di Franco Faggiano
La rievocazione medievale è un fenomeno in rapida diffusione su tutto il territorio nazionale, e anche la Puglia conta alcune centinaia di appassionati che, da attenti cultori della storia, hanno deciso non solo di studiarla ma, soprattutto, di riviverla. Molti sono sodalizi, altri sono singoli re-enactors, ma tutti animati dal desiderio di viaggiare nel tempo calandosi nel ruolo di una figura specifica dell’epoca di riferimento.
Tanti gli eventi che vengono organizzati (vedere, ad esempio, il Palio e corteo dei Rioni di Oria o La battaglia dell’XI secolo di Taranto), creando interesse anche turistico. Tanto è vero che molti comuni, comprendendo con lungimiranza il valore culturale ed economico di tali iniziative, hanno deciso di investire diverse risorse supportando le associazioni che perseguono questi scopi. E la Puglia, di gruppi storici di rievocazione, ne ha diversi di indubbio valore e preparazione, dove al loro interno si trovano persone di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali.
In questo breve scritto, quindi, cercherò di sintetizzare gli aspetti necessari – utili sia per chi vuole organizzare eventi di tal guisa sia per chi vuole partecipare attivamente in qualità di rievocatore – per fare una corretta rievocazione medievale, con particolare riferimento a quello che da anni è il mio settore specifico di studio e ricerca. Spesso mode del momento e sano folclore condizionano quello che vediamo fare nelle piazze delle città. Certo, come si suol dire “l’occhio vuole la sua parte”, ma la storia non è “fantasy”, e chi vuol fare seria rievocazione questo importante aspetto deve sempre tenerlo a mente.
Lungi da me, però, il sostenere che ho la risposta a tutto o, peggio ancora, che quello che scrivo sia la verità assoluta. Io penso che quando si parla di storia, soprattutto quella che riguarda determinati periodi come il Medioevo, gli studi e le ricerche creano sì le condizioni per fare una buona ricostruzione dell’epoca, ma non determinano una sicura e totale certezza su quello che è realmente successo. Pertanto, mi scuso fin da ora con i lettori se ometterò qualche importante particolare.
È bene chiarire da subito alcuni concetti di base, che nella fattispecie sono in buona parte dedicati all’arcieria. Ovviamente, è inutile dire che per voler rievocare l’arciere bisogna conoscere e saper usare bene l’arco, soprattutto il proprio. Sia per la fedeltà ricostruttiva sia, soprattutto, per la sicurezza propria ed altrui. Per meglio comprendere gli aspetti storici, vediamo quindi una sintetica descrizione della presenza arcieristica lungo la nostra penisola.
Quasi ovunque era diffuso l’arco semplice (diritto e ricurvo) o composito (corno, budello ecc.) tipicamente medio-orientale, che in base agli usi e alle esigenze del luogo, assumeva più importanza nella pratica venatoria o in quella bellica. Ad esempio, tra il Nord e il Sud c’erano nette differenziazioni proprio dovute alle varie dominazioni. Numerose sono le tracce e le documentazioni attestanti l’uso dell’arco nell’Italia medievale, soprattutto in chiave di ricerca iconografica. Meno facile e chiara, invece, la ricerca bibliografica, in quanto non sono moltissimi gli scritti che trattano tale argomento. Interessanti documenti sono le opere del letterato Piero de’ Crescenzi risalenti al XIV secolo circa, che trattano sia l’uso dell’arco nella caccia sia le tecniche costruttive, con particolare riferimento ai legni da utilizzare. Ma anche altri scrittori italiani citano l’arco nei loro scritti, con riferimenti soprattutto relativi ai materiali. Nel libro di Montaperti troviamo palesi riferimenti agli arcieri utilizzati nella vittoriosa battaglia di Campaldino dei Guelfi e alla loro leggera dotazione di un arco con un fascio di dodici frecce cadauno; mentre, nel libro del Villani, si legge che un arciere poteva scoccare tre frecce nel tempo occorrente al balestriere per un solo tiro.
