Principale Ambiente, Natura & Salute Un caso irrisolto: l’ILVA

Un caso irrisolto: l’ILVA

La giovanissima dott.ssa Teresa Lafranceschina, di Bisceglie (BT), la scorsa settimana si è laureata con lode in Politiche europee ed internazionali con una tesi di laurea specialistica in “La transizione verde dell’Unione europea: dall’agenda all’implementazione” discutendo sul caso ancora irrisolto dell’ILVA di Taranto.

Nella tesi, presentata all’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE, Sede di Milano, Facoltà di Scienze Politiche e Sociali, Corso di Laurea in Politiche europee ed internazionali, relatore il Prof. Silvio Cotellessa, sono stati discussi i seguenti temi: lo Sviluppo della politica ambientale nella storia dell’integrazione europea, l’Agenda europea per la transizione verso la neutralità climatica, le Strategie a confronto- analisi della transizione negli Stati membri, quindi lo Stato della transizione verde in Italia, approfondendo la transizione in due aree di antica industrializzazione – la Provincia del Sulcis Inglesiente, – la Provincia di Taranto.

Dal suo lavoro: “Il dialogo civile e sociale deve diventare un elemento centrale nell’implementazione delle politiche di transizione in tutti i Paesi e le regioni europee, passando da un approccio “top-down”, con obiettivi ambiziosi imposti dall’alto, a uno “bottom-up”, che tenga conto delle priorità locali. L’Unione europea deve fissare i target generali, ma dovrebbe poi consentire agli Stati membri di individuare gli strumenti per raggiungere tali obiettivi. Senza il sostegno e l’apporto attivo della società civile, dei sindacati e delle comunità locali, il successo della transizione sarà compromesso. La problematica principale per il governo italiano e gli attori coinvolti nella transizione consiste nel coordinare gli obiettivi per il 2030, definiti nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), con quelli per il 2050 per raggiungere la neutralità climatica. Questo quadro rappresenta un’opportunità per la trasformazione dell’economia italiana, grazie allo sviluppo e al rafforzamento di filiere industriali che contribuiscano non solo a raggiungere gli obiettivi ambiziosi del 2050, ma anche ad assicurare al Paese un ruolo di primo piano nella transizione tecnologica e industriale in senso low-carbon. Raggiungere la neutralità climatica rappresenterà una sfida significativa per l’Italia, considerata la presenza di emissioni residue derivanti da settori considerati “hard to abate”, quali i processi industriali, lo smaltimento dei rifiuti e il settore agricolo. Dalle proiezioni e dal grafico riportato di seguito emerge che ogni settore dovrà contribuire alla riduzione delle emissioni in base alle proprie caratteristiche.”

“In primis, si considera che l’industria energetica avrà il potenziale per eliminare completamente le sue emissioni e, in uno scenario favorevole, potrà contribuire alla neutralità climatica generando persino emissioni negative. Il settore industriale potrà ridurre in misura considerevole le emissioni derivanti dalla combustione grazie all’efficienza energetica, all’elettrificazione, all’uso di combustibili alternativi e alle tecnologie di cattura del carbonio. Tuttavia, l’industria manifatturiera potrà ridurre le sue emissioni, ma sarà difficile azzerarle. Anche nel settore dei rifiuti si potranno ridurre le emissioni adottando pratiche di economia circolare. Il settore dell’agricoltura sarà particolarmente difficile da decarbonizzare e si prevedono emissioni residue da compensare attraverso i pozzi naturali. Tuttavia, per incrementare la capacità di assorbimento, saranno necessarie politiche di prevenzione degli incendi e una gestione del suolo più sostenibile.”

Come riportato nella tesi, da M. GAETA, C. NSANGWE BUSINGE, A. GELMINI, Achieving Net Zero Emissions in Italy by 2050: Challenges and Opportunities…,”il sistema energetico italiano dovrà fare affidamento su elementi interconnessi: una transizione drastica del mix energetico in favore di fonti prive di carbonio, un coordinamento tra l’efficienza energetica e i cambiamenti comportamentali e, infine, una diffusa elettrificazione degli usi finali.

“Come in altri paesi dell’UE, in Italia si nota un crescente divario politico sul tema della decarbonizzazione, in quanto le decisioni riguardano il sistema produttivo, la configurazione geopolitica e i comportamenti dei consumatori.”

Il caso irrisolto della provincia di Taranto, l’ILVA, “Le vicende del polo siderurgico sono note come il ‘caso Ilva’, dato il suo valore paradigmatico nella storia industriale italiana, a causa «dei limiti di certa imprenditoria, dei ritardi o delle omissioni della politica, della conseguente disaggregazione sociale di alcuni territori e, ormai, del conclamato disastro ambientale».( S. LAFORGIA, «Se Taranto è l’Italia»: il caso Ilva, in «il Mulino», inverno 2022). Per anni la fabbrica, grande quasi quanto la città, è stata al centro di uno scontro tra sindacati, associazioni ambientaliste, magistratura e politica. Per capire come si è giunti a una delle più gravi crisi industriali e ambientali della storia d’Italia occorre ricostruire il rapporto fra Taranto e la produzione siderurgica partendo dalle sue origini.”

Nel suo lavoro la dottoressa ha ripercorso gli  anni e le politiche della nostra più recente storia industriale sino ad arrivare al dicembre 2022, quando “la Commissione europea ha approvato il Piano territoriale per una transizione giusta dell’area di Taranto, garantendo un finanziamento di 795,6 milioni di euro. L’impiego dei fondi si concentra su tre linee guida principali: modificare il processo produttivo per diminuire la dipendenza dal carbone; promuovere nella zona la produzione di energie pulite, specialmente l’idrogeno “verde”, permettendo anche il reinserimento lavorativo dei dipendenti; attuare interventi compensativi per la rigenerazione ambientale e sociale del territorio. In particolare, il Comune di Taranto ha presentato quattro progetti: la “Green Belt”, la “Biennale del Mediterraneo”, il “Campus Ionico della Ricerca” e il “Sea Hub”, che prevedono un finanziamento di 250 milioni di euro complessivi, fino al 2029, e circa 14.000 posti di lavoro, sia mantenuti che di nuova creazione, sia diretti che indiretti.”

Quindi a maggio di questo anno “ha dichiarato Frans Timmermans: «A Taranto possiamo dimostrare che ci può essere un acciaio pulito nel futuro, che è possibile il lavoro pulito, che c’è la possibilità di proteggere l’ambiente e migliorare l’ambiente e, allo stesso tempo, creare lavoro»; questo sarà necessario per fare in modo che l’Ilva non sia più un “caso irrisolto” della politica industriale italiana ed europea.”

Gli auguri della redazione alla neo dottoressa Teresa Lafranceschina.

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