Il Glifosato, celebre per la sua efficacia nel debellare le erbacce, è da tempo al centro di un dibattito su larga scala.
Pur essendo considerato uno dei diserbanti più pericolosi per la salute umana da molti esperti e pur avendo ricevuto, da più parti in Europa, promesse – puntualmente disattese – di netto abbandono generalizzato, accade invece che nella stessa Bruxelles si assista addirittura ad una sconcertante inversione di marcia in merito al suo disimpiego – fatto che ora ha messo fuori discussione anche la sua ipotetica limitazione – in ambito agricolo, essendo che il suo utilizzo è stato proposto in nero su bianco per altri dieci anni.
In Italia, lo ricordiamo intanto ad onor di cronaca, è vietato usare il suddetto composto in tutti i luoghi sensibili (come parchi e giardinetti, campi sportivi e zone ricreative, aree ludiche e, soprattutto, nelle vicinanze di scuole e ospedali).
Proroga degli agrofarmaci, tra danni genomici e controversa cancerogenicità
Ricerche di laboratorio hanno evidenziato che questo prodotto, nonostante la propria ineguagliabile affidabilità nel distruggere le inutili escrescenze vegetali, potrebbe generare stress ossidativo e pericoli di carattere genetico. Il fattore chiave di condanna sociale, non ancora del tutto scientificamente chiarificato, rimane però la sua dichiarata spinta cancerogena, sufficiente ragione d’attenzione durante le trattazioni sull’ecosostenibilità da diversi anni.
L’IARC (International Agency for Research on Cancer, trad. lett.: Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), intanto, lo avrebbe classificato soltanto come un “probabile cancerogeno“, con un’accezione piuttosto equivoca che, tuttavia, sembrerebbe lasciare ancora spazio alle interpretazioni e alle pressioni esercitate da parte delle multinazionali che ne sostengono l’utilizzo a livello europeo. Pare però che sarà rimandata ad ottobre la ratifica comunitaria definitiva di direttive chiare sulla chimica da poter usare o meno nei campi. E che, mentre si discute animatamente se bandire – o, perlomeno, contenere – lo smodato ricorso ai pesticidi, il sig. Glifosato possa essere escluso da certi regolamenti visto che la Commissione europea, con alla guida la sempre più resiliente Ursula Von der Leyen, sembra proprio intenzionata a firmare un’altra proroga – di ulteriori 10 anni, cioè sino al 2033 – sull’impiego dell’erbicida.
Decisione, forse percepita come l’ennesimo trattamento con i guanti riservato ai grossi capitali stranieri (tra cui si menziona immancabilmente Big Pharma, allargatasi al settore agricolo con un relativamente considerevole tornaconto economico), che è stata chiaramente e duramente criticata.
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Il business multinazionale dei princìpi attivi e degli additivi che spodesta l’ecosostenibilità
In questa galassia di “investimenti avvelenati“, i cui satelliti ruotano qua e là e finiscono spesso nei nostri piatti, brillerebbero particolarmente le giganti del comparto chimico, come la China Chemical & Pharmaceutical Co., Ltd. (CCPC) ad esempio, dei pesi massimi in quell’affare degli erbicidi che vale più di 30 miliardi di dollari e che avrebbe registrato una crescita media del 6% da 10 anni a questa parte.
Nel corso dei mesi precedenti, comunque, l’Unione europea aveva anche già stabilito un prolungamento del limite ultimo per l’uso del Glifosato, nonostante la problematica degli agrofarmaci (pesticidi e diserbanti) non riguardi soltanto la pericolosità dei principi attivi, ma anche quella degli additivi, spesso inutili e dannosi in egual misura (se non di più). E con queste dinamiche, tanto care a quegli interessi sovranazionali che difendono i propri ritrovati dando loro lo scudo di “rigorosamente controllati”, sembra che ora nella transizione ecologica del Vecchio Continente si possa – o si voglia, persino – tranquillamente far emergere un ritardo.
Da menzionare infine – per non dimenticare – che il Glifosato era stato originariamente brevettato dalla Monsanto, azienda acquisita successivamente da Bayer la quale, nel 2018, aveva pagato 66 miliardi di dollari per rilevarla e farle abbandonare il marchio. E che, nel frattempo, la Commissione europea si starebbe “trincerando” dietro il muro dell’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), organo che non pare mai esitare nel contrastare le affermazioni dell’OMS sulla cancerogenicità del composto.
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Andrea Tomasi del 22 settembre 2023), Carabinieri.it, sito di Greenpeace, ZEIT ONLINE, Terra e Vita, Green Me, sezione Comitatologia del sito della Commissione europea, ISPRA, AIRC, Mondor Intelligence, SPRINGER LINK, IARC, EFSA, sezione Enviromental Sciences Europe di SpringerOpen, Glyphosate Renewal Group, sito dell’Associazione Canapa Sativa Italia, sito della China Chemical & Pharmaceutical Co., Ltd. (CCPC), portale legislativo del sito dell’Unione europea, National Center for Biotechnology Information (NCBI), Open EFSA (interfaccia sugli studi scientifici di EFSA), Rinnovabili.it;
Account Twitter: Pascal Canfin (Presidente della Commissione Ambiente del Parlamento europeo);
Canali YouTube: Exactitude Consultancy.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania