di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**
Ciò che accade nel mondo monetario e finanziario globale non può essere ulteriormente ignorato e seppellito sotto certe ostilità nei confronti della Cina e, in generale, del Sud del mondo. Il processo insito nell’uso di diverse monete rispetto al consueto utilizzo del dollaro altro non è che una naturale spinta, non militare, verso un nuovo assetto geopolitico pacifico basato sulla cooperazione internazionale.
Intanto l’Egitto ha appena dichiarato che intende progressivamente abbandonare il dollaro nelle sue attività commerciali e sollecita anche i suoi partner a usare le proprie monete nazionali negli accordi. Si ricordi che l’Egitto è una new entry nel gruppo dei Brics. La decisione e le altre simili prese da molti paesi sono la conseguenza della politica delle sanzioni e dell’incerto valore del dollaro a causa dell’enorme crescita del debito pubblico americano.
Anche nel recente meeting dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei Brics tenutosi a San Paolo in Brasile è stata sottolineata tale preoccupazione. Si è affermato, in particolare, che l’attuale sistema dei pagamenti internazionali “è usato come arma di pressione politica ed economica”.
L’enfasi ivi posta é “sulla crescente importanza del format multilaterale nel sistema monetario e finanziario internazionale e sulla necessità di aumentare il ruolo delle valute nazionali nel commercio reciproco.”. Pertanto si afferma la necessità di meccanismi alternativi anche nei pagamenti transfrontalieri, poiché la stragrande maggioranza degli Stati si è resa conto che alcuni paesi dell’Occidente si sentono autorizzati a dettare la propria volontà agli altri, minacciando di interrompere l’accesso ai processi economici globali.
Molti paesi, da ultimo anche la Nigeria e il Pakistan, hanno l’intenzione di sottrarsi alle imposizioni delle grandi istituzioni del sistema di Bretton Woods, come il Fmi e la Banca mondiale. Infatti, la New development bank, la banca dei Brics, è sempre più attiva ed è vista come il potenziale futuro centro creditizio del Global South. Essa si appresterebbe, per esempio, a creare obbligazioni in monete locali per l’equivalente di oltre 28 miliardi di dollari. Alcuni osservatori occidentali parlano di un processo lento. Forse, ma in continua crescita.
A San Paolo si è discusso della creazione della piattaforma multilaterale “Brics Bridge” che mira, tra l’altro, a favorire pagamenti e regolamenti attraverso l’utilizzo di monete digitali create dalle banche centrali. Il programma s’ispira al “Project mBridge” della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea per l’utilizzo delle monete digitali delle banche centrali nelle transazioni transfrontaliere. E in parallelo si lavora per collegarle con i sistemi nazionali di messaggistica finanziaria.
Un altro aspetto della piattaforma è l’uso di una moneta terza nei commerci tra due differenti paesi. Per esempio, la Russia esporta molto in India ma ha delle importazioni limitate. I pagamenti fatti in rupie rischiano di accumulare grandi quantità di valuta indiana. A un certo punto lo squilibrio ha toccato i 40 miliardi di dollari. Perciò è allo studio l’uso di un’altra moneta, come lo yuan cinese o il dirham degli Emirati Arabi Uniti, per superare le difficoltà finanziarie nel commercio tra India e Russia. Un’altra possibilità è di usare le rupie per comprare obbligazioni indiane legate a progetti infrastrutturali. Nel frattempo, secondo i dati della Banca centrale di Mosca, l’uso dello yuan per pagare le esportazioni russe è aumentato di 86 volte, raggiungendo il 34,5% dei pagamenti totali negli ultimi due anni.
Il passo successivo e risolutivo, sollevato anche nel summit di San Paolo, è la creazione di un’unità di conto, cioè di una moneta non circolante ma essenziale per regolare i commerci e superare molte difficoltà. Del resto, in Europa conosciamo bene gli effetti positivi dell’Ecu, l’unità di conto che ha favorito l’unione economica e il libero scambio delle merci nel nostro continente.
*già sottosegretario all’Economia **economista