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I rievocatori del male

di Franco Faggiano *

Voglio parlare di razzismo e di alcuni aspetti correlati, e lo voglio fare atipicamente con un racconto, nato dalla fantasia narrativa dell’autore. Tuttavia, reale per la tematica trattata. Attuale, purtroppo, per la crudeltà. A voi, dunque, la lettura e  le dovute riflessioni su cosa, anche se in modi diversi, avviene ancora nel nostro mondo!

Strano, un termine abusato. In fondo, siamo tutti un po’ strani, ma la gente difficilmente ama definirsi strana. Strano, per molti, è sinonimo di diverso, alternativo, quindi anormale. Che assurdità definire una persona anormale! Qual è la normalità? Vestirsi secondo alcuni standard? Avere un comportamento irreprensibile? Essere religiosi e praticanti? Ogni personalità è unica, e per tale va rispettata, anche se non condivisa. In realtà, chi più chi meno, siamo tutti un po’ intolleranti. Tuttavia, c’è chi è totalmente intollerante verso tutto ciò che non è simile e non è condivisibile.  E diventa razzista. Persona spregevole il razzista, ma più comune di quanto si pensi. Lo si trova dappertutto, con diverse sfaccettature. Un folle comportamento che fin dagli albori dell’umanità si è manifestata sempre e purtroppo in modo cruento. 

Enrique era un ragazzo di circa vent’anni, una persona che molti definivano strana. Alto e scuro di carnagione con tratti regolari, una personalità a volte introversa ma il più delle volte socievole, vestito sempre con indumenti cosiddetti underground, capelli neri e lunghi, orecchini ad anello e  con un tatuaggio sotto l’orecchio sinistro sul collo raffigurante il simbolo della pace.  Enrique viveva nella periferia di una grande città, in una zona sorta in pochi anni, con grandi palazzi popolari per lavoratori immigrati. Come la sua famiglia, con padre mediorientale e madre ispanica.

Ovviamente, come quasi sempre accade nelle periferie dei grossi agglomerati urbani, anche questa era una realtà pericolosa, con un alto tasso di criminalità di ogni genere e forma. Una zona ghetto. Enrique, però, aveva saputo tenersi fuori da certi giri, adoperandosi in una miriade di piccoli lavori saltuari per non gravare sulla famiglia monoreddito di un padre operaio. Enrique aveva un fratello più piccolo, Pedro, che frequentava le scuole elementari al quale era molto affezionato. Lui aveva interrotto gli studi e non si era diplomato. Più per mancanza d’interesse verso quel tipo di scuola che per incapacità, tuttavia questo – insieme al suo aspetto – ogni volta che cercava un lavoro risultava un handicap. Comunque, Enrique teneva duro alle avversità e sfogava le sue frustrazioni esistenziali nello skateboard, unica sua vera passione. Una sera, in una birreria undeground dove si trovavano abitualmente gli street players, venne invitato ad una festa da Robert, un amico conosciuto qualche mese addietro proprio in quella birreria. Robert sembrava un ragazzo tranquillo, ma Enrique non conosceva molto di lui. Ad Enrique però questo non interessava, bastava la compagnia e l’amicizia, e per questo decise di accettare. Del resto, cosa aveva da perdere.  

La festa era un in palazzo antico della zona collinare della città. Un quartiere esclusivo, abitato da affermati professionisti e gente benestante. Si trovava all’altro capo della città, ma con l’auto del suo amico era stato possibile arrivare in una mezz’ora.  Robert suonò il campanello e dopo qualche secondo  una voce rispose: “Pulizia”. Robert, pronunciò: “Eterna”. Era una parola d’ordine: il portone si aprì. L’androne era poco illuminato, giusto per permettere di salire la scalinata che portava agli appartamenti. Salendo si sentiva una musica di sottofondo che però Enrique non riusciva a riconoscere in quanto mai ascoltata. Appena i due entrarono, videro un ambiente surreale. Quadri raffiguranti scene di violenza inaudita. Statue con le fattezze dei più efferati personaggi della storia.

