La “scaletta verde“ che l’Europa si era riproposta di seguire scrupolosamente sembra essere “in bilico”, con i suoi sostenitori risultati spesso in minoranza nelle sedi decisionali.
Tra i muri innalzati dal Consiglio e le nuove alleanze stabilitesi in seduta plenaria, Bruxelles ultimamente si è ritrovata in un contesto di opposizione durante la consueta e smodata ricerca di introdurre le celebri misure chiave di “casa Von der Leyen” (tra cui le auto a zero emissioni e gli edifici ecologici), finendo col rimandare o attenuare i punti salienti dei provvedimenti studiati.
Anche se non si ragiona di un vero e proprio passo indietro, questi rallentamenti pare che stiano anche suscitando una certa paura nella Commissione, la quale starebbe provando freneticamente ad accelerare decisioni e ratifiche prima che l’attuale mandato legislativo scada.
Euro 7, neanche è partito che già è in ritardo…
Diverse fazioni politiche di estrazione popolare o conservatrice, come Identità e Democrazia (e persino il movimento Renew Europe di Macron), avrebbero unito le forze per far slittare la consacrazione oligopolistica dei veicoli elettrici nel settore dei trasporti.
Molto probabilmente sarà stato un merito della lobby automobilistica quello di aver esercitato talmente tanta pressione da ottenere una proroga per adeguarsi ai nuovi standard di emissioni Euro 7, che richiedono mezzi di locomozione ad impatto nullo di CO2 entro il 2035. Questi frutti dell’innovazione tecnologica, ora, vedono il loro arrivo posticipato al 1° luglio 2030 per auto e furgoni (anziché al precedente termine del 2025) e al 1° luglio 2031 per autobus e camion (invece del 2027).
Crollano i tetti sulle “case green“
Le ultime notizie riguardanti la direttiva sulle classi d’efficienza energetica per gli immobili non sono ancora molto chiare. Durante il trilogo svoltosi nella notte del 12 ottobre, in un clima teso e tra minacce di rallentare i negoziati, Commissione, Parlamento e Consiglio europei non sono giunti a una soluzione definitiva.
Sebbene i primi due organi, infatti, abbiano espresso pareri favorevoli e la loro chiara intenzione di pressare per le normative, la terza istituzione ha fatto valere il proprio peso ed espresso ogni dubbio e critica. Posizione ben accolta soprattutto dall’Italia, che subirebbe gravi ripercussioni dall’obbligo di raggiungere il livello dispersivo D entro il 2033. Il nostro timore maggiore, a dirla tutta, sarebbe addirittura quello di un crollo dei valori catastali degli edifici (dovuto alle invasive opere di ristrutturazione), nonché di un danneggiamento estetico dei centri storici – che pochi Paesi europei hanno simili ai nostri, se non altro per storia e stile architettonico – e, infine (ma non per importanza), di una batosta alle casse e ai portafogli nazionali.
La discussione tra i tre decisori extranazionali sarebbe quindi stata rinviata a dicembre, con l’impegno (già annunciato) di prevedere una maggiore discrezionalità di scelta in materia per gli Stati membri. Si dice che saranno gli stessi Paesi a sviluppare delle proprie strategie per ridurre i consumi energetici entro il 2050, con una più che probabile eliminazione dei target univoci di certificazione comunitaria.
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Arianna Graziato del 13 ottobre 2023), siti istituzionali della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, Assindustria.fg.it, siti di Identità e Democrazia e di Renew Europe, sezione Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI del sito della Commissione europea, portale legislativo dell’Unione europea, Scenari economici, Confederazione italiana proprietà edilizia (Confedilizia);
Canali YouTube: Euronews (in Italiano), Confedilizia.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania