Principale Ambiente & Salute Umanità e natura, un rapporto tutto da recuperare

Umanità e natura, un rapporto tutto da recuperare

“L’uomo ha smarrito la propria via nella giungla della chimica e dell’ingegneria, e dovrà tornare sui suoi passi per quanto doloroso ciò possa essere: dovrà capire dove ha sbagliato e far pace con la Natura”, scriveva Richard St. Barbe Baker, l “uomo degli alberi”.

E per quanto accaduto e sta accadendo ancora in Emilia-Romagna, di questi “sbagli” si continua purtroppo a farne senza ritegno e senza risparmio. Dovreste leggere almeno solo l’introduzione de “Il Tao dell’Ecologia” di Edward Goldsmith, vincitore nel 1991 del prestigioso “Right Livelihood Award, meglio conosciuto come il “Nobel Alternativo” presentato al Parlamento svedese il giorno prima dell’assegnazione dei “Nobel”.

Ecologista di fama internazionale e fondatore della rivista “The Ecologist”, Goldsmith esordisce con la “scioccante” considerazione che “l’uomo moderno si sta attivando a distruggere rapidamente il mondo naturale dal quale pur dipende la sua sopravvivenza e, così facendo, sta progressivamente rendendo meno abitabile il nostro pianeta”, altro che spendere milioni e milioni di dollari per colonizzare Marte e Luna, costruendo basi spaziali a gogò!

Ammesso che le sempre più intense calure, le inondazioni (che oggi purtroppo gravano pesantemente e dolorosamente anche sulla vita degli emiliani-romagnoli), lo scioglimento di ghiacci e ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, le progressive estinzioni di specie floro-faunistiche e le più pericolose epidemie ci permettano ancora di arrivarvi: salvo rimettere a posto le cose, proprio qui, da noi, sul pianeta Terra!

Quel poco d’informazione globalizzata, mai sufficiente, porta nelle nostre case la notizia di foreste primarie distrutte, paludi traboccanti di biodiversità prosciugate, barriere coralline “cotte” o estirpate, terreni agricoli erosi o degradati, ancor oggi con pesanti livelli d’inquinamento che colpiscono falde acquifere, fiumi, estuari, mari, aria che respiriamo, cibo che mangiamo ( ci mancavano le “microplastiche” a far da “ciliegina sulla torta”…).

Accade tutto questo, ed altro ancora, scrive Goldsmith, perché l’intera umanità è fortemente impegnata nel cosiddetto “sviluppo economico” un processo che per sua stessa natura grava pesantemente e sistematicamente sull’ambiente, sempre meno capace di sostenerlo e sempre più degradato da esso.

Di fronte a tale allarmante situazione i leader politici non prestano ancora la dovuta attenzione a questi problemi, accompagnati da potenti gruppi industriali (petrolio, legno, ecc.), ancor oggi tesi a difendere i loro interessi a breve termine, in perfetto accordo con l’imperante filosofia del “tutto e subito”, dell’ “usa e getta”, del “life is now”.

I nostri accademici, poi, quegli stessi che dovrebbero fornire ai governi e alla società intera “la conoscenza che serve al pubblico interesse e massimizza il benessere generale”, secondo Goldsmith non stanno ancora mettendo in campo tutte le loro energie per la risoluzione dei problemi ecologici.

Tali atteggiamenti sono stati ben delineati dai più autorevoli filosofi della scienza: una cosa che minaccia la vita viene comunemente ignorata perché la sua presenza è inconciliabile con la visione del mondo prevalente e dei suoi modelli accademici, una visione che basa tutto il nostro benessere e la nostra ricchezza nell’universo artificiale e tecnologico costruito dell’uomo, da cui lo sviluppo economico che lo rende possibile. Un traguardo che è diventato soprattutto sistematica sostituzione della “tecnosfera” o mondo dei manufatti umani, all’”ecosfera”, o comunità dei viventi col proprio sostrato geologico e il proprio ambiente atmosferico, altrimenti detto anche “mondo reale”, unica e sola fonte dei benefici originali e naturali.

La salute è così considerata come un beneficio dispensato negli ospedali, l’educazione e la cultura come una sorta di merce che si compra nelle scuole e nelle università, la legge e l’ordine pubblico come privilegi forniti da preposti e dalle forze di polizia, in uno con carceri e tribunali, tutte cose che dovremmo considerare invece caratteristiche naturali e fondamentali della società umana.

Normalmente ignoriamo che la vita su questo pianeta è possibile solo conservando un clima favorevole e stabile, il suolo fertile, i mari puliti e pescosi, altrettanto dicasi dell’acqua potabile, mentre i sistemi naturali che forniscono tali benefici vengono tranquillamente riempiti delle nostre deiezioni, senza che a tutto questo sia stato posto un freno serio e deciso per la salute della nostra ecosfera.

Il “Tao dell’Ecologia” è tutto teso a dimostrare, al contrario, che il mostro mondo è originariamente ordinato e dotato di uno scopo, invece che casuale; organizzato, invece che atomizzato; cooperativo, invece che competitivo; dinamico, creativo e intelligente, invece che passivo e automatico; autoregolato, invece che governato da qualche fattore esterno; Un mondo che tende mirabilmente a conservare la propria stabilità (vuoi di “resistenza” che di “ripresa”), invece che destinato ad una perpetua trasformazione in una direzione indefinita: in buona sostanza un mondo “vivo”, che realizza in sé il suo fine, il suo equilibrio, e non passivo e simile ad una macchina.

Gli strumenti per porre rimedio a questo stato di cose sono anzitutto culturali (qualche giorno fa il Nobel Giorgio Parisi ha detto che la scienza è conoscere e possedere il senso del limite…), partendo dalla disanima della vita delle società “vernacolari”, cioè popolazioni che si sono autorganizzate e autoregolate senza intervento d’uno stato, e che hanno mantenuto un modo di vivere sostenibile ed appagante.

L’esistenza ha bisogno di equilibrio nonostante i cambiamenti, è tutto scritto nel nostro DNA; gli organismi viventi, i diversi ecosistemi e persino la comunità devono mantenere il loro ordine cruciale, il loro equilibrio se vogliono continuare ad esistere: gli organismi con i loro fluidi corporei che devono avere una composizione chimica “normale”, altrettanto dicasi delle comunità umane che devono vivere consolidando stabilità nei comportamenti sociali, senza dimenticare gli ecosistemi nei quali piante, erbivori, carnivori e decompositori, interagendo stupendamente col mondo minerale, dischiudono le loro “arti magiche” al meraviglioso ciclo della vita.

Ciò posto, per non fare la stessa fine dei dinosauri, dobbiamo attivare “in tutta fretta” quelle strategie che ci permettano di ridurre drasticamente le emissioni di carbonio in atmosfera (personalmente sono contrario al solo “adattamento”…), ed il rilascio, decisamente vergognoso, di plastica nelle acque e nel mare, in uno all’incremento mirato delle superfici forestali, eliminando anche i numerosi biocidi di cui ancora “si nutre” la nostra agricoltura.

La conoscenza dei lineamenti d’ecologia e delle leggi fondamentali della natura deve diventare pane quotidiano per tutti, politici, amministratori nazionali e locali, studenti e comuni cittadini. Prendendo finalmente consapevolezza che, nonostante tutto, non sono mai state “abrogate”!

Valentino Valentini

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