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Joyce Cary – Liberi e prigionieri

Lo scrittore di oggi è Joyce Cary, scrittore inglese (1888 – 1958) che fa parte di quella generazione di scrittori inglesi, e non solo, che dopo aver passato gran parte della vita a far tutt’altro, abbandonano il mondo passando a meditare su ciò che hanno vissuto e dar racconto alle proprie avventure.

Dedico questa scheda ad amici che si cimentano in questa nobile arte della narrazione del vissuto.

Difatti la gran parte della vita di Cary si svolse in Africa quale ufficiale coloniale, e qui – esattamente in Nigeria – ricoprì numerosi incarichi, tra cui quello di magistrato e amministratore in Borgu.

Cary iniziò così il suo servizio, come ufficiale africano, seguendo lo stereotipo coloniale, portare cultura occidentale e sviluppo per gli indigeni, ma alla fine del suo lavoro, vedrà i nigeriani come individui tesi ad affrontare problemi difficili, compresi quelli stessi creati dal dominio coloniale.

Quindi è una produzione letteraria matura, ma questo libro di oggi è, quasi e addirittura, una vera gara contro il tempo, contro la morte.

Lo riferisce l’avvertenza che copre le prime pagine del libro, è Winifred Davin che ci riferisce: il libro è scritto negli ultimi tre anni di vita e nell’ultimo aveva già la consapevolezza che non restava che un anno di vita. Ci lavorò fino a quindici giorni prima della fine.

Il libro è stato dunque pubblicato postumo.

Lo assumiamo come una sorta di eredità, in fine dei conti uno scrittore non scrive mai per se stesso.

E poi il tema del romanzo “Liberi e Prigionieri”, ripropone un problema che riguarda l’umanità nella sua esperienza interiore fondamentale;l’autore credeva ad un Dio come persona e lui stesso disse che nessuna Chiesa lo avrebbe mai accettato.

il Sunday Time che gli dedico la copertina ” Cary delinea la scena e incide nella gente … con una meravigliosa miscela di finezza e forza.” .

E’ la forza della scrittura che troviamo negli scrittori del Novecento, e Joyce Cary non è da meno.

Il romanzo ha, quindi, come soggetto la religione, il protagonista è Preddy un guaritore che dirige una squallida conventicola non conformista che le chiese rispettabili guardano di malocchio accusandolo di essere un ciarlatano ed immorale, dal momento che seduce una minorenne di quattordici anni, con la quale ha rapporti intermittenti.

In realtà la sua vita è dominata dalla religione, una fede più intuitiva e pura che indotta da altro.

Il suo antagonista è Syon, un pastore anglicano che conduce una sorta di battaglia per smascherare Preddy, battaglia che lo conduce a rivedere le sue stesse credenze, fino a perdere la fede e lasciare la Chiesa.

Ora li ritroviamo quasi legati dalla stessa credenza di  uno spirito divino e benigno che l’uomo ha il dovere di adorare.

Sono due spiriti liberi che seguono i sentimenti distaccandosi dalle opinioni altrui. In questo senso si capisce il titolo del libro.

Prigionieri sarebbero gli altri, coloro che seguono il conformismo, i luoghi comuni, le opzioni indotte.

Cary si sentiva libero ed in qualche modo la simpatia con la quale descrive il presunto ciarlatano, dimostra che parla un po’ anche di sé.

Per questo motivo, il suo ultimo romanzo è da leggere, perché si comprenda meglio di altri libri, il pensiero personale dell’autore e si entra nel dettaglio psicologico d’azione, nella quotidianità londinese degli anni cinquanta. Ma con un occhio al presente, pieno di ipocrisie, sempre e di prigionieri anziché liberi. Buona lettura

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