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Rifondiamo la politica e i partiti – A colloquio col Prof. Pietro Pepe

Politica e Partiti, una dicotomia imprenscindibile in una società democratica REDAZIONE ALTAMURA - ALTA MURGIA

Prof. Pietro Pepe

A colloquio col prof. Pietro Pepe, già presidente del Consiglio Regione Puglia, sulla politica nazionale e sui partiti.

Gli approfondimenti che seguono su questi due temi sono di notevole importanza per la società italiana. Le nuove generazioni, viste dall’osservatorio di chi ha fatto politica per tutta la vita, necessitano di una scuola di formazione politica per guardare al futuro senza dimenticare gli errori del passato, che sono l’esperienza della vita.

Ecco  le considerazioni del prof. P. Pepe scaturite dalla conversazione che ci piace riportare integralmente a sua testimonianza.

Questo tempo ha poca memoria e il rischio di vivere ancora una volta momenti di dolore e di sgomento a causa di una crisi politico-militare che sta interessando l’Europa e il mondo intero è altamente possibile.

Le elezioni che stanno avvenendo in diversi Paesi del mondo stanno dimostrando che non solo il Fascismo non è mai morto, ma anche il Nazismo sta riemergendo, ed è la dimostrazione inconfutabile che la storia si ripete, nonostante le guerre e le nefandezze accadute in passato, che non hanno fatto migliorare il genere umano.

Non possiamo rimanere inermi e lasciare che la morte e i suoi pungiglioni sia la sola parola da udire; nessun “Cesare” sulla terra può appropriarsi della persona umana.

Eppure ci sono scrittori e poeti che invitano la comunità a non dimenticare “il difficile percorso della libertà”. Purtroppo la politica attuale non pensa alla istruzione. Il declino delle materie umanistiche conduce all’imbarbarimento. Il saper umanistico è finito in rianimazione per il mutato rapporto “Cultura-Politica”. Il deficit di Democrazia aumenta sempre di più, quando la politica viene piegata all’economia.

Un popolo senza Politica e senza Partiti, rischia di perdere libertà e democrazia. La crisi del saper umanistico è stata avvertita nell’Università che non può solo dedicarsi alla ricerca scientifica e alla formazione, ma deve avviare una terza missione che è l’orientamento attivo. La comunità accademica, in ossequio a una delle sei missioni previste nel piano di ripresa e resilienza (P.N.R.R.) deve avere una consapevolezza maggiore del suo ruolo di indirizzo culturale del territorio entrando in sintonia con il mondo del lavoro, delle professioni e delle imprese per concorrere a determinare la crescita sociale.

La politica, priva dello strumento di partecipazione, espresso e mediato dai partiti, ha derubricato dalle emergenze il ruolo di formazione con meno cattedre di materie umanistiche (Latino, Greco, Filosofia e Storia). Così, l’arretramento è scontato; eppure l’istruzione è rivolta a formare l’identità della persona, del carattere e della personalità. Il paradigma della competenza non può prevalere sulla conoscenza che ci collega al nostro passato e quindi non può solo essere del tipo utilitaristico. Peraltro non è una buona economia se non viene considerato “il Capitale Economico accanto alla dimensione Sociale, Culturale e Ambientale”.

I libri aiutano ad uscire dal piccolo Mondo del proprio “IO”, la lettura è soprattutto un concreto esercizio di libertà.

La liberalizzazione, ebbene rievocarlo, della informazione rappresentò 80 anni fa il punto di riferimento centrale della lotta politica, tra le Forze dell’Antifascismo e della Democrazia.

Dopo 20 anni di dittatura, torna la libertà di stampa e si riavvia il processo di rieducazione politica “vengono abolite le limitazioni e i divieti”.

La stampa considerata clandestina inizia a circolare liberamente e nelle edicole comparvero i diversi giornali di Partito: i più noti “Civiltà proletaria del PCI”, “l’Avanti del Partito Socialista”, “l’Idea Liberale del Partito Liberale”, “il Popolo del Partito Popolare”, “il Risveglio della Democrazia Cristiana”.