E anche se indubbiamente le capacità offensive di un esercito nel Medioevo erano affidate alla potente e pesante cavalleria, una parte importante – e a volte determinante – la svolgevano inequivocabilmente gli arcieri. Al riguardo Ennio Pomponio, scrivendo sull’armamento dei Crociati, cita testualmente nel suo libro “Templari in battaglia”: “Archi [e balestre] erano diffusi nella fanteria. L’importanza di tali armi aumentò via via nel corso delle operazioni belliche, al punto da costringere gli Ordini militari a dotarsi di reparti armati solo di tali ordigni. Lo sviluppo e la diffusione di archi [e balestre] assumerà proporzioni tali che, insieme all’avvento delle compagnie di ventura, decreterà la fine della cavalleria come arma risolutiva degli scontri. Già dalle Crociate, archi corti, long bow [e balestre] fecero intuire in che direzione si sarebbe sviluppata l’arte di combattere nel prosieguo dei secoli.”.
Infine, nel Sud della nostra bella Italia quali dati abbiamo? È certamente impensabile che fosse diffuso in modo considerevole l’arco comunemente chiamato long-bow. Sì, è possibile una sua presenza occasionale, legata soprattutto a scambi commerciali o, più probabilmente, legata all’uso di arcieri mercenari, ma non per una costruzione, e relativa diffusione sul territorio. E’ invece accertata la diffusa presenza di archi compositi, di derivazione orientale, sia importati sia costruiti in loco. Fonti attendibili citano una comunità di diverse migliaia di Saraceni al servizio di Federico II di Svevia, che in quel di Lucera, ovvero in Puglia, “sfornavano” con ritmi industriali archi, balestre e frecce per l’esercito del grande Stupor Mundi. Dunque, un utilizzo ed una presenza significativa che non prende spunto da leggende, ma da vera storia.
Detto ciò, è opportuno che si chiarisca inoltre l’importanza del periodo di riferimento al quale il rievocatore vuole attenersi. Purtroppo, questo è uno dei dolenti tasti della rievocazione. Troppe volte, infatti, si vedono persone che negli eventi hanno sì adeguati vestiti ed equipaggiamento, ma di periodi diversi. Questa è una forma di rievocazione palesemente errata. Il primo consiglio che mi permetto di dare, è proprio quello di capire se nella zona in cui uno intende fare rievocazione ci sia stata una evidente presenza storica relativa di chi e cosa vogliamo rievocare. Fatta questa doverosa verifica, e compreso il periodo nel quale si è avuta, è necessario trovare possibilmente fonti iconografiche o, meglio ancora, reperti e manoscritti. Se tutto ciò non fosse possibile, è necessario almeno recuperare studi e ricerche pubblicate da esperti che attestino determinate realtà.
Fare cultura è anche questo. Rivivere la storia, scoprendo le nostre origini, ci permette di capire molte delle cose che troviamo ancora oggi, sia nelle usanze tramandate nei secoli sia nei luoghi intrisi di storia che abbiamo nelle nostre meravigliose cittadine. Quindi, per chi vuole diventare un vero rievocatore, oggi esistono diverse realtà che ben ripropongono il Medioevo in tutte le sue forme, ivi compresa l’arcieria: basta fare solo un’attenta ricerca e dedicarsi con tanto entusiasmo.
Franco Faggiano, arciere dal 1985. Dal 1994 si è dedicato all’archery training e al medieval re-enactment. Nel 1997 ha fondato il sodalizio nazionale Corporazione Arcieri Storici Medievali di cui è l’attuale Presidente. Relatore a conferenze e convegni. Ricercatore storico e saggista, fin dal 1988 ha collaborato giornalisticamente con diverse case editrici.
Inoltre, nel 2006, ha pubblicato con la casa editrice Penne e Papiri un libro di saggistica a carattere storico-religioso dal titolo “Arcieria & Cavalleria“. Blog: https://corporazione.blogspot.com | https://archerycampus.blogspot.com