Cause e dinamiche della devianza giovanile attraverso l’analisi di fattori individuali, familiari e di gruppo.
Dal mondo – Lo studio della delinquenza giovanile, considerando l’età giovanile dei soggetti coinvolti, suscita sentimenti contrastanti di simpatia e disprezzo.
Nel solo 2022, secondo dati Istat, sono stati segnalati complessivamente 32.522 minori, un considerevole incremento rispetto agli anni precedenti, quasi eguagliando il picco positivo del 2015. Questi dati evidenziano un aumento effettivo della criminalità minorile negli ultimi anni, ma non in modo esponenziale come talvolta sostenuto, poiché nel 2015 si era raggiunto un picco ancora più alto.
Dal punto di vista criminologico, si è sempre cercato di individuare le possibili cause di comportamenti delittuosi. L’approccio biologico, che considera fattori genetici come cause di possibili difetti, ritardi mentali e predisposizioni alla delinquenza, può fornire un contributo importante ma non esaustivo nello spiegare il comportamento deviante dei giovani.
Una possibile interpretazione potrebbe essere legata alla critica sociale che analizza le cause profonde della delinquenza, oltre a considerarla come una scelta individuale. La società viene vista come un sistema complesso che può favorire o ostacolare il successo individuale, a seconda delle opportunità e delle strutture sociali disponibili. Le condizioni economiche, la disintegrazione sociale e politica, insieme alla mancanza di figure di riferimento positive, sono elementi che possono contribuire alla nascita del crimine.
A contribuire al fenomeno della devianza giovanile vi sono sia le condizioni di vulnerabilità del soggetto più fragile che la discriminazione nei confronti di chi è considerato diverso dalla norma. Secondo la teoria del concetto di sé, esiste una stretta relazione tra la percezione che l’individuo ha di sé e il suo comportamento deviante.
Alcuni teorici sostengono che la convinzione di poter aumentare la propria autostima, fiducia personale e autoefficacia attraverso attività devianti predispone l’individuo a intraprendere una “carriera deviante”. Allo stesso tempo, il coinvolgimento in attività devianti porta ad una rielaborazione del concetto di sé, che tende a consolidarsi in un’identità di “deviante”, processo di etichettamento e interiorizzazione del ruolo deviante che può rafforzare ulteriormente il legame tra concetto di sé e comportamenti devianti.
L’attrazione per comportamenti criminali può essere attribuita al desiderio di appartenenza e accettazione. Molti giovani con bassa autostima e frustrati dai propri fallimenti cercano rifugio in ambienti dove non esistono giudizi e dove la devianza socio-culturale prevale. È proprio attraverso atti criminali che cercano di guadagnare rispetto tra i loro coetanei, ottenere riconoscimento e dimostrare coraggio per affermare la propria indipendenza.
Il senso di coerenza interna di un individuo è fortemente influenzato dalla percezione che egli ha di sé in relazione agli altri significativi nella sua vita. Gli adolescenti, principalmente, sono fortemente sensibili a come vengono visti e giudicati dai loro pari, familiari e figure di riferimento. Quando percepiscono di essere trattati ingiustamente, di essere esclusi o di non essere all’altezza delle aspettative della società, possono sviluppare un senso di inadeguatezza e di mancanza di valore personale. Questo può portarli ad adottare comportamenti devianti come una forma di risposta e di ribellione contro ciò che percepiscono come richieste troppo pressanti e irrealistiche.
Il confronto con gli altri significativi e il bisogno di essere accettati e inclusi nel gruppo sociale sono elementi cruciali per la formazione dell’identità e dell’autostima. Quando questi bisogni non vengono soddisfatti, possono insorgere problemi di adattamento e di integrazione sociale, che possono sfociare in atteggiamenti e condotte devianti.
La delinquenza può essere vista come un meccanismo di autoimpedimento per coloro che si allontanano dalle norme sociali, in altre parole, il comportamento delinquenziale può essere un modo per compensare le carenze nelle competenze sociali e nell’ autostima generale, ma finisce per creare un circolo vizioso che impedisce l’integrazione sociale e il raggiungimento di obiettivi convenzionali.
Uno psicologo canadese noto per i suoi contributi fondamentali alla teoria dell’apprendimento sociale e al concetto di autoefficacia, è Albert Bandura.
La sua teoria dell’apprendimento sociale sostiene che le persone possono imparare nuovi comportamenti osservando gli altri, processo di apprendimento per osservazione definito “modellamento”.
Secondo Bandura, l’apprendimento non avviene solo attraverso il rinforzo diretto, ma anche attraverso l’osservazione delle conseguenze dei comportamenti degli altri. Questo aiuta a spiegare come le persone possono imparare cose senza avere esperienza diretta. Questa teoria riconosce l’importanza dei fattori cognitivi, oltre a quelli ambientali, nell’influenzare l’apprendimento e il comportamento. Egli parla di “determinismo reciproco” tra individuo, ambiente e comportamento.
Bandura tra il 1961 e il 1963, condusse l’esperimento della bambola Bobo coinvolgendo bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Bandura e le colleghe Dorothea e Sheila Ross dimostrarono che i bambini esposti a modelli aggressivi tendevano ad imitare e riprodurre comportamenti violenti, come quelli osservati in un adulto che aggrediva una bambola Bobo. I risultati evidenziarono che l’esposizione a comportamenti aggressivi aumentava la probabilità che i bambini agissero in modo fisicamente aggressivo.
La devianza può essere interpretata come un meccanismo di auto-valorizzazione, in quanto coloro che si discostano dalle norme sociali convenzionali dimostrano competenze sociali limitate nell’adempimento dei compiti socialmente accettati, presentano un’alta autostima specifica, derivante dalla trasgressione delle regole convenzionali, che li porta a sentirsi più coraggiosi di fronte al gruppo, sono attratti dalle gratificazioni immediate e attese del comportamento deviante, trascurando le conseguenze negative e valutano se stessi principalmente in base alle azioni compiute e alle esperienze vissute, utilizzando questi criteri come base per le proprie scelte.
Questa prospettiva suggerisce che la devianza possa essere vista come un modo per compensare le carenze sociali e per ottenere una forma di riconoscimento e autostima alternativa.
La delinquenza non può essere semplicisticamente ridotta a una patologia da curare o a una conseguenza diretta della povertà o di scelte sbagliate, piuttosto, essa rappresenta una condizione esistenziale complessa, in cui l’individuo può vedere nell’attività delinquenziale l’unico modo per affermare se stesso e sopravvivere in un ambiente che sente di non appartenere.
L’adolescenza è un periodo cruciale nello sviluppo della personalità, in cui l’individuo si autovaluta, impara a conoscere i propri limiti e capacità, e cerca di definire il suo posto nella società. In questa fase delicata, caratterizzata da una personalità ancora in via di definizione, la mancanza di adeguato sostegno può portare l’adolescente a compiere scelte di tipo deviante come mezzo per affrontare le sfide e le incertezze del proprio percorso di crescita.
Pertanto, la delinquenza va inquadrata come un fenomeno multidimensionale, radicato in fattori sociali, psicologici e ambientali che interagiscono in modo complesso. Una comprensione approfondita di tali dinamiche è essenziale per sviluppare approcci efficaci di prevenzione e intervento, volti a sostenere i giovani nel loro percorso di maturazione e integrazione sociale.