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“La baraonda”

La sofferenza di una persona disordinata
Dal Mondo – Il disordine di cui ci si lamenta, spesso, in casa e che fa parte della routine domestica non deve far temere i lettori.
E’ pur vero che c’è disordine e disordine.
Vi sono, infatti, disordini di grado lieve e moderato, dove gli oggetti sono sparsi su varie superfici, e disordini gravi e severi, in cui le cose occupano grandi spazi, come i pavimenti, oppure i panni puliti si mescolano con quelli sporchi.
Di conseguenza, il disordine può essere anche utilizzato funzionalmente come un indicatore psico-emozionale comprensivo di alcuni disturbi psicologici, tra cui la depressione, l’accumulo compulsivo e altri disordini di tipo psicotico.
Inoltre, il disordine diviene, purtroppo, un fattore che condiziona fortemente le scelte personali. A dispetto di quanto accadde nel 2013, quando fu mal interpretata la ricerca condotta dalla studiosa Kathleen Vohs e i suoi allievi presso l’Università del Minnesota, in cui il disordine, secondo la studiosa, non era indicativo una personalità creativa, quanto mezzo per poter produrre creatività, laddove si fosse lavorato per raggiungere ordine ed equilibrio, il disordine comprometteva le scelte alimentari, promuoveva un atteggiamento ansioso e meno incline alla generosità e causava una vita disfunzionale nei soggetti che lo perpetuavano e intervistati durante la ricerca. 
Insomma, il disordine era di coloro che sopravvivevano alla loro esistenza e non godevano mai di esperienze significative e che li avrebbero condotti al di fuori del loro ambiente nocivo.
Il disordine, però, non provoca solo irrequietezza nelle persone, bensì riflette un caos logico e di orientamento, che impedisce di assumere scelte corrette e non troppo avventate.
La persona disordinata cela i propri limiti, soffoca i dispiaceri, cuce malamente le ferite al cuore più profonde e soffoca quei sogni tanto bramati e mai del tutto raggiunti. Ad esempio, gli oggetti abbandonati in giro per la stanza rappresentano, simbolicamente, l’insieme delle questioni irrisolte e in sospeso, che ancora non sono state contestualizzate.

Il disordinato non programma la sua vita, ma cerca di affrontare alcune situazioni senza impegnarsi mai realmente, con responsabilità e passione. Questo serve anche a combattere il dolore, se non addirittura a evitarlo; un meccanismo inconscio che permette di gestire quelle sofferenze che, invece, di essere affrontate, sono rinnegate ed evitate.

In altre parole, lo scegliere “di non fare” protegge, non fa avere rimorsi, non fa vivere delusioni e sensi di colpa e, ancora una volta, vela l’aspettativa di appagamento e un investimento affettivo-cognitivo, a cui auspica ogni singola persona.

Il disordinato, d’altra parte, ha un passato duro e molto traumatico: solitamente, è un bambino che è stato costretto a crescere molto in fretta, non ha avuto spazio e né tempo per strutturare il suo sé e la sua identità dipende fortemente dal caso. In questo frangente, non è mai stato possibile auto-affermarsi, poiché ogni tentativo era bocciato e denigrato.

L’ordine, perciò, si ottiene solo se lo si pratica ogni giorno e sforzandosi tanto fisicamente quanto psicologicamente. Ad esempio, ci si potrebbe esercitare nello scegliere cosa conservare, cosa gettare e cosa donare e incrementare così il coraggio di esporsi in prima persona, portare avanti delle scelte e non aver paura di deludere gli altri. 

La voglia di cambiamento, quindi, produce fiducia in sé stessi, ottimismo e permette di aprirsi alla vita!

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