Proteggere la privacy e la sicurezza dei giovani nel virtuale.
Dal Mondo – Uno dei fenomeni sociali esploso in questi ultimi anni, particolarmente durante il perido pandemico, e molto diffuso oltretutto non solo tra gli adolescenti ma anche ai più adulti, è il sexyting.
La parola sexting deriva dall’unione dei termini inglesi “sex”, sesso e “texting” , messaggiare.
Questa espressione, originariamente utilizzata per riferirsi a messaggi di testo a sfondo sessuale tra adulti, è stata successivamente adottata per descrivere la produzione e la diffusione di autoscatti erotici da parte di minori. Il termine sexting viene oggi utilizzato in ambito specialistico per comprendere una vasta gamma di comportamenti sessuali, che possono avere luogo in contesti diversi e motivazioni differenti.
Se da un lato, il concetto di sexting si riferisce all’atto di una persona che invia ad altri le proprie foto sessualmente esplicite con il loro consenso, dall’altro, sexyting secondario, indica la diffusione non consensuale di materiale pedopornografico ricevuto, spesso con l’intento di danneggiare o umiliare la vittima, come nel caso della “porno vendetta“. Nella forma secondaria sono principalmente coinvolti i minori.
In entrambi i casi, il sexting può avere conseguenze gravi per i minori coinvolti e richiede un’attenzione particolare da parte di genitori, educatori e operatori del settore.
Negli ultimi anni, diversi studi empirici hanno esaminato la diffusione del sexting tra i minori, coinvolgendo anche i giovani adulti. I risultati ottenuti sono stati vari e a volte contrastanti.
Un recente studio condotto negli Stati Uniti nel 2024 ha rivelato che oltre il 30% dei ragazzi tra i 13 e i 19 anni ha ammesso di aver inviato o condiviso messaggi di natura sessuale online, percentuale risultata ancora più elevata tra i giovani adulti. Un altro studio condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che circa il 15% dei minori ha creato o ricevuto immagini a sfondo sessuale, in particolare, il 60% di coloro che hanno prodotto materiale sessuale ha ammesso di aver scattato foto dei propri organi genitali. In Australia, una ricerca condotta su adolescenti ha rivelato che oltre il 50% degli intervistati ha inviato almeno una volta immagini o video di natura sessuale ai propri coetanei.
Da ciò emerge che ancora una volta i ragazzi siano più inclini a diffondere materiale pornografico rispetto alle ragazze.
Anche in Italia, il sexting è una pratica diffusa tra i giovani, spesso alimentata dal desiderio di stupire i destinatari o di seguire le tendenze del momento tra i coetanei.
Il sexting può essere un modo per gli adolescenti di dimostrare amore, fiducia e sentirsi maturi, sia agli occhi degli altri che a se stessi. La pratica si intreccia con l’esigenza di benessere fisiologico e di crescita durante la fase adolescenziale, soprattutto nell’autoerotismo, si evidenzia come il sexting possa essere una forma di autoesplorazione e sperimentazione della propria sessualità, fornendo agli adolescenti una piattaforma per testare e controllare la propria immagine e i livelli di intimità in uno spazio digitale. L’evoluzione della tecnologia ha influenzato il modo in cui gli adolescenti adottano comportamenti autoerotici, utilizzando il sexting come mezzo per sperimentare il piacere sessuale e l’intimità con i propri partner.
A causa della giovane età, coloro che praticano il sexting potrebbero non essere completamente consapevoli dei pericoli che possono derivare da tali comportamenti, specialmente quando le immagini sessualmente esplicite vengono inviate ad estranei. I minori che praticano sexting possono passare facilmente da un momento di svago a una serie di rischi, traumi e pericoli incontrollabili.
Il maggiore rischio del sexting sta nella semplicità con cui le immagini sessuali possono essere diffuse senza il consenso del minore coinvolto, ad un numero indefinito di persone. Una volta che questo materiale esce dal controllo del suo creatore, che sia inviato volontariamente a terzi o che sia perso o rubato da dispositivi mobili o supporti di memorizzazione, diventa praticamente impossibile fermarne la diffusione con probabilità molto alta di cadere nelle mani di individui malintenzionati, che potrebbero utilizzarle per adescare giovani per fini sessuali, ricattarli o molestarli.
Le vittime del sexting spesso non denunciano tali situazioni ai genitori o alle autorità per vergogna, senso di colpa o per timore di ritorsioni da parte dei coetanei che hanno diffuso il materiale senza permesso. Inoltre, se la persona coinvolta è consapevole della natura pedopornografica del materiale prodotto, potrebbe evitare di riferire l’accaduto per paura delle conseguenze legali per sé e per coloro coinvolti nel sexting.
Alcuni studiosi sostengono che il sexting non dovrebbe essere considerato pedopornografia, poiché il coinvolgimento dei minori nella produzione di materiale sessuale non comporta necessariamente sfruttamento o abuso sessuale. Il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha raccomandato agli Stati di non criminalizzare la produzione e lo scambio consensuale di materiali sessuali autogenerati tra minori, purché non vengano diffusi pubblicamente sottolineando inoltre l’importanza di fornire supporto e protezione ai minori vittime di abusi online.
Nel sexting consensuale, non vi è sfruttamento dei minori, a differenza della produzione di pedopornografia che coinvolge adulti che abusano dei bambini. La criminalità nel sexting dipende principalmente dalle circostanze in cui le immagini sessualmente esplicite dei minori vengono prodotte, piuttosto che dal loro contenuto pornografico intrinseco.
È importante sottolineare che se le immagini sono prodotte con costrizione o inganno della vittima minorenne, allora il materiale risulterebbe comunque illegale.
Mentre la pedopornografia solitamente mostra abusi sessuali su minori da parte di adulti, la nozione di pornografia minorile è stata definita in modo più ampio a livello internazionale e nazionale, includendo qualsiasi rappresentazione di un minore coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate.
La Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, adottata il 13 dicembre 2011, definisce la pornografia minorile come qualsiasi materiale che ritrae visivamente un minore coinvolto in atteggiamenti sessuali espliciti, reali o simulati, o la rappresentazione dei suoi organi sessuali a fini sessuali. In base a queste definizioni, le immagini dei genitali di un minore possono essere considerate materiale pornografico minorile se sono prodotte con l’intento di suscitare desiderio sessuale in chi le guarda. Questa direttiva sostituisce la precedente decisione quadro 2004/68/GAI e mira a rafforzare la prevenzione di tali reati e la protezione delle vittime minorenni obbligando gli Stati membri dell’UE a prevedere sanzioni penali nel proprio diritto nazionale per le specie di reato elencate nella direttiva, come l’adescamento di minori per scopi sessuali, lo sfruttamento sessuale e la pornografia minorile
È necessario rivedere e riformulare le leggi sulla pornografia minorile in modo da distinguere chiaramente tra comportamenti innocui e abusi sessuali veri e propri. I minori dovrebbero essere considerati come individui con autonomia sessuale e la legge dovrebbe riflettere questa naturale curiosità e esplorazione della sessualità, senza criminalizzare comportamenti consensuali tra ragazzi.
È essenziale proteggere i minori dagli abusi sessuali, ma allo stesso tempo evitare che vengano danneggiati da sanzioni legali eccessivamente rigide per comportamenti che non comportano danni o abusi.
E’ fondamentale sensibilizzare i giovani sulle potenziali conseguenze negative del sexting e promuovere un uso consapevole e responsabile della tecnologia e della sessualità, al fine di proteggere la privacy, la sicurezza e la dignità dei minori coinvolti.