Il principio di uguaglianza nella Costituzione di una società pluralista
di Evelyn Zappimbulso
Il principio di uguaglianza non si è affermato in modo pacifico nella storia perché esso si afferma facilmente solo rispetto a chi è ritenuto simile a sé e non viene applicato automaticamente a chi è percepito come diverso.
Il modello di uguaglianza che è stato alla base del discorso costituzionale condotto in occidente negli ultimi due secoli ha avuto una funzione inclusiva e di integrazione ma al tempo stesso ha preteso imperiosamente un adattamento ai modelli culturali dominanti. Ma l’immagine di una comunità omogenea è il frutto di una illusione o se si vuole essere più precisi di una ideologia.
Dietro il velo della nostalgia per una società omogenea si trova molto spesso il tema dell’equa ripartizione delle risorse e della povertà e quello del riconoscimento dei diritti. Anche l’argomento dei diritti umani da difendere nel confronto con i Paesi non appartenenti all’Occidente non è al di sopra di ogni sospetto. In particolare quello di voler con essi perpetuare la missione civilizzatrice propria del colonialismo. La regola dell’uguaglianza implica il rispetto della pluralità dei valori che rendono ricca la vita in una società. La Costituzione italiana è esplicita in proposito perché è la Costituzione di una società che vuole essere pluralista. E la prima condizione per procedere in questa direzione è non umiliare l’altro. Nelle pieghe della cultura altrui troviamo anche qualcosa di nostro è la nostra umanità.
Sebbene sia un regime fragile e sempre in pericolo, la democrazia appartiene al mondo moderno. Il numero delle democrazie nel mondo è in aumento costante nell’ultimo secolo, ed il principio di uguaglianza che è alla base della costituzione politica democratica si diffonde. Le sue ramificazioni sono in tutte le direzioni, e la sua avanzata va di pari passo con proclamazioni solenni, che intendono garantire il rispetto della dignità umana.
Il principio di uguaglianza non si è però affermato in modo pacifico nella storia. Per fare un esempio notissimo, il diritto al voto delle donne è arrivato dopo una lunga battaglia, durata oltre un secolo. Anche nelle democrazie occidentali, la parità salariale tra uomo e donna è tuttora da conquistare nei fatti. La discriminazione (etnica, di genere, linguistica, religiosa, etc.) è bandita dalle costituzioni democratiche, ed è ora combattuta dallo Stato. L’azione dello Stato viene però monitorata sul piano internazionale, tramite i regimi protettivi dei diritti umani, per evitare che al riparo di essa, o addirittura grazie ad essa, il principio di uguaglianza possa essere violato, a vantaggio di una parte o di una componente della società.
Sul piano della vita sociale e in campo morale il principio di uguaglianza si afferma senza eccessiva difficoltà rispetto a chi è ritenuto simile a sé, mentre non è automaticamente esteso a chi viene percepito come diverso.
Per quanto il sentimento di essere parte di una singola umanità possa essere forte – siamo tutti mortali – dobbiamo riconoscere che il solo sentimento di umanità rappresenta un vincolo troppo debole per contrastare la forte tendenza ad applicare il principio di uguaglianza unicamente a chi viene ritenuto simile a sé.
Per contrastare questa tendenza il diritto contemporaneo ha messo a punto una propria strategia: è la strategia legata al riconoscimento dei diritto umani. Sul punto, limitiamoci per ora a questo rilievo essenziale, vedremo meglio oltre quali problemi si aprono nel momento in cui i diritti umani si affacciano sulla scena contemporanea.
Resta comunque sotto gli occhi di tutti un fatto. Affermato il principio di uguaglianza, proclamati i diritti umani, il tema della differenza – in primo luogo in termini di stili di vita e di atteggiamenti culturali – non è esaurito.
Il pluralismo proclamato dalle democrazie costituzionali contemporanee – specialmente di quelle costituite sulla base dell’idea di nazione – tuttora non incorpora fino in fondo questa dimensione dell’esperienza umana. Il valore della differenza non è sempre né pienamente espresso, né pienamente colto, sebbene a livello internazionale venga ormai frequentemente riconosciuto.
Un riconoscimento del genere si legge, ad esempio, nella Convenzione delle Nazioni unite sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali del 2005, che è stata approvata dalla Decisione del Consiglio dell’Unione europea in data 18 luglio 2006.
La nostalgia di una (immaginaria) comunità omogenea ha lasciato più di una traccia nel discorso intorno alla cittadinanza. Lo stato costituzionale che è edificato sulla base della Costituzione repubblicana, è agli antipodi dello stato chiuso, di cui parlava Fichte all’inizio del 1800. L’Italia al pari di altri Stati europei è pienamente integrata nella vita della comunità internazionale. L’appartenenza dell’Italia e degli Stati Membri all’Unione europea ha trasformato lo stesso concetto di cittadinanza, facendo retrocedere l’idea di Stato nazione. Ma tutto questo non esclude, evidentemente, la possibilità che la comunità nazionale – o una sua componente – pensi se stessa secondo modelli che propongono l’idea di comunità omogenea, e che implicano chiusura verso chi non appartiene ad essa.
L’affermarsi di stili di vita individualizzati conduce però sempre più a riconoscere maggior spazio alla differenziazione nello spazio pubblico e nel privato.
La società contemporanea è infatti segnata da processi di individualizzazione che tendono sciogliere l’individuo dai vincoli dell’appartenenza sociale e dalle forme di vita sociale tradizionali; d’altra parte la società è sempre più tagliata sull’individuo, che affida la propria biografia a scelte rischiose, e a nuove forme di distinzione. Questi processi, al cuore di una società di mercato, dovrebbero però essere governati con il conforto di teorie destinate a rendere conto in modo più adeguato del rapporto tra democrazia, pluralismo dei valori, molteplicità degli orientamenti culturali, e degli stili di vita.
Evelyn Zappimbulso Vice Direttore Corrierepl.it
Redazione Corriere di Puglia e Lucania