Deludente la Cenerentola di Rossini rappresentata ieri sera al Teatro Orfeo di Taranto per il secondo appuntamento con la stagione invernale del Taranto Opera Festival
Non ha convinto la Cenerentola di Rossini che ieri sera, malgrado l’ottima direzione d’orchestra del maestro Lorenzo Bizzarri, ha deluso molti, tanti spettatori.
Una fiaba, musicata dal grande compositore marchigiano, ieri poco fiabesca e, soprattutto, priva di quel guizzo di irriverenza verso una società caratterizzata in genere da un impianto scenografico più adeguato al contesto storico della vicenda.
I personaggi, gli interpreti
Se l’apertura di sipario ha messo in luce una scenografia esigua, limitata alla presenza di un solitario caminetto e di un tavolino, posti al centro di un drappeggio strategico, le vocalità delle sorellastre di Cenerentola hanno colmato i vuoti e gli spazi.
Frizzanti e padrone della scena, le due interpreti, il soprano Claire Patti Chehade, nei panni di Clorinda, e il mezzosoprano Francesca Romano Iorio, nei panni di Tisbe, hanno letteralmente sovrastato la vocalità di una Cenerentola, timidamente comparsa sulla scena.
Una vocalità, quella di Angiolina ( la Cenerentola di Rossini) che non ha convinto nessuno per larga parte della rappresentazione.
Infatti solo nella conlusione il mezzosoprano Giada Frasconi si è espressa al meglio, dando corposità e vigore musicale al personaggio da lei interpretato. Indubbiamente un ruolo non facile e di estrema difficoltà interpretativa, cui ha saputo far fronte nel secondo atto, tanto da apparire come un’altra cantante.
Indiscutibili dunque le potenzialità di questa interprete che sono emerse, purtroppo, in ritardo.
Ma se la nostra Cenerentola si è riscattata nella fase conclusiva, non si può dire lo stesso per il tenore Federico Buttazzo, la cui vocalità probabilmente non era adeguata al ruolo di Don Ramiro. Un principe sotto tono e poco coinvolgente.
Di ben altro spessore invece l’interpretazione del baritono David Costa Garcia, che ha caratterizzato non solo vocalmente il suo Dandini, sovrastando il baritono Valerio Pagano, un Don Magnifico poco convincente.
Senza infamia né lode invece l’interpretazione resa da Rui Xiao di Alidoro.
Un coro sorprendente
Adeguata e spesso risolutiva di vuoti canori evidenti la performance del coro dei Tarenti Cantores, diretto da Tiziana Spagnoletta.
Un coro tutto maschile perfettamente inserito nel contesto scenico ed interpretativo, che ha dunque, finalmente, dato spessore al canto, imponendosi anche sulla musica.
I costumi, la regia
Adeguati i costumi, curati da Europa InCanto, che hanno dato colore e giusta contestualizzazione storica all’esigua scenografia. Deludente, invece, la regia della pur brava Vivien Hewitt che aveva entusiasmato il pubblico con il suo Rigoletto.
Un’atmosfera mancante
Che dire. Tutto è apparso fin troppo sofferto vocalmente e sotto tono, se non per singole vocalità. Ma queste non hanno comunque potuto restituire all’opera rossiniana quell’atmosfera oniricamente gioiosa e vocalmente potente che rappresentano il metro e il registro della grande musica di Rossini
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