Principale Arte, Cultura & Società Sulle donne nel Medioevo

Sulle donne nel Medioevo

Matilde di Canossa, Enrico IV e Gregorio VII, miniatura tratta dall’opera di Donizone “Vita della Contessa Matilde di Canossa”, XII secolo

“Siamo sull’orlo del precipizio: o torniamo nel Medioevo, oppure ci battiamo perché le donne arrivino nei posti in cui si prendono le decisioni.” Così, in un’intervista rilasciata nel 2021, commentava Chiara Corazza a proposito della parità di genere. La Corazza dal 2016 è stata nominata Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia e dal 2017 è al vertice del Women’s Forum for the Economy and Society, progetto volto a trasformare le aspirazioni femminili in iniziative economiche e politiche per testimoniare il cambiamento sociale. Insomma, un personaggio dalle tante belle speranze e curriculum di tutto rispetto che suscita stupore a causa dello scivolone mediatico dato da quel “medievale” utilizzato per concentrare in sé tutti i mali del mondo. 

 L’articolo non è il solo pieno di titoloni fuorvianti o “acchiappaclick” sulla stessa falsariga, ovvero segnati dall’utilizzo negativo del termine “Medioevo” o del suo aggettivo. Una precisazione: rispetto ai personaggi maschili, l’Età di Mezzo ha avuto meno donne operanti nella cultura ma denigrare totalmente un periodo e quelle poche e significative voci femminili che ci sono giunte, mi sembra veramente ingiusto. Sono d’accordo con l’intenzione a monte dell’intervistata, ovvero l’urgenza del fare di più – molto di più – per la parità di genere in tempi odierni, incentivando concretamente la presenza di donne dal pensiero illuminato in politica e nei vari campi della società, ma è davvero troppo affibbiare con incoscienza l’aggettivo “medievale” a qualsiasi situazione e fenomeno negativo della nostra epoca così incapace di prendersi le sue responsabilità. 

 

Conversazione tra uomo e donna, miniatura , XIII secolo, Bibliothéque Cantonale, Losanna

 

E’ ora di  rivalutare la complessa e poliedrica bellezza del Medioevo, nelle sue ombre e nelle sue luci, in quanto, per alcuni resta buio, regolato da leggi assurde inventate nelle epoche successive (come lo jus primae noctis), privo di tecnologia, flagellato da torture atroci, segnato dai roghi delle streghe…Insomma, il Medioevo diviene simbolo distorto e incompreso, ottimo capro espiatorio per descrivere le falle della nostra società, così riluttante nel guardarsi allo specchio. Dunque, vi ripeto: cancellate dalla vostra mente le mendaci fandonie e ricominciamo tutto dall’inizio, riprendendo il filo del discorso da quelle donne, anche di cultura, che non ci sarebbero state ma che, seppur in numero esiguo e spesso obbligatoriamente anonimo, hanno consegnato dal Medioevo la loro voce ai secoli successivi. 

Monaca in preghiera, miniatura, fine XIII secolo, Bibliothèque nationale de France, Parigi

 

C’era Egeria, pellegrina e autrice di un itinerario cristiano, ovvero un genere letterario dalle connotazioni spirituali. Il monaco Valerio, in una lettera del 680 la descrive come “beatissima e più coraggiosa di qualunque uomo al mondo”. Forse originaria della Galizia, visse tra IV e V secolo. Rimasta vedova, prese i voti e con scorta al seguito – perché altolocata – viaggiò in Oriente per tre anni (381- 384) raccontandoci la sua esperienza nella Peregrinatio, opera divisa in due parti, dedicata alle sue consorelle, atta a testimoniare la realtà dei luoghi sacri con gli occhi della fede. Spesso non convenzionale, l’ardore sacro elevava il credo delle mistiche a sublime e controverso strumento. Attraverso il racconto di Angela da Foligno (1248-1309) abbiamo potuto toccare con mano il dolore della visione di Cristo crocifisso, della carne violata e dello spasimo che la obbligò a flettersi, quasi anch’ella fosse sottoposta alla stessa sorte. Tra le suggestioni ricavate dalla vista dei crocifissi gotici e la sua sensibilità non comune, Angela affermò di aver avvertito concretamente l’abbraccio del Salvatore nell’anima, in intima comunione. Autrice dell’autobiografico Memoriale, la mistica ci parla di sé, della sua estrazione benestante, dei suoi primi quarant’anni vissuti in maniera non evangelica, della vendita di tutti i suoi beni, della faticosa conversione e della scoperta dell’amore per Cristo crocifisso, la cui visione era così dolorosa da esserle insopportabile fino a portarla ad un delirio di fede. 

