È un Papa affaticato e convalescente quello che appare nell’udienza generale di ieri. Il suo respiro reso affannato non gli ha impedito di parlare di pace
L’auspicio «che prosegua la tregua in corso a Gaza, affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi e sia ancora consentito l’accesso ai necessari aiuti umanitari» è stato nuovamente espresso dal Papa al termine dell’udienza generale di stamane, mercoledì 29 novembre.
«Per favore, continuiamo a pregare per la grave situazione in Israele e in Palestina» ha esortato i fedeli presenti nell’Aula Paolo vi e quanti lo seguivano attraverso i media, invocando «pace» e confidando di aver «sentito la parrocchia» della Striscia, dove «manca l’acqua, manca il pane e la gente soffre.
È la gente semplice — ha chiarito —, la gente del popolo che soffre. Non soffrono coloro che fanno la guerra», ha aggiunto.
E «parlando di pace» Francesco ha chiesto di non dimenticare «il caro popolo ucraino, che soffre tanto, ancora in guerra». Perché essa, ha ripetuto «sempre è una sconfitta. Tutti perdono».
Anzi non proprio tutti, ha osservato Papa Bergoglio, visto che «c’è un gruppo che guadagna tanto: i fabbricatori di armi», i quali «guadagnano bene sopra la morte degli altri».
In precedenza, il Pontefice aveva proseguito il ciclo di catechesi sulla passione per l’evangelizzazione.
Continuando a soffermarsi come nelle ultime settimane sull’Evangelii gaudium — dopo aver ricordato che l’annuncio cristiano è «gioia» ed è «per tutti» — stavolta ha approfondito «un terzo aspetto: esso è per l’oggi»