Quando mori, nel 1997, la nostra autrice, il Corriere della Sera la celebrava come “donna coraggio”
Ricordando la figura di una autrice scomoda, una giornalista difficile da smussare, da tenere a bocca chiusa.
Come riporta il Corriere, già nel 1943, scrivendo sul costume sulle donne dei gerarchi, e mettendo a confronto Claretta Petacci, la clandestina “first lady” del regime, con l’antagonista della rurale “donna Rachele”, si procurò il primo guaio
Nulla in confronto a quelli che ottenne con l’Italia liberata, molti anni dopo, con le inchiesta sul caso Pinelli, il libro di oggi, epilogo di una serie di martellanti articoli usciti sull’Espresso, contro il commissario Luigi Calabresi e i magistrati che, secondo la giornalista, non avevano tutelato Pinelli durante l’inchiesta.
Quando, pochi mesi dopo, Calabresi fu freddato di fronte alla sua abitazione, la giornalista si trovò al centro di dure contestazioni, finendo accusata, dopo la pubblicazione del libro, dall’allora questore di Milano di essere addirittura, il mandante morale dell’omicidio di Calabresi, polemica ed accusa ripresa anni dopo da Sgarbi.
Nel 1978 uscì il suo libro “Giovanni Leone. La carriera di un presidente” che vendette oltre 600.000 copie e che fu determinante nella decisione di Leone di dimettersi da capo dello Stato.
La Cederna perse in tutti e tre gradi di giudizio: fu condannata per diffamazione e fu comminata a lei e al suo giornale L’espresso una multa salata. F
Fu altresì decretata la distruzione di tutte le copie del suo libro.
Riporta il retro di copertina del libro, Feltrinelli, anno 1971, 1000 lire: “Presente fin dalla prima notte ( le notte della menzogna dal 15 al 16 dicembre 1969) e subito convinta che quella della questura doveva essere una versione personale dei fatti, da allora la Cederna è diventata una appassionata testimone del caso Pinelli”.
E’ una Italia che vive tempi bui, quella “Notte della Repubblica” come direbbe Zavoli che con questo titolo fece un inchiesta a puntate sulla Rai.
La Cederna con il suo libro inaugura la stagione della passione degli italiani per la giustizia vera, apre il filone per il giornalismo di inchiesta, d’assalto.
In questo libro, come riporta la presentazione dell’editore, ci sono documenti su quella tragica notte: del 15 dicembre 1969 Pinelli precipitò da una finestra della questura di Milano, dove era trattenuto per accertamenti in seguito alla esplosione di una bomba a nella strage di piazza Fontana che provocò diciassette morti e ottantotto feriti.
Nel libro ci sono interviste, resoconti di udienze del processo Calabresi-Lotta Continua, battaglie verbali e di carta bollata; c’è l’ambiente della questura e c’è quello del tribunale, ci sono magistrati troppo frettolosi e avvocati rissosi, poliziotti, tutti personaggi che sembrano usciti da una commedia del “Così è (se vi pare)” pirandelliano: insomma c’è un “aberrante catalogo messo insieme con disciplina e talvolta persino Humor”.
“Clamorose rivelazioni, ipotesi fantapolitiche? No, soltanto dalla realtà grigia della vicenda.
Dalle subdole manocre d’occultamento, dalle bugie, dai colpi di scena, esplode prepotente una semplice rivelazione: che tutte le tesi ufficiali sono false, che Pinelli non si è suicidato, che la vicenda è una spia della condizione italiana di questi tempi. Pinelli è stato vittima innocente di un gioco più vasto e crudele e ristabilire la verità sulla sua morte, è, secondo la Cederna, un dovere politico e morale”
Su questa vicenda è stato scritto davvero tanto, la vedova di Pinelli, in un blog risponde in una intervista che Luigi Calabresi e Pino Pinelli erano amici e si scambiavano libri; il giudice D’Ambrosio avanza l’ipotesi di un malore dovuto all’interrogatorio e quindi sarebbe un incidente; altri suggeriscono che l’anarchico sia morto per le mazzate subite e quindi gettato per nascondere le prove, ma è solo un ipotesi, come tutte del resto.
Oggi siamo alle prese con la storia, una triste storia, per celebrare una donna tenace e schietta, una giornalista della nuova stagione, antesignana, che con noi e per noi sulla strage, apre una finestra, ma non è “metaforicamente” quella che nel titolo richiama la finestra di Pinelli, ma è quella che si apre sulla verità, l’obiettivo della sua vita al quale aderiamo, ricordandola. Leggete il libro qui
La Rete