 

Fanciulla con serva al seguito, miniatura, XIII secolo, Bibliothéque Cantonale, Losanna

 

E poi ci sono le regine longobarde, sempre consce del loro posto. Di costoro abbiamo notizia nella Cronaca di Salerno e nell’Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Secondo quanto narrato, nella difficile cornice politica generata dalla successione al trono del principe Roffredo, fu una donna a distinguersi per tenacia e lungimiranza. Costei era la consorte di Radelchi, conte di Conza, inizialmente sceso in campo contro Roffredo a favore del più manovrabile Sicone. All’indolenza del marito convinto di aver risolto la questione, la moglie lo sollecita nel capire le intenzioni del nuovo principe, tentando di far sposare il loro rampollo con una delle figlie di Sicone. Cosa necessaria, suggerisce la moglie al consorte “altrimenti lascia subito il mondo e prendi l’abito monastico, portagli un dono non piccolo e raccomanda nostro figlio al suo potere, perché, per quanto posso capire, non ci lascerà vivere sicuri!”. Altro esempio è quello di Matilde, figlia di Bonifacio di Canossa e Beatrice dei Duchi di Lorena. Donna illuminata e splendente di potere, riuscì a mediare tra Gregorio VII e lo scomunicato Enrico IV. 

Il fabbro e sua moglie , miniatura dalla Bibbia di Holkham, Gran Bretagna 1327-1340, British Library, Londra

 

Nonostante tutto, per il vescovo di Rennes, Stefano di Fougères, così come per sant’Ambrogio, san Benedetto e sant’ Agostino (e per tutti gli uomini di quella società costruita sul patriarcato), l’universo femminile, reputato peccatore, necessita di un uomo che lo controlli in quanto soggetto ad isterici umori e alla lussuria. La donna medievale lavora e agisce rientrando nei canoni del suo ruolo. Se chiudo gli occhi la vedo, intenta nelle faccende domestiche, nell’occuparsi del bestiame, della produzione casearia, del miele, del luppolo, della raccolta delle olive e dei frutti dell’orto e degli alberi. L’immagino impegnata nella pesca di fiume e di lago, nel tessere i vestiti di lino di figli e marito o attiva nella corporazione dei pellicciai di Basilea, nel lontano 1226. Vedo quella stessa donna occuparsi di commercio (specie tra XIV e XV secolo), lavorare come levatrice o insegnante e l’osservo mentre si ribella al ruolo imposto, come moglie, come figlia, come schiava. Mi compenetro in Monna Riguardata che in quella seconda metà del Trecento scappò da un marito “tristo e laido” con l’illusione di un nuovo amore lungo la via per Bologna, per lei fonte di ulteriori disgrazie. Penso alla sorte di Marta, schiava del fiorentino Francesco Ginori, fuggita in quel novembre 1444, alla vigilia di san Clemente. Mi colpisce la sua genuina speranza poi disillusa dalla violenza. Penso alla forza delle profughe, come Kiramaria, figlia di Roberto, scappata da Bari in seguito alla furia distruttiva di Guglielmo il Malo, capace di resistere e riprendere a vivere a distanza di un anno dalla disgrazia, gestendo la vendita di una proprietà nel 1157. 

