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Le recenti condizioni meteorologiche avverse hanno portato a gravi perdite nei raccolti di grano tenero, sollevando la preoccupazione per la produzione di pane in Italia. Secondo una nota congiunta di Coldiretti e Consorzi Agrari d’Italia (CAI) – entrambe partecipi a “Giornate in campo 2023” -, il disastro che ha da poco colpito l’Emilia Romagna avrebbe causato la rovina di un raccolto equivalente a 200 milioni di chili di pane.
La regione, infatti, rappresentante approssimativamente l’8% della totale area agricola nazionale, è un hub cerealicolo fondamentale con il suo milione e passa di ettari coltivati. E purtroppo questo territorio, che detiene circa il 30% della superficie italiana dedicata al grano tenero (160mila ettari dei 570 complessivi), a seguito delle alluvioni di quest’anno ha subito un taglio di produzione del 12-15%, principalmente nelle zone di Forlì, Cesena, Ravenna, Faenza, Bologna e Rimini.
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Quanto ‘nce piace ‘a pagnottella?
Questa crisi, chiaramente, è stata fortemente accusata da un Paese in cui il consumo annuale pro-capite di pane si aggirerebbe intorno ai 41 kg, secondo una ricerca del 2020 condotta dall’Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Italmopa). Una cifra rilevante, anche se inferiore rispetto ad altri Stati comunitari come Romania (88 kg), Germania (80 kg), Olanda (57 kg), Polonia (52 kg), Spagna (47 kg) e Francia (44 kg).
Sempre in base allo stesso sondaggio di Italmopa, ben l’84% degli italiani sarebbe solito acquistare regolarmente pane (mentre solo il 16% degli intervistati avrebbe dichiarato di non gradirlo e/o di mangiarlo solo occasionalmente, quasi sempre per motivi legati a qualche dieta o a particolari condizioni di salute). Tra questi il 72% pare che preferisca il pane di farina bianca, mentre il consumo di pane integrale (in continuo aumento) sarebbe prerogativa del 39% dei consumatori. Le percentuali di consumo di pane di semola di grano duro e di farine multi-cereali sarebbero invece inferiori e stabili al 28% e al 24%.
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Sparisce la frutta e avanza il “deserto”
Coldiretti aveva recentemente evidenziato anche una situazione critica nel settore ortofrutticolo, indicando danni significativi in Italia. Nello specifico, in un arco di 15 anni si sarebbe registrata la scomparsa di una pianta da frutto su 5, con numeri spaventosi soprattutto per nettarine (-45%), uva da tavola (-43%), pere (-34%), pesche (-33%), mandarini (-20%) e arance (-16%), mentre solo per i kiwi ci sarebbe un incremento (+11%).
Pare che questa diminuzione di sane coltivazioni vitaminiche spinga sempre più verso una desertificazione, visto che starebbe comportando anche una riduzione della superficie coltivata in Italia, con conseguenze gravi sull’economia, l’ambiente e la salute della popolazione, oltre che sui consumi, il lavoro e il clima. Le zone nostrane dedicate alla frutta si sarebbero ridotte praticamente a 516mila ettari, con un calo di oltre centomila unità di misura agrarie rispetto a 15 anni fa, generando impatti negativi evidenti su una produzione nazionale che ha sempre vantato le migliori varietà di kiwi, pere, albicocche, ciliegie e uva da tavola.
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Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Edoardo Gagliardi del 02 giugno 2023), sito della Coldiretti, sito di CAI, sito della Regione Emilia-Romagna (sezione “Agricoltura, caccia e pesca”), Wikipedia, sito di Italmopa.
Canale YouTube: TVI Molise, Telestense Ferrara.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania