Ad Auschwitz la storia parla, anche nel silenzio, e il passato si confonde con il presente
La storia è tutta lì, ad Auschwitz, racchiusa tra quelle mura, che celano un passato impossibile da dimenticare e che, per certi versi, vive ancora nel presente.
La storia ad Auschwitz è scritta in quei sentieri desolatamente uguali, vie un tempo percorse da figure prive di vita, destinate alla morte. Stralci di umanità, fantasmi di vita che sanno parlare nel silenzio.
Ed é la storia che bisbiglia la crudezza di una realtà impressa in maniera indelebile nella memoria, ma che oggi torna a farsi sentire. Una realtà che cancella quel che resta dell’umanità e rende l’uomo ferino.
Tutto è dannatamente uguale. Le strutture, perfettamente allineate, squadrate, quasi a delimitare spazi di vita o di morte.
Un corridoio verso l’inferno
Percorrere quel lungo corridoio nel quale il silenzio è rotto dai nomi delle migliaia di vittime di una efferata crudeltà è come immergersi nel fango di un inferno che ancora oggi si presenta ai nostri occhi.
Poi, l’ingresso in stanze, dominate da cumuli di oggetti privati, protetti da vetrine, è come violare anche la morte.
Cumuli di capelli, scarpe, valigie, raccontano una quotidianità spezzata e immergono il visitatore in un’atmosfera cupa.
Le parole non servono di fronte a quelle vetrine di vite stroncate da propagande ancorate a logiche di potere. Resta solo il perché di tanta crudeltà. Un interrogativo martellante che ritorna ancora oggi di fronte all’eccidio di migliaia di persone..
Ci si sente poveri, privi di forze, quando il percorso continua, nella desolante cornice di un passato infernale. E si giunge all’interno di una sala che ci presenta le immagini dei volti sorridenti di tante, troppe persone. Donne, uomini, bambini, consegnati alla storia nel loro ultimo sorriso.
Tutto è miseria
Tutto è atrocemente scandito dalla miseria e da una perversa logica criminale. E gli squallidi dormitori, i servizi sanitari comuni fotografano quel maledetto passato che dovrebbe rappresentare un monito quando la ferocia criminale obnubila le menti degli uomini.
Auschwitz è privo di colori, perché anche il sole o la neve, col suo candore, non riescono a dare un’immagine di vita.
E la morte sembra ancora essere presente, col suo ghigno atroce, su quel binario che era il punto d’arrivo del tragico binario 21.
Un viaggio verso l’ignoto, un viaggio privo di speranza, l’ultimo.
La camera della morte
Inutile descrivere quella sensazione di panico che assale chiunque, quando si entra in una stanza lacerata dal tempo, di dimensioni non tanto ampie, ma capace di contenere fino a 900 persone, ovviamente stipate in un contenitore di morte.
Scorgere sulla volta di essa una tragica apertura per la fuoriuscita del gas mortale è percorrere l’ultimo tratto di questo inferno.
Mentre un silenzio innaturale scende anche tra i tanti visitatori che affollano questa macabra scena.
Poi la visione dei forni crematori, ultimo giaciglio di corpi ormai privi di vita, sconvolge, lascia annichiliti.
Tutto ha un senso per la logica omicida, anche celare al mondo la verità. E i forni crematori ne sono la prova
Sensazioni, speranze
Si esce sconvolti dall’inferno e ci si chiede ancora come mai l’uomo ripercorra i sentieri della crudeltà.
Ovunque guerre, ovunque eccidi.
La morte raccoglie ancora le sue vittime, tante, troppe. E il sabba infernale continua.