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9 agosto 1991. Il delitto scopelliti. Morte di un giudice solo

di Vittorio Bilardi

E’ una giornata calda quella del 9 agosto 1991. Sono circa le 17.20 quando il giudice calabrese, Antonino Scopelliti, all’epoca sostituto procuratore generale della Cassazione, sta tornando a casa dopo aver trascorso qualche ora al Lido Gabbiano di Favazzina. Viaggia da solo, senza scorta. Ad un tratto, tra Campo Calabro e Villa San Giovanni, la sua Bmw viene affiancata da una moto. I killer sparano con fucili calibro 12, caricati a pallettoni.

Due colpi lo raggiungono alla testa senza dare scampo al giudice. Priva di controllo l’auto prosegue per circa dieci metri, sfonda un cancello e finisce fuori strada, in un vigneto. Una telefonata anonima avverte il posto di polizia di Villa San Giovanni e gli agenti che arrivano sul posto in un primo momento pensano di trovarsi di fronte ad un classico incidente stradale, ma dopo aver scoperto i fori sul corpo senza vita del magistrato tutto diventa più chiaro: Scopelliti è vittima di un omicidio. Trentadue anni dopo quell’efferato delitto sono molti gli interrogativi rimasti aperti su quell’attentato. Un magistrato integerrimo che si era occupato di processi importantissimi come il primo processo Moro, il sequestro dell’Achille Lauro, la strage di Piazza Fontana e quella del Rapido 904. Nel giugno 1991 assegnarono a lui il compito di rappresentare l’accusa nel maxiprocesso, giunto in Cassazione.

Così in quella calda estate aveva cominciato a studiare le carte del procedimento che furono trovate nell’abitazione paterna, dove il magistrato soggiornava durante le vacanze. Come sostenuto dagli inquirenti, è possibile che l’omicidio Scopelliti rientrasse in un piano unitario? Ossia che era al centro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra Siciliana, la ‘Ndrangheta Calabrese e poteri ad esse collegati? Forse. Unico dato certo è che la morte di Antonino Scopelliti, fu l’eliminazione di un magistrato universalmente apprezzato per le sue qualità umane, la sua capacità professionale e il suo impegno civile. Non è questa la sede per azzardare ipotesi, né si pretende di suggerire nulla; ma il dato di cui sopra è sicuramente di grande importanza e merita particolare attenzione. Non importa stabilire quale sia stata la causa scatenante dell’omicidio, ma è certo che è stato eliminato un magistrato chiave nella lotta alla criminalità organizzata.

Queste qualità della vittima, ignote al grande pubblico, erano ben conosciute invece dagli addetti ai lavori e, occorre sottolinearlo, anche dalla criminalità mafiosa. La morte del magistrato aprì la stagione stragista che avrebbe portato, poco tempo dopo, alle bombe di Capaci e via d’Amelio in cui furono uccisi Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le loro rispettive scorte. Un omicidio che, a trentadue anni di distanza, è senza colpevoli, esecutori o mandanti.

Si spera che le morti dei Servitori dello Stato assassinati solo perché credevano nel proprio senso del dovere, facciano comprendere a noi tutti, quanto grande sia la pericolosità criminale delle organizzazioni mafiose. Ricordare oggi la figura del giudice Antonino Scopelliti, costruttore della legalità, significa rinnovare il nostro impegno contro ogni forma di malaffare.

foto csm

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