Le atrocità della guerra: una donna e un bambino assistono impotenti all’incendio di una casa, Arazzo di Bayeux, XI secolo

 

Rifletto sulle testimonianze materiali realizzate dalle donne, perdendomi nella bellezza del cosiddetto “arazzo” – o meglio, ricamo – di Bayeux, località della Normandia, dove ancor oggi è conservato dalla fine del XV secolo nella splendida cornice del centro Guillaume le Conquérant. Fu ideato e realizzato in un complesso contesto composto dal “neonato regno anglonormanno, ma anche Canterbury e l’abbazia di Saint Augustine, dove fu prodotto, presumibilmente sotto la guida dell’abate Scolland e sulla base della committenza di Oddone di Bayeux”. Se da un lato l’opera propone pacificazione in questa generale tensione, dall’altro ne condanna i violenti comportamenti, andando oltre “i giudizi sui singoli personaggi e sullo specifico contesto” criticando pesantemente l’aristocrazia militare. (L. Provero, 2020). Come dicevamo, l’opera fu realizzata da religiose esperte nell’ opus anglicanum (lavoro inglese) con cui si creavano prodotti destinati ai paramenti sacri e beni di lusso di cui i papi diventarono mecenati.  “Tutti attestano la grande abilità delle inglesi nei ricami d’oro” scriveva Guglielmo di Poitiers, cronista di Guglielmo il Conquistatore. Nel ricamo, tra le varie scene politiche ed istituzionali, troviamo anche la raffigurazione di donne: una giovane che stringe a sé un bambino davanti a un edificio in fiamme (forse simbolo delle vittime di guerra), poi una certa Ælfgyva. Alcuni pensano si tratti della sorella di Aroldo,  altri la identificano con Emma, prima moglie di Etelredo il Vecchio, donna che ebbe una grande influenza sulla politica inglese dell’XI secolo. Infine, la regina Edith che piange il marito, Edoardo il Confessore, ai piedi del suo capezzale. Come Emma, Edith era moglie e sorella di re, e fu capace di esercitare una notevole e autonoma influenza. 

Ælfgyva, Arazzo di Bayeux, XI secolo

 

Penso alla forza, alla resilienza, al coraggio e alla determinazione di queste donne. Immagino i loro volti, i loro gesti, la loro vita. Penso a tutto questo e il mio cuore non può che commuoversi di fronte a così tanta e preziosa umanità riecheggiante tutt’oggi nei meandri del tempo.

 

Bibliografia:

B.Del Bo, L’età del lume. Una storia della luce nel Medioevo, Il Mulino, 2023
Codice Diplomatico barese, vol V, n.114
F. Cardini, Egeria, la pellegrina in Medioevo al femminile, F. Bertini, F. Cardini, Mt. Fumagalli Beonio Brocchieri (a cura di), Laterza, 2005.
G.Duby, Il potere delle donne nel Medioevo, Laterza, 2014
G.Duby, I peccati delle donnenel Medioevo, Laterza, 1999
G.Duby, M. Perrot, Storia delle donne in Occidente vol. II Il Medioevo, Christiane Klapisch Zuber (a cura di), Laterza, 2005
L. Provero, Dalla guerra alla pace. L’Arazzo di Bayeux e la conquista normanna dell’Inghilterra (secolo XI), Reti Medievali E- Book, 2020.
M.Oldoni, Essere Marta nel medioevo. Le donne, le guerre, gli amori, Donzelli, 2022
M.S. Mazzi, Donne in fuga. Vite ribelli nel Medioevo, Il Mulino, 2017
M.Zangari, Santità femminile e disturbi mentali fra Medioevo ed età moderna, Laterza,2022
S.Palmieri, Exteri ed extranei nell’Italia meridionale longobarda, in Überschreitung rechtlicher Grenzen, Università di Heidelberg.

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