Lo stabilimento Ilva cosi come lo conosciamo oggi è destinato a cambiare. C’è chi lo vorrebbe più piccolo e decarbonizzato e chi, come noi, chiuso
La fabbrica è ormai ridotta ai minimi termini.
Impianti al collasso e in stato di pericolosità poiché scarsamente manutenuti, una produzione ai minimi storici e l’inquinamento che continua ad essere costante, ed in alcuni casi, paradossalmente persino ad aumentare, come dimostra il trend sulle emissioni di benzene negli ultimi anni.
Emissioni, che, seppur nei limiti di legge, secondo la Asl di Taranto “non garantiscono l’assenza di rischi per la salute umana”.
Ed ancora, una azienda in perdita, antieconomica, un buco nero in cui i governi, negli anni, hanno letteralmente bruciato miliardi nella speranza di tenerla in vita e che continua a sottrarre fondi al territorio, come quelli destinati alle bonifiche. Il tutto, con la notizia di un nuovo aumento dei cassintegrati.
In questo quadro la politica, locale, regionale e soprattutto nazionale, dovrà interrogarsi ed agire di conseguenza.
E allora bisognerebbe chiedersi, come si può considerare ancora strategica questa fabbrica? A chi giova tenerla in piedi? Ma soprattutto, quante cose avremmo potuto realizzare con i fondi sperperati in tutti questi anni?
La sentenza della Corte di Giustizia Europea ha dimostrato ancora una volta, qualora ce ne fosse ancora bisogno, data la oramai vasta letteratura scientifica, i dati sull’inquinamento e le molteplici sentenze, che la giustizia arriva sempre più spesso dai tribunali e sempre meno dalla politica. Una industria che non è riuscita ad ottemperare all’Aia nonostante le continue proroghe, che continua ad inquinare mettendo a rischio la popolazione e che attualmente non ha nemmeno una autorizzazione per produrre, deve chiudere, non può restare aperta!
Sarebbe cosa buona e giusta non continuare a prorogare le scadenze, aggirare l’ostacolo o imbavagliare la magistratura a suon di decreti, quello che viene sentenziato nelle aule dei tribunali, ma di provare ad essere coraggiosi e prendere una decisione netta.
Abbiamo l’occasione storica dopo sessant’anni di chiudere la fabbrica, di svoltare e porre fine alla sofferenza di una intera città emancipandoci dalla monocultura dell’acciaio una volta per tutte.
Come Europa Verde, la nostra proposta è la stessa da anni. Utilizziamo i fondi del JTF per creare nuove opportunità lavorative e diversificare l’economia della città e reimpieghiamo i lavoratori per smantellare gli impianti, ormai a fine vita, bonificare e decontaminare i terreni inquinati.
Nel frattempo, la si smetta di raccontare bugie agli operai, di parlare di finte transizioni ecologiche, di decarbonizzazione e di rilancio della produzione, che per Ilva non possono essere attuate, se non continuando ancora con le fonti fossili e con migliaia di licenziamenti.
La politica e i sindacati prendano atto della situazione, e tutti insieme abbiano il coraggio di porre la parola fine e di guidare questo processo, che diversamente potrebbe rivelarsi un vero e proprio disastro sociale.
Antonio Lenti – Consigliere Comunale Europa Verde – Taranto