In un libro che riflette il dramma dell’abbandono, il Tarassaco, pianta spontanea, diviene simbolo stesso di questo dramma
Una serata intensa quella di ieri, 16 dicembre, nel salotto dell’Associazione culturale Artava di Taranto, che ha visto protagonista un giovane scrittore, Angelo Argondizzo, autore di Tarassaco. Un libro che sembra doverci indurre a molteplici riflessioni, ma anche intriso di un malessere esistenziale che prende chiunque sia costretto a lasciare ‘le sue radici’.
Una serata sorprendente soprattutto per la maturità di questo giovane talento, alla sua prima opera letteraria, che ha voluto rappresentare, nelle sue molteplici sfaccettature, un dramma esteso in larga parte della Calabria: l’abbandono.
La serata, impreziosita dai brillanti interventi di Armando Blasi, presidente dell’Associazione, nonché dalle letture recitate dell’attore Giuseppe Ligorio, si è svolta sotto forma di dialogo tra l’autore e Assunta Grassi, moderatore. Ampio spazio anche al pubblico.
Dialogando con l’autore
Leggo una spontaneità densa di emozione ed entusiasmo in questo giovane che, sin dalle prime battute, mi sorprende per la sua profondità di pensiero, nonché per la sua padronanza linguistica. Classe 1995, laureato in Giurisprudenza a Bologna, calabrese, Angelo Argondizzo, pur lavorando da 8 anni in una banca del capoluogo emiliano, mi sorprende, dichiarando di continuare a vivere a S.Marco Argentano, suo paese d’origine.
E nelle sue parole percepisco tutta la rabbia di chi vede frantumare i suoi sogni, le sue abitudini, nella dura realtà della vita. Una condizione, questa, che interessa tanti giovani del nostro Sud, costretti a lasciare il proprio ‘nido’ alla ricerca di un lavoro dignitoso.
E il nostro dialogo si fa serrato, emotivamente coinvolgente
Il dialogo
‘Prima opera?’ gli chiedo a bruciapelo
‘Sì’, mi risponde sorridendo ‘e sono molto emozionato’
‘Il tema principale di questo libro? e i protagonisti?’
‘L’abbandono, in tutte le sue forme. Anche l’abbandono di sé’, risponde senza esitazioni. ‘Abbandono che si esprime in una famiglia i cui componenti vivono una quotidianità caratterizzata da un malessere esistenziale terribile. Un malessere determinato in larga misura dalla mancanza del padre che li ha lasciati per unirsi ad un’altra donna. Poi, la malattia mentale della madre che mina la stabilità psicologica dei due figli: Lorenzo, 17enne inquieto, e Chiara, perennemente ansiosa di abbandonare quel paese che parla di morte’
‘Perché questo titolo: Tarassaco?’
‘ Il Tarassaco è il fiore che ho distinto sui tetti abbandonati del mio paese. E la percezione di questo abbandono è tangibile nella parte antica di S. Marco. Un panorama quasi spettrale che conserva tra le sue mura la vita, i bisbiglii di persone costrette ad andare via’
‘Un panorama che accomuna tanti paesi della Calabria- dico con tristezza– che spiegazione dà a questa situazione?’
‘Ho una spiegazione romantica ed una cinica. Ma dal momento che ho fatto un lungo viaggio, preferisco quella romantica’
Lo guardo interrogativamente e mi risponde con quel sorriso che lo accompagnerà per tutta la serata
‘ La mia terra ci manda altrove per cercare di vedere tutto ciò che succede al di fuori del nostro mondo, al fine di costruire qualcosa di più bello’
‘E quella cinica?’
‘La mancanza di rispetto da parte della precedente generazione e anche della nostra per una terra bellissima, certamente difficile da vivere, caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola. Non abbiamo saputo raccogliere l’eredità dei nostri nonni’
‘Ma voi siete anche penalizzati dal cancro della ‘ndrangheta’
‘Sì, ma tutto si può e si deve affrontare con coraggio, quando si crede in qualcosa. Abbiamo preferito rinunciare alla lotta, scegliendo l’autostrada’
‘Quindi c’è una sorta di rabbia in lei?’
‘Assolutamente, sì’
Poi gli chiedo come sia vivere in un paese che reca visibili le piaghe dell’abbandono e preserva una mentalità probabilmente ancorata a vecchi standard. Una mentalità ancora radicata in questo Sud, provato da troppe lacerazioni.
‘Non è facile. Non c’è posto per l’aspetto ludico della vita che si trascina nel desiderio di nuovi orizzonti. Ma, ad un tempo, i profumi, i paesaggi, i colori, le abitudini di quella terra ti colmano di amore’
‘Odio e amore, dunque. Due sentimenti antitetici, ma indissolubilmente legati, che penso animino anche i giovani protagonisti di questo romanzo’
Annuisce con un cenno del capo e il nostro colloquio termina qui, con un sorriso e tante riflessioni su un tema così radicato nel nostro tessuto sociale. E il Tarassaco diviene così un simbolo, di morte o di vita che sa parlare di rinascita