La Cultura come scoperta e arricchimento continuo, si è rivelato un grande appuntamento quello che, in pieno centro di Bari e ospite Padre Mihai Driga, si è svolto martedì scorso nel Centro Pastorale Ortodosso Rumeno “SS. Trinità”: una sede di grande fascino, un tempio – scrigno di insospettata e assoluta bellezza immersiva e trascendentale.
E dunque la cornice perfetta per “Il ritorno di S. Nicola” per come si è voluto chiamare questo incontro per la presentazione, in realtà, del poderoso volume, “Bari nella Puglia Bizantina – Le Basiliche dei Grandi Santi Gregorio, Nicola e Sabino” (ETABETA Print) del dr. Giovanni Bellomo, biologo ma eclettico e originale ricercatore di Storia anche per impostazione professionale. Quanto basta, al di là del titolo ammiccante dell’incontro, a spiegare la novità di questo libro «frutto di sei anni di ricerche e viaggi e di contributi di autorevoli studiosi» che non a caso si è fregiato del Patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica Armena in Italia, oltre a quelle dei Comuni di Modugno, Casamassima, dell’Archeoclub “Italo Rizzi” di Bari, ma che ha pure goduto, in prefazione, dei commenti di sentito apprezzamento di firme come Enrica Simonetti e Pasquale Corsi.
364 pagine e ricchissimo di foto e illustrazioni (ma con il sotteso filo conduttore dell’impresa dei 62 marinai che portarono a Bari le reliquie di S. Nicola) un libro sorprendente per le inedite chiavi di lettura che propone anche attraverso gli strumenti della logica scientifica e con puntualizzazioni che vanno dalla riscoperta della simbologia cristiana all’archeoastronomia, fino a spingersi nell’arduo campo della interpretazione numerologica. Insomma un viaggio nel tempo, e quasi con gli occhi della Fede e delle credenze di allora, che diventa uno spaccato di un medioevo in cui Bari e la Puglia erano l’ombelico del mondo nello scontro, tuttora attuale se vogliamo, tra cristianesimo e islamismo.
Una serata interessante come poche. impossibile non ricordare, oltre al già citato Padre Driga e all’autore, la presenza al tavolo dei relatori del prof. Carlo Dell’Aquila, scrittore anch’egli (e noto studioso del patrimonio fittile pugliese insieme al fratello Antonio) e lì in veste anche di vice presidente dell’Archeoclub Bari. Quasi paradossale a dirsi, un’opera che pur mancava nella sterminata produzione sul «Santo più universale del Mondo» anche perché veneratissimo simbolo cristiano della fratellanza tra la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa.
Altri tempi e valori identitari più rivendicati e raccolti dalla politica, quella fratellanza che è bastata, giusto per fare un esempio non troppo lontano, a far scegliere Bari come Capitale Mondiale della Pace nel 1990. Quando cioè, con “Un mare di Pace tra Oriente e Occidente”, il costruttore di quella «Europa che respira a due polmoni, uno a Est e uno a Ovest», il Papa e Santo Karol Wojtyla, organizzò qui, insieme all’allora premier Giulio Andreotti, «il più grande incontro tra Popoli della Storia dell’Umanità» chiamando a raccolta a Bari tutti i Capi delle Religioni della Terra per tentare di fermare (inutilmente) la guerra che gli USA avevano deciso di scatenare contro l’Iraq. Qualcosa che ora suona verosimilmente come un beffardo déjà-vu, considerando quello che sta drammaticamente succedendo, ma adesso e però, in piena Europa e a nostro esclusivo danno. Con elezioni europee a breve, e subito dopo un G7 e con una partecipazione storica di Papa Francesco – e per inciso in Puglia e a pochi chilometri dalla Città di S. Nicola – si risveglieranno le coscienze degli italiani per andare al voto scegliendo chi vuole la Pace e una diversa Europa, magari riflettendo sulla opinabile narrazione a “pensiero unico” e filo atlantista delle guerre in corso? E dopo aver riflettuto per bene…quanti, solo semplicemente guardando i costi attuali delle proprie bollette energetiche o facendo rifornimento di carburante, si chiederanno cosa si nasconda veramente sotto la cosiddetta e improcrastinabile “transizione ecologica” che però, nel frattempo, sta già distruggendo la nostra inarrivabile Bellezza e minando la nostra economia?
Enrico Tedeschi