BARI, 28/06/2023 – Dopo aver vinto per la seconda volta il Festival di Sanremo, portato ancora egregiamente in alto la musica italiana all’Eurovision Song Contest 2023 e guadagnatosi il Nastro D’argento per il brano “Caro amore lontanissimo” del film Il Colibrì, Mengoni è tornato a lanciarsi nella sua dimensione preferita: l’interazione con il pubblico.
“Ricorda. Non scappare. Salvati.”
È iniziata con queste parole all’Arena della Vittoria la tappa di Bari del tour soldout “Marco Negli Stadi 2023” – gli unici contenitori da concerto che in effetti riuscirebbero ad accogliere tutti i suoi innumerevoli fan, provenienti dall’intera regione nel capoluogo per assistere al brillare di quella che è attualmente la nostra stella più luminosa.
Si tratta senza dubbio di un traguardo negli anni consolidatosi sempre di più. Si tratta di passione, di abilità comunicativa, di voce sovrannaturale, di testi sinceri e di sonorità sia tradizionali sia ricercate in meandri internazionali. La formula Mengoni non delude mai, è un vortice impressionante che lascia senza parole. Non puoi far altro che ascoltare, assorbire tutte le energie della sua magica atmosfera, emozionarti e applaudire di fronte a tanta bellezza. Impensabile che questo non accada d’altronde quando Marco sfodera una mezcla della sua trilogia Materia (Terra), Materia (Pelle) e Materia (Prisma), in aggiunta ai suoi intramontabili successi di oltre un decennio di carriera artistica.
È entrato direttamente passando in mezzo al suo pubblico, in bermuda e giacca bianchi, intonando “Cambia un uomo” sino a raggiungere musicisti e coriste per “Esseri umani”. Per l’occasione niente poteva essere lasciato al caso: dal palco circolare con una lunga passerella che attraversa il prato, luci potenti ovunque, sculture di prismi, due maxi schermi laterali e palchetto sopraelevato, agli spruzzi di fuoco e di coriandoli di ogni tipo e colore. Una celebrazione della libertà di espressione. “Vi auguro di sentirvi liberi nella vostra vita in generale, ma soprattutto qui…stasera…senza stress” – ha detto, infatti, presentando così una delle sue hit più dance “No stress”. Già dal terzo brano, quindi, l’intento è chiaro: Marco vuole farci ballare. E ci è riuscito, eccome se ci è riuscito. Hanno contribuito a ciò “Voglio” e “Muhammed Ali” entrambe ripescate dal disco Atlantico del 2018, prima di scrollarsi qualsiasi velo e lasciarci ammirare una delle sue molteplici anime, quella più rockettara e ricca di virtuosismi, nella cover di “Psycho Killer” dei Talking Heads (1977). È una dimensione in cui è perfettamente a suo agio e che gli permette di esplorare le sue impressionanti capacità canore e il suo indubbio charme artistico. Eppure sappiamo tutti che Marco è anche tanto altro: è un narratore di sentimenti sussurrati o gettati fuori a gran voce, come ha ricordato la famosissima “Credimi ancora” (2010) accompagnata da un assolo di chitarra elettrica sopraffino e la più recente “Mi fiderò” con l’inciso finale “Senza temere niente” cantato direttamente dal pubblico.
È poi arrivato il momento del Live from Seventies, una pausa cambio più lunga, colmata da Drusilla Foer sui maxi schermi che ha presentato la band (basso: Giovanni Pallotti; chitarra: Peter Cornacchia e Massimo Colagiovanni; batteria: Davide Sollazzi; percussioni: Leo Di Angilla; tastiere: Benjamin Ventura e Adam Rust; vocalist: Moris Pradella, Yvonne Park, Elisabetta Ferrari, Nicole Thalìa), aprendo una parentesi disco anni ‘70 con un breve medley di Respect – Aretha Franklin, Move On Up – Curtis Mayfield, Good Feeling – Flo Rida e Something Special (Is Gonna Happen Tonight) – Patti LaBelle.
Una volta tornato sul palco, totalmente in argento luccicante, è stato palese a tutti: bisognava uscire i fazzoletti e prepararsi a perdere le corde vocali. Mengoni, anche se immobile dietro la sua asta, sa come colpire i cuori e non gli serve nient’altro che essere sé stesso. Lo ha dimostrato con il binomio “Luci” e “Proteggiti da me”, i brani con il maggior trasporto emotivo proprio da parte dell’artista, che gli hanno comportato più sofferenza ed emozioni, le stesse tra l’altro che ha trasferito ai presenti. Ha in seguito interrotto quel clima prendendo il tipico “meh” barese e creandovi dei vocalizzi con venature blues da proporre in botta e risposta ai fans, evolvendoli talmente tanto da approdare – solo con il piano a fargli da spalla – a uno dei suoi più sentiti moniti di vita: LOVE AND HAPPINESS. Un piccolo spazio artistico che soltanto Marco in carne ed ossa può regalare.
Il concerto è proseguito con “L’essenziale”, canzone vincitrice del Festival di Sanremo 2013, icona del repertorio mengoniano, cantata in una comunione perfetta con il pubblico e accompagnata dalle torce dei cellulari che hanno riproposto un immenso cielo stellato. Al termine: “Bari, you’re simply the best”, un commento/omaggio a Tina Turner “la grande artista che mi ha ispirato”. Poi è stata la volta di un mashup di “Pazza Musica”, la hit estiva attualmente in rotazione radiofonica, e “Crazy in love” di Beyoncé, uno dei pochissimi momenti in cui Marco si è scatenato in balletti e movimenti di bacino hot.
