Alla fine la maschera è caduta. I critici che hanno accusato la Commissione UE e l’alta burocrazia di Bruxelles di essere praticamente un ramo del governo di Washington nonché di attuare pedissequamente i desideri degli Stati Uniti, ora hanno la prova del nove che le cose stanno esattamente così: l’americana Fiona Scott Morton è stata infatti nominata capo economista in seno alla Direzione Generale della Concorrenza. La regolamentazione dei mercati digitali viene così affidata a una lobbista delle grandi multinazionali tecnologiche, con tutti i loro conflitti di interesse: la Morton infatti non ha lavorato solo per il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti , ma anche per diverse società digitali statunitensi oligopolistiche (Apple, Amazon, Microsoft), in qualità di membro dei consigli di amministrazione ed è dunque in stretto contato con quella realtà le cui istanze saranno ora tutte soddisfatte dalle Ue.
La notizia di questa nomina era già stata data l’11 luglio scorso, ma siccome l’Europa è un continente in coma la reazione dei grandi giornali soprattutto quelli francesi è arrivata una decina di giorni dopo ed è generalmente perplessa di fronte a una scelta del genere che certamente costituisce un’aperta confessione della realtà di rapporti fra Usa e oligarchie europee. E’ cambiato solo il fatto che tali rapporti di vera e propria sudditanza non vengono più tenuti nascosti dietro i velami formali. . E a riprova di questo vale il fatto che nel bando di concorso per la posizione della Morton, lanciato nel 2018, la cittadinanza dell’UE è stata segnalata come primissimo requisito di ammissione. Poi a febbraio questo requisito è scomparso del tutto, mentre il testo del bando è rimasto identico nelle altre parti. Del resto già ad aprile la Morton aveva avvisato i suoi colleghi della Yale University della sua nomina all’amministrazione dell’UE e addirittura c’era anche stato chi le aveva incautamente fatto i complimenti su Twitter che poi ha dovuto cancellare. Il fatto è che il potere di Bruxelles e i suoi referenti al di là dell’Atlantico ritengono che ormai sia tempo di chiudere il sipario sul mito dell’autonomia europea e sottolineare come invece ci sia una stretta unione con gli Usa, anzi una evidente dipendenza di tipo coloniale.
Certamente è stata la guerra in Ucraina a far cadere il diaframma dietro il quale si nascondeva l’impotenza dell’Europa: una volta compreso che la partecipazione diretta al conflitto, non solo con le armi propriamente dette, ma anche con le sanzioni che si sono rivelate un disastro economico principalmente per gli stati che compongono la Ue, tutti sacrificati alla disperata lotta americana per la primazia planetaria, non c’era probabilmente nessuna voglia di sottolineare differenze o resistere ai diktat della cupola che ha voluto a tutti i costi il conflitto: i padroni di Washington e del complesso digitale-industriale ora non vogliono più guidare l’UE solo attraverso le loro organizzazioni di lobbying a Bruxelles, ma semplicemente vogliono occupare direttamente i punti di controllo negli ingranaggi del potere. E si capisce anche perché: visto che la perdita di competitività del continente finirà per fare fuggire le industrie in Usa, si evirano possibili “sorprese”. Di questo stato di cose deve tenere conto la Russia che non potrà sperare che il Paesi del continente si possano facilmente emancipare dalle loro servitù nei confronti dell’America e del suo sanguinoso caos e dunque non potranno essere un elemento di moderazione o una parte in causa credibile: occorrerà svegliare con qualche colpo fragoroso le popolazioni ipnotizzate.