Principale Politica …ma non c’è Pace tra gli ulivi. Almeno per ora

…ma non c’è Pace tra gli ulivi. Almeno per ora

Editoriale

In vista delle regionali dell’anno prossimo e a due giorni dal voto che stabilirà chi governerà la Città di S. Nicola e Capitale della Puglia, impossibile non partire ab imis per tentare di fare il punto sia pur parziale della situazione tra propaganda e orientamento degli elettori dopo i risultati del recente voto alle europee, ma non da tutti percepito in tutta la sua importanza (un’astensione del 49,8 % a fronte di un 52 per le amministrative di Bari) per la profonda differenza che ora c’è tra l’Europa di oggi e quella di soltanto 2 anni e mezzo fa.

E cioè prima di questa «3^ guerra mondiale a pezzi». A pezzi come questa «Europa che respirava (benissimo) a due polmoni, uno a Est e uno a Ovest». E in Pace da 70 anni, grazie a quel capolavoro assoluto di geopolitica che pose fine alla Guerra Fredda e dovuto alla illuminata tenacia di Karol Wojtyla. Il “Papa polacco” e fatto Santo col nome di Giovanni Paolo II che ha letteralmente riscritta la Storia della seconda metà del ‘900, ma potendo contare su una Cristianità ancor viva e sentita, al punto da essere percepita, nel solco di quel «se Dio che non ci fosse bisognerebbe inventarlo» come valore civile e fondante della società persino dai laici, Quella Fede che, oltre Roma, aveva pure fatto sì che, nel nome di S. Nicola e con l’aiuto della Politica (premier Giulio Andreotti) Bari divenisse una capitale universale agli occhi del mondo, nel 1990, come “Ponte di Pace fra Oriente e Occidente”, non solo per centralità, quanto e soprattutto perché luogo di incontro e dialogo tra fratelli cattolici e ortodossi di quella che è ancora, e per fortuna, la prima e più importante religione della Terra

Tutta qui, volendola interpretare, la spiegazione della scelta della Puglia, anche per la confermata presenza, addirittura storica, di un Papa, Francesco, a un vertice internazionale di politica, quasi a voler rimarcare, attraverso una sua partecipazione, l’importanza di questo appuntamento in un momento così drammatico e in cui realisticamente è in gioco il destino del Mondo. E dove, extrema ratio, «un movimento dal basso per la Pace» citando Canfora (v. BariSera 12/7/2022) e magari sotto le insegne e per iniziativa della Chiesa, potrebbe anche risolvere il pasticcio internazionale, a concreto rischio guerra nucleare, da cui praticamente tutti i principali attori della politica mondiale forse cominciano a valutare l’opportunità di uscirsene senza troppi e ulteriori danni.

Un re sempre più nudo, nonostante il pervicace battage ideologico a conduzione dei padroni quasi assoluti dell’informazione e dei network occidentali, è sempre più evidente la necessità di fermare tutto prima di una inevitabile catastrofe che possa cancellare l’Umanità: alla luce di una Realpolitik che non concede sconti a fantasie e mistificazioni, infatti, impossibile non realizzare tutti i rischi connessi a questo nuovo ordine mondiale a “pensiero unico” già avviato e verosimilmente voluto dalle famose Corporation’s, ossia le lobby finanziarie che dominano il Pianeta e  che condizionerebbero non poco pure Usa, Regno Unito e, di conseguenza, anche la nostra «subalterna Europa». Il che si potrebbe tradurre, in poche parole e nell’arco di pochissimo tempo, in un “Occidente democratico” opposto praticamente a un famelico “resto del Mondo”, fatto di oltre 2 terzi della popolazione globale, detentore della maggior parte delle risorse del Pianeta e pericolosamente armato fino ai denti. Quella BRICS che si sta rafforzando sempre più anche con preoccupanti alleanze militari, ma che uno stop alla guerra in Ucraina e un progressivo ritorno a un più o meno “status quo ante bellum” potrebbe anche fermare o quantomeno ridimensionare prima che diventi un mostro di dimensioni incontenibili per chiunque.

Giusto un memento e un riassunto di quanto più ampiamente spiegato e approfondito a evento appena iniziato (v. Il Corriere PL.it del 14 u.s, “La Meloni il G7 e queste Europee in Puglia e a Bari”) a consuntivo si può anche affermare che è un successo personale e internazionale quello raccolto dalla nostra premier Giorgia Meloni e che ha credibilmente rilanciato anche il ruolo centrale che spetterebbe più che di diritto all’Italia, come Paese geopoliticamente più importante del Mondo, quale è a tutti gli effetti e soprattutto nell’attuale frangente. Non del tutto arbitrario, ora, credere che, tenendo fede al suo slogan «Con Giorgia, l’Italia che cambia L’Europa», davvero qualcosa cambi, visti anche gli scenari in evoluzione negli altri due maggiori Paesi fondatori dell’UE (Francia e Germania) e si vada finalmente nella direzione giusta e dettata da una sana Realpolitik che guardi ai bisogni primari e concreti di tutti gli Stati membri.

