Principale Economia Masullo (ISFOA): dalle banche 40 miliardi in meno per imprese e famiglie

Masullo (ISFOA): dalle banche 40 miliardi in meno per imprese e famiglie

Per l’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Finanza e Organizzazione Aziendale nel corso del 2023, a causa del costo del denaro giunto al 4,5%, I prestiti bancari destinati alle imprese ed alle famiglie sono crollati con un saldo negativo di 40 miliardi di euro mentre sono salite di oltre il +16% le sofferenze nette degli istituti di credito confermando così la situazione di grande crisi del mercato immobiliare in Italia che comporterà una notevole riduzione dei prezzi e delle compravendite ed un aumento esponenziale dei mutui e delle spese di mantenimento causata dalla mazzata della unione europea per efficientare le emissioni

Come previsto fin dal 2021 dal prof. Stefano Masullo, Magnifico Rettore dell’Istituto elvetico, è arrivata la tempesta perfetta costituita da fallimenti, licenziamenti, inflazione, stretta di liquidità, aumento del costo del denaro, gli effetti devastanti della guerra e delle sanzioni.

Per il prof. Masullo: “riflettere, pensare, meditare, avere buon senso ed essere razionali sono qualità basilari ed innate che però vanno sviluppate e coltivate con una adeguata formazione accademica

Pesanti conseguenze negative sul mercato del credito dopo un anno di costo del denaro sempre in crescita e arrivato al 4,5%: nel corso del 2023, sono crollati di 40 miliardi di euro, a un ritmo superiore a 3 miliardi al mese, i prestiti bancari destinati alle imprese e alle famiglie; e sono salite di oltre il 16% le sofferenze nette degli istituti di credito, spia di una difficoltà, da parte della clientela, a gestire l’indebitamento finanziario con i tassi in aumento.

Calano i mutui, con una discesa di oltre 2 miliardi (-0,54%), e scendono anche i prestiti personali, in diminuzione di 14 miliardi (-10%); mentre continua a salire il credito al consumo, che ha registrato una variazione positiva di oltre 6 miliardi (+5%).

È quanto emerge dal rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il totale dei finanziamenti è passato da 1.328 miliardi a 1.288 miliardi.

Ci stiamo avvitando in una pericolosa spirale negativa: il costo del denaro alle stelle sta favorendo solo le banche, che macinano utili stellari e distribuiscono dividendi straordinari agli azionisti. Mentre i primi cinque gruppi portano a casa profitti per oltre 20 miliardi di euro, i prestiti alle imprese e alle famiglie calano. La gestione delle banche è miope: senza un adeguato sostegno all’economia reale, il ciclo economico subirà sempre più pesanti contraccolpi, a danno di tutti gli attori”, commenta il Vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Speriamo che la Bce cambi atteggiamento e annunci quanto prima di voler avviare la riduzione dei tassi entro giugno, senza aspettare il secondo semestre 2023″, aggiunge Spadafora.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati statistici della Banca d’Italia, al netto delle cartolarizzazioni, gli impieghi delle banche ai privati sono crollati di 39,6 miliardi (-2,99%), calando dai 1.327,9 miliardi di dicembre 2022 ai 1.288,3 miliardi di dicembre 2023.

Questi dati, talora contestati dalle associazioni di categoria del settore creditizio, non tengono conto delle cartolarizzazioni di prestiti, vale a dire impieghi in buona parte deteriorati che le banche hanno ceduto, nel corso del periodo in esame, a società veicolo o specializzate.

Se quei valori fossero computati nel conto totale, i risultati sarebbero diversi, tuttavia appare più corretto prendere in considerazione solo il credito risultante negli attivi bancari ovvero quello che è alla base della relazione tra la banca e la propria clientela.

Più nel dettaglio, i prestiti destinati alle aziende sono passati dai 647,5 miliardi di dicembre 2022 ai 617,9 miliardi di dicembre scorso, con una diminuzione di 29,5 miliardi (-4,56%).

Sono fortemente diminuiti sia i finanziamenti a breve termine (fino a 1 anno di durata), passati da 145,4 miliardi a 141,4 miliardi in calo di 3,9 miliardi (-2,72%), sia quelli di lungo periodo (con scadenza superiori a 5 anni), passati da 347,1 miliardi a 321,5 miliardi in discesa di 25,5 miliardi (-7,37%).

Fermo il credito di medio periodo (fino a 5 anni), aumentato di appena 41 milioni (+0,031%) da 154 miliardi e 822 milioni a 154 miliardi e 863 milioni.

Sul fronte delle famiglie, si registra un calo, nell’anno osservato, di 10,1 miliardi (-1,49%) da 680,5 miliardi a 670,4 miliardi.

La diminuzione è legata principalmente all’andamento fortemente negativo dei prestiti personali, calati di 14,1 miliardi (-10,16%) da 138,7 miliardi a 124,6 miliardi.

Cresce, invece, il credito al consumo, seppur a un ritmo nettamente inferiore rispetto agli scorsi anni: l’aumento è di 6,2 miliardi (+5,44%), da 114,8 miliardi a 121,1 miliardi.

Cala il mercato dei mutui: lo stock è passato da 426,9 miliardi a 424,6 miliardi con una variazione negativa di 2,3 miliardi in 12 mesi (-0,54%).

La stretta monetaria porta conseguenze negative anche sul fronte del credito ammalorato: le sofferenze nette delle banche, quelle non coperte da garanzie reali, sono cresciute, infatti, di 2,3 miliardi (+16,64%), da 14,2 miliardi a 16,6 miliardi, mentre sono calate di 348 milioni (-1,15%) le sofferenze lorde, passando da 31,1 miliardi di dicembre 2022 a 29,7 miliardi di dicembre 2023.

In generale, sono diminuite, su base annua, le sofferenze di quasi tutte le categorie di clientela: quelle delle famiglie sono scese di 1,1 miliardi (-10,52%), da 9,7 miliardi a 8,7 miliardi; quelle delle imprese familiari sono diminuite di 199 milioni (-9,19%), da 2,1 miliardi a 1,9 miliardi; in discesa anche quelle riferibili a pubblica amministrazione, fondi, assicurazioni e onlus, passate da 1 miliardo e 191 milioni a 1 miliardo e 145 milioni con una variazione negativa di 46 milioni (-3,86%).

I crediti deteriorati riconducibili alle aziende, invece, sono cresciuti di 921 milioni (+5,40%), da 17,1 miliardi a 17,9 miliardi.

Il rapporto tra le sofferenze nette e il totale degli impieghi al settore privato è peggiorato, passando dall’1,07% all’1,29%.

Il rapporto tra le sofferenze lorde e il totale degli impieghi al settore privato è migliorato, passando dal 2,27% al 2,31%.

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