordinamento delle forze del lavoro e della politica che si impegnino nella tutela della salute pubblica. Lo SMI da tempo combatte anche contro logiche sindacali autoreferenziali di settore con l’obiettivo di:

– avere più medici, infermieri, personale sanitario e assistenziale per garantire accesso ai servizi, recupero liste d’attesa, riorganizzazione dei servizi territoriali. Personale adeguatamente formato e valorizzato, riconoscendone il ruolo strategico e adeguando salari, diritti, progressioni di carriera;

– rafforzare l’assistenza territoriale per dare concretezza alla presa in cura delle persone più fragili e affette da malattie croniche migliorando l’integrazione sociale e sanitaria per garantire la domiciliarità. Particolare attenzione va posta alle aree interne, montane e collinari;

– rivedere l’organizzazione della medicina generale e pediatrica di libera scelta e assicurare l’operatività di team multi professionali;

– tagliare le liste di attesa;

– mettere in sicurezza gli ospedali a partire dai PP.SS e dall’Emergenza-Urgenza;

– fare realmente delle Case della Comunità una sede in grado di semplificare l’accesso ai servizi, un luogo di partecipazione dei cittadini, del volontariato, del terzo settore;

– rafforzare i dipartimenti di salute mentale, prevenzione, sicurezza sui luoghi di lavoro;

– rivedere e innovare anche i percorsi formativi con maggiore collaborazione fra SSN e Università;

– investire in ricerca pubblica e intervenire sul mercato farmaceutico. Revisione del prontuario farmaceutico e abolizione delle note Aifa.

Al Parlamento  chiediamo maggiore attenzione e più risorse per servizi sociali e sanitari  e un ripensamento profondo sull’Autonomia Differenziata. Occorre superare le differenze regionali e  dotare il Ministero della Salute di reali poteri di intervento che vadano oltre la regionalizzazione della sanità, mettendo a frutto sulle grandi  questioni  della salute (ad esempio: la ricerca, i malati cronici, le patologie oncologiche, l’accesso ai farmaci per tutti ) l’utilizzo dei fondi del PNNR, per sviluppare una collaborazione interregionale foriera di innovazione organizzativa e operativa che ponga al centro il cittadino e la sua salute. La regionalizzazione è stata pensata storicamente non per dividere ma per compensare delle differenze strutturali. Dentro questo quadro a tinte fosche anche gli Ordini professionali sono in  silenzio o nicchiano per non andare contro chi comanda. È giunto il momento di dire basta per questo oggi siamo con voi per percorrere una strada comune per il bene dei lavoratori della sanità e dei cittadini/pazienti>.

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