E cioè nella direzione di un’Europa che, se rifondata in base ai suoi comuni fondamenti culturali e rispettosa delle singole identità nazionali, ma soprattutto se veramente libera da gioghi ideologici e condizionamenti esterni che ne limitino autonomie e scelte, sarebbe il primo e più importante continente della Terra sotto tutti i profili. Nonché quell’ ago della bilancia degli equilibri internazionali già ampiamente collaudato nei 70 anni di Pace di cui abbiamo goduto: quando l’Europa, praticamente “terza” tra Usa e Russia, funzionava perfettamente come teorica forza di frapposizione e deterrenza non solo tra queste due superpotenze, ma anche nei confronti di qualsivoglia altra grande Nazione della Terra che avesse voluto decidere di imporre con la forza il suo dominio sugli altri.

Cioè, volendo fissare una data convenzionale, un’ Europa Felix almeno fino a 2 anni e mezzo fa: quando, visto che siamo in periodo balneare, l’ “ombrello” della Nato, di anno in anno sempre più ombrellone, stava diventando un vero e proprio gazebo fisso ai suoi confini… e dunque una Russia amica, che ci dava energia e grano non Ogm in cambio di tecnologia e inondava di valuta il nostro mercato del lusso, è finita nel cadere nella famosa “Trappola di Tucidide” che una opinabile narrazione filo atlantista ha trasformato in un tentativo, tutto da dimostrare, di volontà di rinascita dell’ex impero sovietico.

Tutta un lunghissima premessa, questa, a 2 giorni dal voto per Bari e seria ipoteca per le regionali dell’anno prossimo, ma che potrebbero trovare spaccata in due la Puglia per il pronostico che vedrebbe favorita a Lecce l’ex senatrice Adriana Poli Bortone mentre a Bari, viribus unitis con l’altro candidato della sinistra Michele Laforgia e stando ai numeri, dovrebbe essere scontata l’elezione a primo cittadino di Vito Leccese; anche se non diamo come gli altri praticamente quasi sicura al 100% la sua vittoria perché, sebbene la efficientissima macchina della propaganda capillare e organizzata della sinistra ha dimostrato tutta la sua efficienza in queste elezioni, anche per il boom di consensi  registrato dall’ormai eurodeputato Antonio Decaro, resta sempre l’incognita di una quasi metà popolazione di astenuti cui sommare i tanti finora non raggiunti dalla nutrita schiera di   parlamentari pugliesi di destra e anche in importanti ruoli apicali. Senza contare il fronte sparso di quei pacifisti che, usciti con le ossa rotte da queste elezioni cittadine, potrebbero – come abbiamo pure scritto – cercare ora sponde più sicure pensando alla Pace come obiettivo concreto e possibile solo se sostenuto dal Governo oltre che dalla Chiesa. Adesso, come ne “I basilischi” dell’indimenticabile Lina Wertmuller, « la risposta fra tre giorni », Ma nell’attesa del responso delle urne non possiamo che fare un augurio bipartisan di un «Vinca il migliore!» tanto a Vito Leccese che a Fabio Romito. Augurandoci di aver dato qualche utile spunto di riflessione utile a chiunque poi occuperà il posto di Primo Cittadino, non ci resta che sperare che questi possa mettere in cima alle priorità anche quella di fare ogni sforzo possibile con la Politica e la Chiesa affinché Bari ritorni a essere quella Capitale Universale della Pace, come nel 1990, nel nome di San Nicola, e pregando il Vescovo di Myra di fare adesso quel miracolo che la cecità degli uomini gli impedì allora.

D’altronde difficile aspettarsi risposte chiare e definitive anche da questo G7 che, un grande Risiko ma reale, è sempre una partita a carte coperte tra avversari che si studiano e ognuno col suo piano segreto nella testa per vincere. Poiché poco o nulla è uscito di veramente concreto sul tema della Pace, e vista la bellezza della Puglia protagonista con i suoi ulivi, non ci resta che concludere con una chiosa ad effetto che richiami pari pari il titolo di questo articolo: Un successo anche della Puglia questo G7 …ma non c’è Pace tra gli ulivi. Almeno per ora.

Enrico Tedesc

 

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