“Se io potrò impedire / ad un cuore di spezzarsi / non avrò vissuto invano. / Se allevierò il dolore di una vita / o allevierò una pena / o aiuterò un pettirosso caduto / a rientrare nel nido / non avrò vissuto invano! […]”.
Così scriveva Emily Dickinson nei versi di una sua celebre poesia, ricordata ancor oggi per la dolce melodia del verso che vibra con la stessa intensità nei suoni dell’inglese (la sua lingua nativa) e per la bellezza dei suoi contenuti da cui traspare la necessità di dare un senso alla propria vita compiendo opere di bene, esprimendo la propria vicinanza ai problemi della gente e dimostrando quanto anche un semplice sorriso possa alleviare le ferite degli esseri viventi. I versi profondi e suggestivi della poesia di Emily Dickinson invitano a ragionare sul valore, o forse meglio sul dono della santità che Dio ha infuso nella natura umana.
In non poche occasioni Papa Francesco ha affermato che tutti gli uomini sono uguali dinnanzi a Dio, e che ognuno di essi possiede, talvolta sia pure in minima parte, una qualche inclinazione alla santità (concepita principalmente quale via da percorrere per acconsentire alla volontà divina). In ogni parte del mondo non esiste santo che non sia venerato da una nutrita comunità di fedeli: Sant’Antonio da Padova, per esempio, è amato e venerato dovunque. Rappresentato convenzionalmente accanto a Gesù Bambino, come pure accanto ad altri oggetti di intenso valore simbolico (il giglio e il libro), Sant’Antonio incarna la purezza d’animo, l’innocenza mai perduta, l’indole tenera e buona manifesta nella comprensione dei disagi o dei malesseri dei più piccolini.
Egli è per tutti un membro della famiglia, il compagno perfetto ch’è lì a sostenerci nelle difficoltà della vita, un punto fermo su cui contare e con cui condividere in preghiera le gioie e i dolori dell’esistenza. San Francesco, Francesco d’Assisi, la cui brevità della vita non gli impedì di manifestare la propria santità nelle piccole cose, ha lasciato parimenti, nella memoria di tutti gli uomini, sentimenti d’amore, pace e speranza. Un passato non troppo lontano lascia affiorare invece nella nostra mente il ricordo di Santa Madre Teresa di Calcutta, la piccola matita nelle mani di Dio, che ha attraversato il mondo in lungo e in largo su strade e vicoli gremiti di poveri e bisognosi ai quali andò insegnando e dispensando il suo amore e le sue cure senza temere nulla, poiché accompagnata e sostenuta dalla grazia del Signore. Quella stessa grazia che permise a Papa Giovanni Paolo II, durante il suo lungo pontificato, di dare prova della sua santità schierandosi con tutte le sue forze a difesa dei diritti degli uomini e contro qualsiasi forma di corruzione o di ingiustizia.
La santità, quale dono concesso dall’Alto, sta dunque nei piccoli gesti quotidiani: qualsiasi opera di bene compiuta all’interno delle mura domestiche, sul posto di lavoro o nei luoghi di preghiera, è la chiave di accesso alla santità. Perché il Beato Giacomo diventi Santo si chiede un ultimo ulteriore miracolo; in verità proprio nella chiesa e proprio Papa Francesco ha ribadito che non occorrono miracoli per essere santi, ma piccoli gesti fatti col cuore, piccoli gesti che rivelino il nostro amore, la nostra attenzione e dedizione verso il prossimo – chiunque esso sia. Perché è solo donando che si riceve. E di piccoli gesti d’Amore e di Carità il Beato Giacomo ne ha fatti tanti.
Marcario Giacomo
Editorialista de Il Corriere Nazionale