Principale Arte, Cultura & Società Lotta alla “disinformazione”, un rapporto UE tiene d’occhio l’Italia

Lotta alla “disinformazione”, un rapporto UE tiene d’occhio l’Italia

Mentre si naviga “a vista” tra le turbolenze finanziarie dei tassi d’interesse e le tensioni geopolitiche delle minacce atomiche, l’Unione europea, che di questo disastro è molto più che conscia, riesce a concentrare parte delle nostre risorse in una delle sue missioni maggiormente dichiarate, cioè la guerra alle presunte “fake news.

Il veleno contenuto in un codice controfirmato

Questi i toni entusiasti usati dalla Commissaria alla Trasparenza, la ceca Věra Jourová, quando su Twitter ha recentemente annunciato la pubblicazione dei nuovi report sulla ribattezzata “cattiva conoscenza: “[…]Vi aggiornerò sugli sviluppi previsti dal Codice anti disinformazione dicendovi che oggi verranno pubblicati online i primi resoconti completi delle principali piattaforme che lo hanno firmato”.

A cosa ha fatto riferimento? Al cuore di questa lotta, ossia al “Codice di condotta” pratica da tenere nel combattere le ipotetiche notizie false, un accordo siglato tra l’UE e le giganti del web Google, Meta (che ingloba sia Facebook che Instagram), TikTok e Microsoft, con Twitter – inizialmente firmataria – che ha poi optato per distaccarsi (in questa circostanza) dalle altre BigTech.

Il patto in questione obbliga, di fatto, i provider di servizi online che agiscono sul territorio comunitario ad applicare dei tag o, addirittura, delle politiche di oscuramento verso quel materiale digitale ritenuto “disinformativo” (da chi, a breve, lo vedremo). Grazie alla ratifica del Digital Service Act, inoltre, la Commissione europea ha poi ottenuto il potere di monitorare le azioni di censura dei colossi della rete, prevedendo per essi anche delle sanzioni che arriverebbero al 6% del fatturato annuo in caso di lassismo nell’applicazione della suddetta vigilanza (meccanismo perverso – e ricattatorio – che potrebbe istintivamente indurre il risultato di incentivare il più possibile la rimozione di alcuni post per evitare le multe).

https://twitter.com/VeraJourova/status/1706572920695238931?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1706572920695238931%7Ctwgr%5E1ba95443c5de24cef46aa6895d08ab265a0fd641%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fpublish.twitter.com%2F%3Furl%3Dhttps%3A%2F%2Ftwitter.com%2FVeraJourova%2Fstatus%2F1706572920695238931

Italia in cima alla graduatoria per post cancellati su (e da) Facebook

Nei rapporti così tanto ammirati dalla Jourova si sottolinea, inoltre, che la maggior parte delle pubblicazioni sparite dai social (in quanto fuorvianti) pare essere italiana. Facebook, in particolare, avrebbe rimosso circa 45.000 contenuti in Italia, mentre in Germania 22.000, in Spagna 16.000, nei Paesi Bassi 13.000 e in Francia 12.000.

Ma, invece di interrogarsi più a fondo sulla legittimità di chi decide cosa sia vero oppure no, i mezzi di comunicazione nazionali sembrano celebrare questo “risultato di censura”, lanciando titoli “confiteoriani” come “Fake news, triste primato: il 33% delle bufale europee è sulle bacheche italiane”, che potrebbero spostare altrove l’attenzione anziché concentrarla su chi effettivamente esercita il controllo. Chi?
Mah i “fact checker“, ossia i “selezionatori di verità che collaborano con Facebook, arrivando persino ad influenzare la scelta di oscurare o meno un’indagine giornalistica sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream, firmata dal Premio Pulitzer Seymour Hersh, definendola “infondata”.

E anche se, in realtà, non tutte queste “figure” pare che abbiano le necessarie competenze per giudicare la veridicità di inchieste editoriali complesse (c’è chi ha una laurea breve in Scienze e Tecnologie multimediali ma si occupa della credibilità di articoli geopolitici; o chi, pur avendo solo studiato per un po’ psicologia, analizza ambiti medico-scientifici di valenza specifica, come le vaccinazioni), nel Bel Paese il network sociale e digitale per eccellenza affida tranquillamente a loro il compito di decidere cosa sia accreditato e cosa no. Il che la dice lunga sulla tragica condizione della libertà di informazione in Italia.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Michele Crudelini del 28 settembre 2023), Il manifesto, sezione sul Modellamento del futuro digitale del sito istituzionale della Commissione europea, sito istituzionale della Commissione europea, sito del Codice di condotta sulla disinformazione, Il Messaggero, archivio datato febbraio 2023 del sito di Seymour Hersh;

Account Twitter: Věra Jourová;

Canale YouTube: Il Sole 24 ORE.

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

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