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Lo spirito del Natale nella voce del popolo tra i vicoli di Taranto

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Tra luci, ombre e suggestioni natalizie, rivivono in un concerto antichi canti popolari tarantini, espressione dello spirito degli ultimi

 

Che la musica, il canto, la danza abbiano sempre rivestito un ruolo significativo nella cultura di un popolo è ben noto, ma portare alla conoscenza di una società, spesso ignara delle proprie radici, questo patrimonio culturale è arduo, faticoso. Però, calandosi nell’atmosfera calda del Natale,  può rivivere più agevolmente il remoto spirito di un popolo, legato all’essenza della propria terra.

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Un obiettivo, dunque, che dà vigore e spessore allo sforzo di associazioni che da anni operano sul territorio del nostro Sud, forse troppo dimenticato da una politica economica, quale quella italiana, fortemente differenziata e, talvolta, incurante delle potenzialità di ogni singolo territorio. E Taranto, da anni ferita da un industrialismo crudele, ha voluto offrire in occasione di questo Natale, velato di tristezza, un’immagine arricchita dalle emozioni di antiche tradizioni.

Natale tra i vicoli della ‘città vecchia

Nel Borgo Antico del capoluogo jonico, roccaforte di una remota quanto affascinante realtà sociale, ieri sera una serie di iniziative ha attratto una folla considerevole.

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E i suggestivi vicoli, le corti, i palazzi storici dell’isola si sono animati, mentre le luci del Natale hanno creato, in alcuni angoli, delle atmosfere quasi oniriche.

Rievocazioni animate della nascita di quel bambino, che ha cambiato la storia, si sono alternate ad eventi musicali di notevole spessore culturale. E, tra essi, ha brillato di luce propria Tarentinula,  un  concerto ideato dall’Associazione Tarantinidion, incentrato su antichi canti natalizi tarantini, che ha trovato spazio all’interno del Taranto Gran Tour. Una pillola di cultura, che presuppone un notevole impegno di ricerca e di rielaborazione.

“ Ho sempre amato la storia di Taranto” ha affermato ieri sera Cinzia Pizzo, pilastro dell’Associazione Tarantinidion che da anni, unitamente al marito Antonello Cafagna, svolge un’intensa attività di ricerca sul patrimonio culturale del popolo. Un’attività che si concretizza nei  canali più immediati e coinvolgenti dell’espressione popolare. La musica, la danza, il canto, ma anche la narrazione di antiche leggende.

Tutto il mondo degli ultimi, dunque, che nei secoli si sono dovuti adattare a una quotidianità difficile, legata prevalentemente al mare. Una quotidianità espressa ieri da una coralità intensa, musicalmente efficace e immediata.

Le storie, le narrazioni di vite difficili, nonché le speranze fideistiche di un domani migliore erano infatti tutte in quei canti, così intrisi di passione. E il  pubblico presente ha risposto con entusiasmo a quel canto, a quella musica, a tratti frenetica, a tratti malinconica, ma sempre viva, reale.

Una gestione non sempre facile

Avete finanziamenti?” ho chiesto ad Antonello nel corso del nostro breve colloquio, durante le prove.

“ In misura marginale”, la sua risposta. E, ancor più, percepisco in lui  la voglia di dare un contributo al territorio di una città che potrebbe, col turismo e la cultura, risollevare la propria economia, riscattando un’immagine troppo legata  al disastro dell’inquinamento ambientale.

Poi, l’esiguità del tempo a nostra disposizione ha posto termine a questo dialogo, mentre la musica ha inondato  l’androne di Palazzo Galeota, gioiello della nostra architettura del passato.

E la voce del popolo ha colmato i silenzi del tempo e dell’indifferenza .

 

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