E’ uscito in questi giorni per i tipi della Mazzanti Libri di Venezia, Fazendas, café, cana-de-açúcar, vinha e uvas- Marchigiani in Brasile’ della giornalista pesarese Paola Cecchini.
Secondo posto al Premio Letterario Nazionale ‘Dispatriati per opere inedite sulle migrazioni’ (Jesolo, 2022)’, organizzato dall’editrice suddetta, assieme alla Fondazione Italo-Americana Filitalia International con sede a Filadelfia, il libro si immerge nel Brasile, dove molti milioni di migranti si sono diretti nei secoli scorsi e dove più di un milione di italiani (1.423.243 dal 1876-1984) hanno ricostruito e talvolta perduto la loro vita.
Attualmente il Paese (27 Stati e 1 distretto federale) vanta circa 30 milioni di oriundi italiani (la maggior popolazione di discendenti di connazionali fuori dal Bel Paese), circa il 15% della popolazione totale.
L’autrice racconta la colonizzazione del Paese, l’emigrazione di massa con le sue leggi e decreti vari, il faticoso cammino verso la libertà degli schiavi neri, addentrandosi infine nell’era del caffè che segue quella dello zucchero (engenho de açúcar) e dell’oro (con il ritrovamento di giacimenti alluvionali nel Minas Gerais) e che finirà per dominare la vita economica, culturale e sociale dell’intero Paese conferendo a São Paulo il titolo di centro dell’immigrazione europea e italiana in particolare: questo grazie alle numerose aziende di valenti imprenditori quali Rodolfo Crespi, Alessandro Siciliano, Egidio Pinotti Gamba, Geremia Lunardelli e soprattutto il salernitano Francesco Matarazzo che rappresentava ‘dal punto di vista economico e finanziario il 2° Stato brasiliano’.
La seconda parte del libro è dedicata alla storia di 25 famiglie marchigiane che – attraverso un’agenzia privata accreditata dallo Stato Italiano – comprarono nei primi anni Cinquanta, alcuni appezzamenti di terreno nello Stato di Bahia, sperando di realizzare il sogno della proprietà fondiaria, impossibile nell’Italia dell’epoca (inimmaginabile il boom economico che avverrà 15 anni dopo).
Tutto si rivelerà un bluff: catapultati in una realtà completamente diversa dalla loro, vivranno per mesi in regime di semi-schiavitù nelle fazendas di caffé e canna da zucchero negli Stati di Paranà e São Paulo. Soprattutto in queste ultime la situazione era oltremodo pesante, tanto che – in un clima torrido, ‘coperti dalla testa ai piedi’ (perché la canna taglia), ‘con la faccia nera come quella dei carbonari’ (perché occorre bruciarla prima di tagliarla) – dubitarono fin dall’inizio di essere nell’America che in Italia tutti sognavano ma di aver raggiunto ‘quella sbagliata’.
Fuggiti di notte con l’aiuto di un prete veneto, si rimboccheranno le maniche e, nelle varie cittadine attorno a São Paulo, costruiranno una seconda vita, godendo di un Paese ospitale e pieno di bellezze naturali, mai dimenticando le parole del leader della loro avventura:
‘ I primi dieci anni sono sempre terribili, si sa, ma dopo passa!’
PC