Principale Arte, Cultura & Società La mala editoria italiana

La mala editoria italiana

BARI– I giovani che decidono di seguire le proprie passioni in canto e musica, solitamente hanno più successo a livello economico e temporale rispetto a chi cerca di fare arte con la passione per la scrittura. Pochi sanno che uno scrittore che si rivolge ad una casa editrice in Italia guadagna all’incirca il 4-10% del prezzo di copertina, una somma che sfiora il ridicolo considerando l’aumento considerevole che ha assunto oggi la stampa con una media di 15 euro a libro, a prescindere dal numero di pagine che contiene, al genere e categoria.

In Puglia, e purtroppo anche in altre regioni di Italia, gli editori di case editrici pluriennali e anche di una certa nomea, non eseguono una selezione di testi con una commissione che valuti la qualità dell’opera, bensì da anni adottano la filosofia di pubblicare chiunque a priori pur di far cassa, e per accaparrarseli chiedono una cifra di ‘contributo d’autore’ che si aggira da un minimo di mille ad un massimo di sei mila euro.

È un atteggiamento più comune di quel che si pensi, comune a quasi tutte le case editrici pugliesi.

L’autore dovrà pagare per esser pubblicato alla pari di un tipografo, dovrà sostenere a sue spese la promozione e la partecipazione a fiere e concorsi, dovrà comprare il suo stesso libro, investendo tempo e denaro, magari anche talento, per guadagnare cosa? Un 2% , un 4% o al massimo un 10% sul prezzo di copertina.

Le case editrici dovrebbero valutare come si deve un manoscritto e un autore, fiutare un ipotetico affare o talento e comprarne i diritti, ovvero pagare anticipatamente l’autore, pubblicare il libro, impegnarsi nella promozione e guadagnare.

Questo dovrebbero fare le case editrici, quelle che vogliono seriamente definirsi tali.

Oggi saper scrivere in Italia non è una competenza che può offrire un lavoro come scrittore di libri o come giornalista.

Non ci si dovrebbe meravigliare degli errori grammaticali e delle assurdità che si leggono sul web se oramai si permette a chiunque di scrivere qualsiasi cosa.

Come può un giornalista freelance dedicarsi ad una ricerca di quelle che un vero giornalista vorrebbe condurre, ma che comporta tempo e spese, se saprà a priori di non ricevere il compenso idoneo?

Il motivo degli articoli mediocri che girano in rete è proprio questo: lo scrittore, che sia giornalista o poeta, sceneggiatore o romanziere, non viene gratificato.

Si, questa è la parola giusta. Un po’ forte lo ammetto, ma non ne ho trovate di migliori per rendere l’idea.

Non esiste alcuna meritocrazia che dà chance a chi lo merita.

Il mio articolo vuole essere una denuncia per tale categorie di lavoro, con la speranza che ogni tanto chi merita abbia successo a dispetto dei cento ostacoli italiani, che ne diventano mille nella nostra bella terra pugliese, a dispetto dei noti lupi del commercio che hanno dimenticato professionalità, deontologia e sensibilità umana.

1 COMMENTO

  1. Giustissimo! Questa è la realtà dell’editoria italiana con buona pace di tutti coloro che amano scrivere e pubblicare. Da potenziale scrittore “emergente” passando attraverso l’esperienza “deludente” di chi cerca di farsi conoscere senza conoscere…. nessuno.

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