Oggetti con i simboli che avevano caratterizzato il male e la sofferenza. Ma quello che più risultava assurdo erano i presenti: chi vestito da nazista, chi da crociato, chi da antico romano, e tante altre figure di un passato intriso di sangue e violenza. Enrique  pensò immediatamente ad una festa in maschera. Dopo pochi passi si avvicinò un uomo di mezza età vestito da ufficiale tedesco delle S.S. “Robert, mi presenti il nostro ospite?”  disse l’uomo. “Certo, Maestro, lui è Enrique” rispose Robert. Porgendo la mano ad Enrique – il quale contraccambiò stringendo la mano dell’uomo – disse: “Molto lieto Enrique, io sono Ludwig,   ma gli altri amano chiamarmi ‘Maestro’.

Questo è un club di cultori della storia, del passato, di un particolare passato, al quale siamo legati, nel quale crediamo, e lo rimembriamo, in serate come questa. Ti invito ad osservare bene le persone che sono stasera presenti, l’arredo ed ogni particolare di questo luogo. E’  il luogo dove ci riuniamo periodicamente, di cui siamo fieri. Ma prego, seguitemi, stiamo per sederci a tavola per il nostro abituale convivio.”  

La sala era enorme, arredata in modo raffinato, e al lungo tavolo erano sedute una quarantina di persone, tutte rigorosamente di sesso maschile, tutte con vestiario del passato. Anche Robert, assentatosi, per qualche minuto si  era cambiato, e si era accomodato vicino a Robert vestito da boia medioevale. Ludwig, il Maestro,  si era seduto a capo tavola, mentre Enrique come ospite era stato fatto accomodare all’altro capo della tavola. I camerieri, anch’essi vestiti in modo inusuale, entrarono al cenno del Maestro con le prime portate. Enrique era confuso, gli sembrava di vivere un sogno, ma questa era la realtà. La cena iniziò con antipasti a base di carne cruda ed affettati di cinghiale e cervo.

I commensali dialogavano  amabilmente con argomenti di storia che Enrique afferrava nell’insieme ma non comprendeva fino in fondo, visto la modesta cultura. Il vino rosso, corposo e di buona qualità, accompagnava il cibo e le parole.  Finiti gli antipasti, arrivò il primo: una zuppa speziata anche questa a base di carne. Dopo aver gustato la deliziosa portata, il Maestro fece un cenno  ed  entrarono nuovamente i camerieri con un carrello ed un enorme cinghiale arrosto che iniziarono a tagliare e servire ai presenti. La cena continuò tra una conversazione e l’altra fino al momento che tutti i presenti aspettavano: il discorso del Maestro. Ludwig, si alzò con il calice in mano, seguito da tutti i commensali. “Fratelli di sangue, anche stasera abbiamo onorato con del buon cibo e del buon nettare il ricordo dei nostri avi, dei nostri maestri, dei nostri idoli. E anche stasera accogliamo tra di noi, un nuovo fratello, Robert. A lui va il nostro benvenuto nella confraternita.

Anche stasera   un  postulante è riuscito a portare un essere abominevole, un essere che appartiene a quella nutrita massa di umani che non è degna di abitare e di proliferare su questa terra. Un essere troppo diverso da noi, troppo strano per infestare le nostre strade, troppo alternativo per influenzare con i suoi modi e costumi i nostri figli.  E  al nostro fratello Robert spetterà l’onere e l’onore di fare… Pulizia!” Tutti i commensali presenti al tavolo, ad esclusione di Enrique che non riusciva bene a comprendere cosa stesse succedendo, pronunciarono ad alta voce: “Eterna!”. Immediatamente dopo, Enrique si sentì afferrare e trascinare verso il fondo del salone, dove una volta tolto un enorme telo, apparve un patibolo con un ceppo di legno ed una grossa scure.

Il Maestro si avvicinò dunque a Robert, l’abbracciò e disse: “Fratello, ora tocca a te”. Robert, ringraziando il Maestro, salì sul patibolo, prese la scure, guardò la faccia sconvolta di Enrique appoggiata forzatamente sul ceppo, e gridando “Pulizia” inflisse con tutta la sua forza la lama tagliente sul collo di quell’essere umano che aveva cercato nella sua esistenza di essere solo se stesso. La testa sanguinante rotolo giù e tutti i presenti, eccitati a tale macabra vista, iniziarono a gridare “Eterna, eterna, eterna…”.

* Franco Faggiano, fin dal 1988 ha collaborato giornalisticamente con diverse case editrici, pubblicando anche un libro di saggistica.

Fonti immagine: Mastro Titta, Pubblico dominio Wikipedia

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