Mobilitazione Unione degli Universitari. Studiare è altra cosa
di Evelyn Zappimbulso
Mi chiedo cosa stia cambiando nella percezione della grandezza che si prova nel poter apprendere e formarsi. E quindi studiare.
Mio padre, tutte le volte che mi vedeva china sui libri, mi ripeteva “studiare è un lusso”. Ed in effetti lo era, perché lo studio, il poter stare ore a leggere per apprendere, al caldo nella mia stanza, luce soffusa e libertà, mi sollevava da incombenze prettamente materiali, necessarie nella gestione di una famiglia. Per me era un privilegio, come lo era prendere un bus per raggiungere Bari o addirittura soggiornarvi per giorni per poter frequentare le lezioni.
Da una rapida carrellata in rete, scopro che gli affitti per gli studenti universitari sono più o meno gli stessi di circa venti anni fa. Io e mia sorella, per una sola stanza, da dividere in due, pagavamo 500 euro, oltre le spese e il vitto.
Sempre in rete, leggo da giorni di una mobilitazione studentesca che coinvolge circa 25 città universitarie di tutta Italia, accompagnata da una delegazione di partiti di opposizione, oltre che di esponenti della Cgil e delle associazioni che hanno deciso di incontrare gli studenti e sostenere la mobilitazione dell’Udu. Le prime iniziative dell’Unione degli Universitari si terranno a Lecce, Palermo, Torino, Bologna e Perugia, oltre che Roma. Poi si aggiungeranno altre venti città circa.
La prima domanda che mi viene è se siano davvero gli studenti a mobilitarsi o se siano spinti da qualche ventata politica di opposizione. La seconda domanda è come mai si lamentano degli affitti e non dei test di ingresso ancora previsti per qualche facoltà o magari del costo dei libri, cartacei ancora, nonostante l’avanzata dell’era digitale. E ancora, chiederei loro, perché insistono sul caro affitti (ammesso che ci sia davvero), quando esistono ostelli e mense per la gioventù universitaria, cui si accede, previa graduatoria, per merito e reddito.
Articolo 34 della Costituzione “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Chi ha voluto studiare, senza grandi possibilità, lo ha potuto fare; in Italia è possibile ed è possibile da sempre.
Vorrei chiedere ad ognuno di questi studenti, da quando il diritto allo studio si è declinato nel diritto ad un alloggio? Magari sopra la facoltà? Da quando per laurearsi si deve soggiornare accanto all’ateneo e, soprattutto, come mai, tutti questi studenti, solo oggi si sono resi conto che la legge sull’equo canone è stata abrogata a più riprese nel 1992, nel 1998 e infine nel 2014? I partiti di opposizione che fomentano, o addirittura dirigono, la movimentazione studentesca, dovrebbero informare i ragazzi che protestano in TV che quella legge, non abrogata oggi da un governo di destra, nulla centra con il caro vita degli ultimi anni.
Ragazzi, basta attingere alle definizioni del sostantivo “studium”, alla cui voce il dizionario latino recita: applicazione, passione, amore, ardore, e del verbo “studeo”, descritto con le parole “desiderare” e “prendersi cura”, per comprendere che la vostra lotta nulla ha a che fare con la reale portata di “studiare”. Poiché, più che una sistematica assimilazione di nozioni, “studiare” vuol dire “amare”! Non manifestare per un diritto che lo Stato italiano vi garantisce dalla nascita e per tutta la vita. Dunque, amatevi!
Evelyn Zappimbulso Vice Direttore Corrierepl.it
Redazione Corriere di Puglia e Lucania