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L’Italia delle truffe online: imbrogli e ricatti e a farne le spese sono gli anziani

Sono vittime di falsi broker e finte richieste d’aiuto. La piaga dei ricatti sessuali: a rischio anche i minori, adescati per ottenere video intimi. I consigli della polizia postale. 

«Ormai il 60 percento delle truffe avviene online. E le vittime, anche in questo caso, sono soprattutto gli anziani, che hanno poca dimestichezza con gli strumenti digitali». Michele Attolico, sostituto commissario della sezione cibernetica della Polizia postale di Bergamo, abbozza con poche parole il quadro del raggiro 2.0. I furbetti si aggirano in Rete, ingannando chi magari mette da parte la pensione per aiutare figli e nipoti. Ed è proprio questo, cinicamente, il tallone d’Achille colpito dai parassiti che campano sulla buona fede altrui. «Le truffe hanno un andamento ciclico – rileva Attolico – negli ultimi tempi è tornato di moda il classico schema del parente che manda un messaggio perché è rimasto vittima di un incidente o di un guasto. Contattami su questo numero, spiega, perché non riesco a usare il mio telefono.

Dietro c’è una connessione con un pc che simula il contatto telefonico e che ovviamente è difficile da rintracciare in sede di indagine. A quel punto il truffatore indica gli estremi di un conto corrente o di una carta ricaricabile, e il gioco è fatto». Il malcapitato, nella concitazione, non riconosce nemmeno la voce del finto nipote, paga e in più cade in preda all’ansia. «Il consiglio in questo caso è chiamare lo stesso il vero numero della persona cara: così facendo ci si sincera che stia bene e si scopre subito l’inganno». Un altro grande pericolo per l’anziano generoso è il trading online, virtuale campo dei miracoli dove prosperano broker tanto fasulli quanto persuasivi.

A sentir loro basta seminare poche monete nei conti online – di solito aperti a Cipro o in Lituania, paesi che “collaborano poco” (per usare un eufemismo) con chi indaga dall’Italia – per veder spuntare l’albero della cuccagna. «Questi personaggi agganciano telefonicamente la vittima – prosegue Attolico – e la convincono ad investire dopo aver sfoggiato competenza e aver fatto riferimento ad aziende realmente esistenti. Danno anche nomi e indirizzi, oltre a fornire documentazione e persino un programma che mostra finti grafici con guadagni che crescono a doppia cifra. Questi software, oltretutto, possono aprire il pc a intrusioni nell’home banking e in altre utenze». Si inizia magari “investendo” poche migliaia di euro, poi ci si fa ingolosire e si entra in una spirale perversa. Quando il truffato chiede di passare all’incasso, il finto broker risponde con sollecitudine, assicurando la pronta liquidazione della somma guadagnata.

Se non fosse per un piccolo problema. «C’è una tassa da pagare, spiega il truffatore, poi provvederemo a versarle sul conto quanto le spetta». La vittima sborsa così altri 2-3 mila euro ma il sospirato bonifico, manco a dirlo, non arriva mai. A quel punto non resta che rivolgersi alla polizia postale: ai familiari spesso non si dice nulla per vergogna. «Quando arrivano a far denuncia chiediamo come hanno potuto dare soldi a uno sconosciuto. Cadono tutti dalle nuvole, perché credevano di avere a che fare con veri professionisti. Invece dietro queste truffe ci sono grandi organizzazioni criminali che fanno base nei Paesi dell’Est o in Sudafrica. E che poi spesso investono le somme guadagnate in traffici illeciti». Anche in questi casi («tra i 7 e i 10 al giorno») il miglior antidoto è il buon senso. «Guai demonizzare il trading online: per evitare rischi basta verificare se il nostro interlocutore è iscritto nell’albo dei promotori finanziari».

Tra le truffe più recenti anche la violazione della carta Poste Pay: «Al momento del rinnovo può capitare di ricevere una richiesta di fornire il proprio codice pin: il mittente risulta effettivamente riconducibile alle Poste, solo che anche qui si tratta di un trucco telematico. È capitato persino che usassero numeri della Polizia postale. In questo caso per scoprire l’inganno basta richiamare il numero: risponderà il vero ufficio che smentirà di aver mai fatto richieste del genere. Né le Poste né tantomeno noi chiediamo i codici di sicurezza. I truffatori li utilizzano per fare acquisti online». Un’altra brutta faccia dell’inganno digitale riguarda il ricatto sessuale.

Qui l’età media della vittima si abbassa, in trappola cadono solitamente uomini di mezza età o più giovani. «Si inizia a chattare così, quasi per noia, poi l’interlocutrice convince a fare un video e a mandarglielo. A quel punto, cosa che ripetiamo sempre, il filmato non appartiene più a chi l’ha realizzato e può finire ovunque. I ricattatori fanno leva proprio su questo: se non paghi lo mandiamo a tua moglie, oppure lo postiamo sui social». Ma siccome non c’è limite al peggio, Attolico mette in guardia dal pericolo più grande: i minori che si lasciano irretire dal pedofilo di turno. «Anche i ragazzini vengono convinti a girare video.

Non avendo soldi in tasca, però, si sentono ricattare in altro modo: girare e inviare altri video, sempre più spinti, per non finire in Rete. Occorre fare attenzione, già a nove anni si usa lo smartphone:i genitori devono vigilare». Caso da manuale è quello della ragazza che, ancora minorenne, aveva spedito foto al fidanzatino di allora. Lei si pente ma è troppo tardi: lui le ha già girate ai suoi contatti. «Noi possiamo intervenire e sequestrare il telefono, ma gli scatti nel frattempo sono già rimbalzati su altri schermi. E il danno è fatto». Per giovani e adulti vale lo stesso consiglio: «Meglio pensare prima di condividere contenuti in chat o sui social».

Marcario Giacomo

Editorialista de Il Corriere Nazionale

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