Un convegno a Stigliano (MT) per l’anno manzoniano
Markus Krienke
Proprio l’anno manzoniano ci fa accorgere che l’interesse per Manzoni caratterizza non soltanto Milano e l’Italia settentrionale: Stigliano in Provincia di Matera annovera tra i suoi cittadini più famosi uno dei massimi teorici letterari del Novecento. Rocco Montano (1913-1999) si distingue per aver inseguito una questione che è stato piuttosto emarginata dalla lunga tradizione d’interpretazione dei Promessi Sposi, ossia quale fosse il rapporto del Poeta e, di conseguenza, della sua opera maggiore con il cristianesimo. E così già nei suoi saggi d’allora egli avanzava una tesi piuttosto controcorrente, ossia che senza riferimento alla religione cattolica, alla quale Manzoni si convertì nel 1810, il suo messaggio difficilmente può essere compreso fino in fondo. Grazie a Montano, questa convinzione oggi non è più un’opinione marginale ma affermata da una grande schiera di interpreti. Nessuna meraviglia allora se il Centro Studi Rocco Montano ha riproposto proprio questa questione l’8 agosto scorso sotto il titolo «L’eredità di Manzoni a 150 anni dalla morte», per offrire una serata culturale estiva in questa località di Stigliano, all’altitudine di quasi mille metri.
Su invito del presidente del Centro Studi, Sebastiano (Enzo) Villani, i due relatori Luca Badini Confalonieri e Markus Krienke hanno cercato di specificare il messaggio di Manzoni proprio come una sintesi culturale tra letteratura, religione e filosofia che ha costruito una solida base per la nazione da costruire e che fino ad oggi contribuisce a tenere insieme la società ormai plurale, individualistica e di fronte a sfide epocali. Da un lato, Badini Confalonieri ha confutato, tramite un’analisi molto impressionante delle illustrazioni volute da Manzoni stesso per la “quarantana” (edizione dei Promessi Sposi del 1840), la tesi articolata da Giorgio Petrocchi il quale affermava che si trattasse di un «romanzo cristiano senza Cristo» cioè che si spiega solo qualora si esclude la dimensione religiosa vera e propria.
Dall’altro lato, è stata analizzata la profonda e vera amicizia tra il letterato e poeta Manzoni, e il filosofo e prete Antonio Rosmini: «duplice vertice sublime di unica fiamma» come li definiva lo scrittore Antonio Fogazzaro. E chi è stato amico di entrambi, proprio quando si frequentarono intensamente tra il 1849 e il 1855 sul Lago Maggiore tra Lesa e Stresa, ha affermato che «il Manzoni era al Rosmini il poeta del cuor suo; il Rosmini era al Manzoni il filosofo della sua mente». Il poeta-letterato e il filosofo-teologo si integrarono, correggevano e perfezionarono a vicenda, proprio per evitare che la religione cristiana rimanga un messaggio fuori dai tempi, ma anche che la società moderna si privasse completamente della tradizione e dei valori tramandati sin dall’antichità greco-romana e cristiana.
Così come Rosmini è riuscito, tramite questa amicizia, a formare una nuova filosofia, Manzoni adattò in maniera originaria il nuovo stile romantico che consentisse di esprimere «le nuove prospettive della poesia verso la storia, l’analisi dell’anima umana, la possibilità di destare con essa emozioni profonde, di fare sentire la relazione dell’uomo con Dio» come ha affermato giustamente Montano. Proprio attraverso la sua relazione con il cristianesimo e la sua amicizia con Rosmini, si riesce a comprendere questo fatto fino in fondo. In questo modo, Stigliano con il suo Centro Studi Rocco Montano ha dato nel 150° della morte di Manzoni un contributo importante per la comprensione e l’attualizzazione del suo messaggio culturale.