“Vorrei essere un prisma. Vorrei saper incassare i colpi e trasformarli in possibilità. (…) Non siamo nati per non sbagliare mai. Siamo nati per sbagliare, per chiedere scusa, per dire “grazie” e ogni volta aggiungiamo un pezzettino. Pensiamo che solo i bambini possano imparare dalle esperienze, smettiamo di farlo solo perché nel frattempo siamo diventati adulti. Perdonare i nostri errori potrebbe aiutarci a farlo anche con quelli degli altri o viceversa. E mentre proviamo ad essere migliori ogni giorno, tutto intorno a noi sembra diventare più crudele. È per questo che vorrei saper combattere contro le ingiustizie, quelle che non vengono comprese, capite, giustificate. Anche passando attraverso un prisma continuiamo a fare schifo. Questo mondo, questa vita sono tutto ciò che abbiamo e sarebbe giusto fossero più belli, più equi e più facili per tutti. Ma così non è. E allora è arrivato il momento di incazzarsi e di lottare perché solo forse tutti insieme possiamo ancora cambiare le cose.” – ha recitato queste sue parole mentre sugli schermi si susseguivano immagini di guerra e macerie, di proteste in Iran e della bandiera LGBTQ+. Quindi, un Mengoni non solo bravo nel suo mestiere, ma anche attento al sociale e intenzionato a farsi veicolo di importanti messaggi esortativi di coscienze.
Mantenendo questa tensione, calzava a pennello “Due vite”, IL brano, colui che ha vinto Sanremo quest’anno: i presenti lo attendevano, Marco era pronto a ricevere tutto l’amore e l’energia che esso rilascia. Una simbiosi unica, una congiunzione astrale, un’esplosione terrestre piuttosto che della luna. A coronare ciò, il palchetto che si alza, le luci che lo illuminano di bianco e lui che frastornato dalla meraviglia cerca lo sguardo di ognuno dei suoi fan e simula un abbraccio gigante in segno di gratitudine a tutti, perché a volte bisogna fermarsi e catturare il momento con ogni senso, goderselo e sentirsi fortunati di quello che la musica crea, della potenza della condivisione. Sono poi seguiti “Fiori d’orgoglio” (altro intermezzo dance), per tornare a “Sai che”, “Hola” e “Guerriero” quando ormai il livello di coinvolgimento del pubblico era estremo, caldo, sincero.
“Ti ho voluto bene veramente” è stata però a mani basse l’esibizione in cui il mondo sembrava essersi fermato e al posto delle oltre 20.000 persone, ce ne fosse una sola…un solo corpo e una sola anima. Tutti accumunati dalla stessa storia, dalla passione, dal dolore, da quei tasselli di vita che ci rendono semplici esseri umani, gli uni uguali agli altri. Dopo le ultime note, Mengoni ha affermato: “Abbiamo vissuto degli anni difficili ed è stata durissima per tutti, ma – una volta usciti – ognuno di voi mi ha regalato l’opportunità di rifare un’esperienza come Sanremo, vincerlo e rappresentarvi all’Eurovision. Vi ringrazio davvero, perché dopo quasi quattordici anni di carriera non mi sarei mai aspettato di tornare a vivere quei momenti ed è successo grazie a voi. Spero di riuscire con la musica a ripagarvi per tutto quello che mi avete donato”.
Ultima staffetta movimentata – stavolta in pantalone oro e maglia a rete – ha visto come protagonisti i pezzi “Ma stasera”, “Pronto a correre” e “Io ti aspetto” al cui culmine sono stati lanciati lunghissimi coriandoli colorati sul parterre. Uno show a 360°, per due ore abbondanti…non da tutti, solo dai cavalli di razza come Marco, portento in qualità di artista ma anche una persona squisita. Ha voluto fortemente dedicare infatti 3 inchini: il primo al suo pubblico, il secondo a tutti i tecnici, strumentisti e staff del tour e il terzo lo ha rivolto a chi lo sta accompagnando in questo percorso, la band e i vocalist.
Lasciare il palco per la suspence da finale di concerto è ormai prassi e i pugliesi questa volta si sono voluti distinguere intonando a cappella Due vite per richiamarlo all’ordine. Sfida accettata: Marco è sbucato dalle quinte unendosi al coro e terminando il ritornello per poi introdurre “Proibito”: “Questo brano parla di un amore stravagante, composto da tre persone, non del tutto corrisposto quindi di sicuro inusuale. Il suo titolo è una parola che vuole provocare perché in amore non ci può essere proibizione o limitazione mai”. Ha concluso con “Buona vita” un pezzo dalle sonorità latine, quello che mettono in discoteca d’estate, che sai decreterà il termine della serata e perciò vuoi ballarlo al massimo per non perdere neanche quell’ultima dose di euforia… come l’euforia dei concerti così immensi. Sì, proprio lei.
“Vi auguro di trovare l’amore un giorno, di essere felici e di vivere al meglio questa cazzo di vita. Grazie Bari per le emozioni, per le mozzarelle…per tutto”.