Markus Krienke
«Acconciamoci a dichiarare il fallimento della democrazia, solo quando siamo pronti a dichiarare esaurita in una sconfitta la nostra vita morale. Cioè mai»: da queste parole emerge la grande ispirazione di Aldo Moro per la politica, ieri e oggi, e che consiste nel superamento dell’idea che la democrazia è una mera procedura o meccanismo di regole all’interno del quale può vincere non chi si impegna maggiormente per il bene comune ma semplicemente sa sfruttare meglio le possibilità – ormai digitali – di costruirsi le maggioranze.
Esiste ancora una «responsabilità etica della politica», come si chiede Michele Indellicato nel suo libro sul pensiero personalistico di Aldo Moro, presentato sabato scorso dal Lions Club Bari Melvin Jones al Circolo Barion? Una responsabilità che si costruisce attraverso la fiducia e il rispetto che non possono crescere in una cultura politica preda del populismo; una responsabilità che non sostituisce il consenso morale della società con l’imperativo sociale dei moralismi. Questa responsabilità esprime una morale basata sul valore assoluto della persona nella sua realizzazione individuale e sociale, e pertanto è capace di unire la società nel rispetto reciproco dei cittadini e nell’“amicizia sociale”. Al contrario, il moralismo con il quale oggi sostituiamo passo a passo la morale, è divisivo. Riusciremo, come si chiede Indellicato, di rendere la società «un luogo di vita pienamente umana»?
Proprio per indirizzare la politica a tale fine veramente umano, essa non deve essere intesa come semplice amministrazione: Moro le riconosceva sempre, come sottolinea Indellicato, una «laica sacralità», che è l’opposto alla personalizzazione della politica alla quale assistiamo oggi in modo crescente. Viviamo infatti in un tempo in cui i valori e i programmi contano sempre meno e possono cambiare secondo l’opportunità politica del momento. Verrebbe da dire che più una politica è personalizzata, meno è personalistica cioè capace di mettere davvero al centro la persona e i suoi valori.
Una politica secondo il personalismo di Moro non vede nel diritto un suo strumento di arbitrio, capace di esaltare lo Stato nei confronti dell’individuo, ma al contrario è espressione originaria della persona, come ebbe a definire già Antonio Rosmini (1797-1855): se il diritto è la persona, allora è essa stessa il principale riferimento della politica e dello Stato, per cui non deve mai essere strumentalizzata per la costruzione del potere. Questa tentazione, anche grazie ai mezzi della tecnologia digitale, oggi diventa però sempre più incombente.
Sensibilizzare per la necessità di ritrovare il “personalismo” che come prima cosa cerca di ascoltare e capire le persone e pertanto non sottovaluta l’impegno sociale, è quindi un messaggio centrale di Moro per la politica di oggi, perché – come egli disse – «l’umanità nel suo più profondo significato è la ragion d’essere dello Stato». Chi cerca l’approfondimento filosofico di tale pensiero, lo trova nei pensatori che hanno elaborato tale “personalismo” ossia Emmanuel Mounier e Jacques Maritain. Avendo evidenziato per noi oggi tali radici profonde della politica di Moro – che quindi è tutt’altro che “improvvisata” – è senz’altro il grande merito del libro di Indellicato e dell’intuizione di Daniela Giannini, presidente del Lions Club, di promuoverlo. Perché senza la “responsabilità per la persona” la politica perde la sua capacità più eccellente, ossia costruire la pace, all’interno della società come anche nell’ordine internazionale.
(Il libro di Michele Indellicato dal titolo L’umanesimo etico-giuridico nel pensiero di Aldo Moro, con prefazione di Antonio Uricchio, è disponibile presso Cacucci Editore al prezzo di 15 Euro).