La Puglia nel giro di pochi giorni divenne la Capitale editoriale dell’Italia Libera. La Libertà di informazione è alla testa dei diritti a sapere. Papa Woytila, ci ha insegnato che la libertà non è fare ciò che ci piace, ma fare ciò che si deve.

Alla base della libertà c’è il diritto di pensare, di scegliere e di agire secondo la propria coscienza, sempre che il contesto lo consente; purtroppo ci sono Paesi in cui i cittadini non sono liberi di studiare, di frequentare gli amici, di vestirsi alla moda o di ascoltare la musica che vogliono.

La libertà è una conquista solo quando è vera liberazione dalla fame, dalla paura di regimi dispotici, da una cultura dominante che non riconosce il pluralismo. In America il simbolo degli ideali di libertà sono raffigurati dalla personificazione con la Statua della Libertà a New York, cioè quella di un essere umano; perché gli uomini capiscano il valore della Libertà. In Italia viene celebrata dalla nostra Costituzione e ci indica la Via Maestra e ci ricorda che non c’è Pace senza diritti.

Infatti la Pace è la somma dei diritti fondamentali, come: la democrazia, l’istruzione, la salute, il lavoro, il salario, l’ambiente, essenziali per rendere possibile la vita sociale in armonia.

Nella visione cristiana la libertà poggia su due pilastri; un dono dato da Dio e un bene relazionale da esprimere nell’amore e nel servizio verso gli altri.
Il mio desiderio è che spiri sempre il vento di primavera, che distruggendo l’immobilismo e l’indifferenza faccia rinascere in ogni luogo, ad Altamura, in Italia, in Europa e nel Mondo, il senso di responsabilità, ogni qual volta il potere minaccia la libertà e la Democrazia, con la fede nella cultura, vero toccasana sociale.

I tempi barbari che stiamo vivendo stanno dando corpo ad una società feroce e senza giustizia. Una volta era tutto diverso, oggi è come se avessimo paura del silenzio, delle pause e pertanto non ci si ferma mai a pensare. Dovremmo fare più attenzione all’esperienza del passato, alla memoria storica, ai valori culturali delle famiglia, alle relazioni umane e sociali per imparare a stare al mondo.

Mi piace evocare in questa riflessione le citazioni di due grandi Statisti del ‘900: Aldo Moro e Allende; Il primo rivolgendosi agli studenti dell’Università di Bari e a noi politici dichiarava: “Forse il destino dell’Uomo non è di realizzare pienamente la Giustizia, ma di aver perpetuamente fame e sete di Giustizia”; il secondo, da Presidente del Cile, in modo accorato affermava: “Noi viviamo in eterno in quella parte di Noi che abbiamo donato agli altri”. Vincere la resistenza del Cuore ed aprirsi all’altro è la cura necessaria; le parole utili per cambiare il mondo e far luce in fondo al tunnel restano la misericordia, la tenerezza e l’accoglienza.

Con l’arrivo della società dei consumi e la fine della civiltà contadina, il crollo dei valori e del sacro, ha fatto venir meno la continuità tra il passato e il presente.

L’individualismo prevale sul senso di Comunità, rendendo più difficile fare battaglie per i diritti e soprattutto in difesa dei più deboli. I ragazzi di oggi, oltre a ragionare su che cosa vogliono diventare, dovrebbero riflettere su ciò che desiderano lasciare dietro di loro. Le parole decisive sono “Educare e Formare” per far sì che la Rivoluzione Tecnologica, non lasci nessuno indietro, evitando così di mettere in crisi il rapporto democratico tra i Cittadini e tra le Generazioni.

Vado a concludere, nella speranza che lo Stato, la Politica e i Partiti mettano in moto un serio e condiviso processo di riforme strutturali che passando attraverso la innovazione tecnologica, facciano sentire il cittadino più protetto, più responsabile e protagonista del cambiamento. La strada obbligata è quella di iniziare al miglioramento dei Servizi Civili a loro dedicati; tra questi, segnalo, l’inclusione sociale, la Giustizia e la Pubblica Amministrazione; senza sottovalutare i persistenti divari di natura sociale, territoriale e culturale, tra Nord e Sud essenziali per adeguare l’Italia agli standard Europei.

Prof. Pepe Pietro

  

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