Nel cuore di Kiev, centro internazionale per la creazione clinica di bambini con maternità surrogata, sorge una realtà inquietante. Accanto alla pratica legalmente riconosciuta e regolamentata “dell’utero in affitto“, infatti, il Commissario ucraino per i Diritti umani, Dmytro Lubinets, avrebbe scoperto anche una rete clandestina dedita alla compravendita dei neonati.
Bombe provvidenziali per business statali (e parastatali)
Pare che di recente questa organizzazione malavitosa avrebbe trasportato illegalmente al di fuori del Paese almeno otto infanti, vendendoli a cittadini esteri. Rivolgendosi a giovani donne in difficoltà finanziarie, il network avrebbe offerto consistenti somme di denaro per partorire bambini attraverso l’utilizzo di donatori di sperma stranieri.
Il “servizio” nel Paese, i cui costi sono stati stimati tra i 50 e i 70 mila euro, si dice che abbia registrato un aumento significativo di richieste a seguito dell’escalation bellica. Tuttavia, occorre precisare che l’Ucraina era già nota anche prima della guerra come principale destinazione per il “turismo delle gravidanze“, vantando una cinquantina di centri medici riproduttivi e una legislazione del tutto favorevole a questo tipo di attività commerciale (qui, infatti, i genitori adottivi avrebbero diritto ad essere immediatamente registrati come madre e padre, garantendo un rapido rilascio del passaporto per il neonato).
E questa “industria di Stato” avrebbe attirato l’attenzione della criminalità, che sembra abbia messo su un proprio business parallelo, approfittando della moltitudine e della vulnerabilità di ragazze povere e disperate provenienti dai ceti medio-bassi che soffrono le conseguenze del conflitto. BioTexCom, società con sede in Svizzera che concentra gran parte delle proprie operazioni esattamente in Ucraina, è stata da poco oggetto di un’inchiesta giornalistica condotta da The Grayzone, un progetto editoriale statunitense indipendente.
Corruzione medica e sviluppo in controtendenza
Da questi documenti sarebbe emerso come Ihor Pechonoha, uno dei responsabili della società, avesse spesso dichiarato di cercare “donne nelle ex repubbliche sovietiche, perché devono provenire da luoghi più poveri rispetto ai nostri clienti”. Un approccio, quindi, mirato a sfruttare i grembi di un Paese devastato dal fuoco lanciato per procura dalla NATO, una situazione perfetta per dei soggetti “trafficanti“.
Dati odierni asseriscono che l’Ucraina, ossia una nazione distrutta avente meno dell’1% della popolazione globale, gestisca quasi il 25% del fatturato mondiale generato dal mercato che ruota intorno ai bambini surrogati. E questo “sviluppo” sarebbe stato possibile, secondo l’indagine, grazie alla sedimentazione di “uno squallido mondo sotterraneo medico, pieno di abusi sui pazienti e corruzione”, che secondo il sito di giornalismo investigativo si sarebbe “impadronito del Paese”.
Mentre i governi di alcuni Stati asiatici dalle normative fragili e nuclei abitativi poveri come India, Thailandia e Nepal – un tempo crocevia della maternità affittata – hanno sconfitto il via vai dei ricchi forestieri in cerca di ventri a causa delle violazioni dei Diritti umani, il fenomeno non pare essersi affatto estinto, spostando invece solo la domanda internazionale verso Kiev e dando inizio a una competizione “al ribasso” tra gli innumerevoli personaggi coinvolti nell’industria legata al traffico di neonati.
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Virginia Camerieri del 05 agosto 2023), sito istituzionale del Consiglio d’Europa, L’identità, Il Corrispondente, OBC Transeuropa, BioTexCom, The Grayzone, Swiss-cath.ch, FarodiRoma, Global Market Insights, ABC NEWS;
Canali YouTube: TRT World, ABC News.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania