Il rito mistico del fantacalcio
di Evelyn Zappimbulso
Immaginatemi: sono a casa, confinata nello studio. Nella stessa casa, intorno a un tavolo, sei uomini brizzolati agguerriti. Agguerritissimi. Non hanno dismesso giacche e cravatte, ma la serietà sì. In mano penne come spade, fogli pieni di nomi e loro, amici fino a prima di varcare il portone di ingresso, ora sono nemici, nemici veri. E si studiano, si guardano, si scrutano, si siedono come fossero ognuno nella propria trincea. E combattono. Si dicono nomi, si sparano cifre, si urlano numeri al vento. “Aggiudicato!” come avessero comprato un quadro di Munch all’asta.
E avanti al prossimo cognome.
Questa sera sono una testimone. Una testimone di un momento delicato. Non lo avrei mai creduto, ma il salone è teatro dell’asta del fantacalcio. Sono ammirata. I fantauomini sono un caso da studiare, analizzare a fondo.
Uno di loro s’è appena aggiudicato un giocatore da un nome improponibile e ha lottato per averlo in squadra. E’ felice come un bimbo. Sono concentratissimi e hanno passato le ore prima dell’incontro a studiare nomi e colori. Bravissimi. Sono d’esempio a chi ancora tenta di affrontare esami universitari o scranni politici senza una minima preparazione.
Un fantauomo è collegato a distanza con i sei in presenza, perché in vacanza in un posto caraibico, ma l’appuntamento per aggiudicarsi Teo Ernandes (si scriverà cosi?) è un richiamo troppo forte, più forte della calda spiaggia che dall’altra parte del globo coccola turisti in fuga per il Natale.
Ma l’asta è solo uno dei tanti momenti in cui il calcio è in bocca ai fantauomini. C’è anche il gruppo whatsapp con gli amici/avversari del fantacalcio. A tratti pare vivano un supplizio, la concentrazione è altissima e guai a non sentire una “chiamata”, si perde il giocatore e pure la reputazione. Per non parlare delle proposte di scambi vari, baratti, sostituzioni del giorno dopo. Perché il fantacalcio, signori miei, merita rispetto e devozione. Il primo vagito del fantauomo al risveglio dopo una dura, lunga e faticosa asta, ancora prima del buongiorno, è che ha speso troppo per Barella? O per Lasagna? Che poi, che nomi. Sembrano preghino in aramaico quando li pronunciano ad alta voce con profonda e grave serietà. Dimenticavo: guai a disturbare un fantauomo prima dell’asta: è concentrato davanti al pc, ad aprire pagine e pagine di statistiche, di voti, di calciomercato e se gli si chiede qualcosa risponde che sta studiando.
Lui studia.
Sono semplicemente stupendi. Stima e ammirazione a volontà per questi eroi che, quando si incrociano “fuori asta”, resistono solo pochi minuti, si guardano complici e poi schiocca l’intesa, perché basta che uno, uno solo, abbia il coraggio di nominare anche solo lontanamente qualcosa che assomigli a un pallone che il gioco è fatto. Decantano preghiere in aramaico con un trasporto che li isola dal resto dell’umanità.
I più audaci non sono seguaci di un solo fantacalcio: c’è chi ne fa due. Incredibile. Doppia formazione, doppio studio, doppie aste, doppia stima.
Poi c’è la formazione, momento catartico: bisogna caricare la formazione sull’applicazione. C’è studio, raccoglimento, concentrazione, invocazione delle divinità superiori e spergiuri. Uno di quei momenti in cui potrebbe accadere di tutto. Loro, i fantauomini, in quel momento, non ci sono per nessuno. Possono essere vittime di estorsioni o costretti alle promesse più assurde: loro, con lo smartphone in mano e tanti schemi nella testa, nemmeno fossero il Lippi del 2006, si limiteranno a far sì con la testa, con un movimento lento, costante.
Diabolici: sono un tutt’uno con il cervello per i pupilli della loro squadra immaginaria, che poi tanto immaginaria non è. Sanno tutto dei loro eletti: quello gioca sulla fascia, quello ieri dopo l’allenamento ha preso una storta andando verso lo spogliatoio e quindi non gioca, quell’altro ha la febbre, quello deve per forza fare bene quest’anno perché ci sono gli europei, quell’altro ancora sente addosso l’ansia dell’esordio e magari non giocherà al massimo della forma, quell’altro ha festeggiato il compleanno della mamma la sera prima e quindi magari ha mangiato troppo ed è appesantito per correre, quello non segna di solito però è rigorista. E quando qualche giocatore si fa male? Se potessero, andrebbero in ospedale, a sincerarsi della sua condizione, stanno in apprensione nemmeno il crociato da ricostruire fosse il loro.
Che meraviglia.
La loro devozione verso un rito mistico che unisce menti e spacca amicizie storiche per un Illicic. L’esultazione di petto per un acquisto felice “Vincè, abbiamo preso Ibrahimovic”. Il saper fermare tempo, cellulari, appuntamenti e amanti perché il “fanta” chiama”. Ecco, tutto questo li rende simpaticissimi, oltre modo interessanti e motivo di studio approfondito. Non devono assolutamente estinguersi. Sprigionano leggiadria. Alzano l’asta della felicità media di un popolo, uomini o donne che siano.
Eterni bambini in giacca e cravatta.
Evelyn Zappimbulso Vice Direttore Corrierepl.it
Redazione Corriere di Puglia e Lucania