Il 29 maggio è l’Otter Day, In vista della Giornata Mondiale della Lontra diffusi in un nuovo report i dati conclusivi del censimento in Italia centro-settentrionale
Il 29 maggio si festeggerà l’Otter Day, Giornata Mondiale della Lontra (Lutra lutra) dedicata ad una delle specie più rare e a rischio della fauna europea e per celebrarla sono stati diffusi i dati definitivi dell’ultima ricerca svolta nel nostro paese grazie al Progetto Lontra, promosso e finanziato dal WWF Italia in collaborazione con l’Università del Molise nella persona di Anna Loy, una delle massime esperte mondiali sulla specie, con il patrocinio dell’IUCN – Species Survival Commission e Otter Specialist Group, e del Gruppo Lontra Italia.
L’evento di presentazione, organizzato dal WWF insieme all’Università del Molise e ISPRA, si è svolto presso il Bioparco di Roma e ha coinvolto una platea formata da esperti del settore, istituzioni e appassionati.
Continuano le buone notizie per questa specie, che negli ultimi anni sta mostrando chiari segni di recupero in tutti i paesi europei: dopo oltre 40 anni dall’ultimo monitoraggio nazionale promosso dal WWF Italia della popolazione italiana di lontra, i nuovi dati raccolti in 12 regioni italiane (Lazio, Toscana, Umbria, Marche, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) nelle aree di possibile espansione dalle aree limitrofe di presenza nota della specie confermano il ritorno della specie sull’arco alpino italiano, in regioni dalle quali era scomparsa per decenni come Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino – Alto Adige, Lombardia e Liguria, mentre per il centro Italia è ricomparsa nel Lazio, nelle Marche e in alta Toscana. Oggi, quindi, abbiamo nuovi nuclei che si aggiungono alla popolazione storica meridionale, che si è mantenuta vitale nel tempo, localizzata in Campania e Basilicata oltre che in Puglia, Calabria, Abruzzo e Molise. La popolazione di lontra in Italia si stima sui 900-1.200 individui, un numero ancora ben al di sotto del limite vitale minimo di 4.000-5.000 individui per considerarla fuori pericolo.
La distruzione degli ambienti fluviali e ripariali è uno dei motivi principali che ha portato la specie sull’orlo dell’estinzione. Purtroppo, i fiumi sono ancora oggi tra gli ambienti più minacciati del pianeta, con oltre il 40% dei fiumi italiani che ancora oggi non presenta un buono stato ecologico secondo i parametri della Direttiva Europea sulle Acque. A parte il Friuli, dove il censimento ha confermato una distribuzione ampia e stabile, le nuove segnalazioni si riferiscono a piccoli nuclei isolati che sono ad elevato rischio di estinzione, come dimostrato dalla piccola popolazione scoperta nel Roja nel 2019 e spazzata via dalla tremenda alluvione che ha colpito questo corso d’acqua ai confini con la Francia nel 2020. Questi nuclei avranno bisogno di essere costantemente monitorati e protetti, anche con interventi che ne favoriscano la rapida espansione nei bacini limitrofi.
Al termine della presentazione è stata anche lanciata una nuova proposta per aggiornare l’attuale Piano Nazionale (PACLO) purtroppo ancora oggi disatteso: tra le azioni suggerite nella proposta del gruppo di lavoro, anche quella di aggiungere la lontra all’elenco delle specie tutelate in 40 nuovi Siti Natura 2000 nei quali la specie è stata rilevata.
SULLE TRACCE DELLA LONTRA
Alla ricerca, oltre ai 12 referenti regionali da sempre impegnati nella ricerca sul campo, hanno contribuito volontari e operatori di altri organismi, come il Corpo Forestale del Friuli-Venezia Giulia, guardiaparco di aree protette e studenti universitari. L’intero team, composto da 40 esperti afferenti a diversi enti, università e associazioni, ha setacciato, per circa 18 mesi di indagini, centinaia di chilometri lungo 35 bacini idrografici del Paese, tra cui Po, Tevere, Tagliamento, Adige, Isonzo, Magra, Arno, Ombrone, Tronto e Liri-Garigliano, in cerca delle tracce di presenza e in particolare dei cosiddetti spraint (escrementi), caratteristici della specie, e monitorando le immagini delle fototrappole, come quelle che svelano un gruppo famigliare nel bacino dell’Isonzo, primo dato certo di riproduzione in quest’area.
Tra i fattori che hanno favorito il “ritorno al nord” della lontra, in primis troviamo lo sconfinamento di esemplari provenienti dall’Austria, Slovenia e Francia, dato che i fiumi sono formidabili corridoi ecologici naturali se si mantiene il loro stato di naturalità. Invece i segnali positivi di Lazio e Marche fanno ipotizzare ad una naturale espansione delle lontre dai bacini confinanti in Campania e Abruzzo occupati da questa specie. Restano invece da comprendere il singolo caso confermato in alta Toscana e il ritrovamento di un esemplare deceduto nel delta del Po in Veneto Per ora nessuna traccia invece in Piemonte (tranne un nucleo reintrodotto con esemplari incrociati con una sottospecie asiatica nel Parco regionale del Ticino), in Umbria e in Emilia-Romagna, anche se in quest’ultimo caso c’è stata qualche segnalazione in fase di verifica. Una delle ipotesi che si sta monitorando è la possibilità che la lontra utilizzi anche il mare per spostarsi da un bacino all’altro della parte peninsulare: sono, infatti, sempre più frequenti le segnalazioni di esemplari che sostano nei porti, nuotano vicino le spiagge o vengono avvistate vicino alle isole. Anche per questo un aggiornamento del Piano d’azione nazionale sarà necessario per aggiornare gli interventi necessari a favorire la dispersione e colonizzazione di nuove aree attraverso la salvaguardia delle aree riparie del basso corso dei fiumi e delle aree costiere tra le foci.
Un ruolo importante per questo ritorno è dato anche dalla presenza di aree protette create in questi anni, tra cui molte Oasi WWF: la sfida oggi è quella di favorire la connessione tra la popolazione vitale del meridione con quella Centro-Settentrionale. Le minacce sono ancora tante: gli attraversamenti stradali che accomunano le lontre, almeno 70 negli ultimi anni investite dalle auto, a tanti altri mammiferi protetti come orsi elupi, la frammentazione e inquinamento dei fiumi e il degrado degli habitat ripariali. La tutela delle specie simbolo della nostra biodiversità è tra gli obiettivi della campagna Our Nature del WWF.
Negli anni ’80 fu il WWF per primo a dare l’allarme sulle condizioni della specie: con il Gruppo Lontra Italia coordinò il primo monitoraggio da cui emerse che solo nel 6% dei 1300 siti monitorati risultava abitato. Da quel momento nacquero Oasi fluviali in aree strategiche come Persano in Campania, Policoro in Basilicata e il sostegno a progetti di tutela più vasti come il parco nazionale del Cilento-Vallo di Diano e Monti Alburni, e un Centro dedicato alla specie a Penne in Abruzzo.
Ora si tratta di facilitare il ritorno spontaneo della specie creando le condizioni idonee al suo insediamento nelle aree di recente e futura espansione.