Straordinaria la mostra allestita all’interno del Castello di Mesagne in occasione del G7 e che accoglierà i visitatori sino al 30 di novembre.
Non solo bellezza e arte, ma le voci del tempo nella mostra “G7, Sette secoli di arte italiana”.. Una mostra curata sapientemente dal prof. Pierluigi Carofano e realizzata, a livello organizzativo, –nell’ambito del Protocollo di Puglia Walking Art – da Micexperience Rete d’Impresa, con enti promotori quali il Comune di Mesagne e la Regione Puglia, in collaborazione con il Ministero della Cultura.
Un evento straordinario che annovera ben 51 dipinti che rapiscono il visitatore, lo stupiscono, proiettandolo nell’universo dell’arte italiana.
Un corridoio temporale, lungo sette secoli, da percorrere attraverso gli orizzonti socioculturali di ogni singola epoca. Di ogni singolo periodo.
Dal ‘300 in poi, fino ai nostri giorni, la vita, la storia l’humus culturale di ogni artista ci parla del suo tempo , trasmettendoci i significati più reconditi di esso.
L’arte, non solo bellezza, ma narrazione
Che l’Arte abbia avuto un ruolo significativo nella narrazione storica di un periodo, di una società, è un concetto acquisito, ma all’interno della splendida cornice del Castello di Mesagne, si percorre la storia di sette secoli. E l’emozione si fa parola, vibrazione empatica, grazie al valido allestimento e alla scelta dei dipinti che raffigurano ciascuno uno spaccato sociale, ma anche la visione di ogni singolo interprete di una realtà che sa essere crudele, come nella pittura graffiante di Artemisia Gentileschi, ma anche onirica, come in Leonardo.
E’ questo genio dell’Arte italiana infatti che sa cogliere il mistero del reale che non ha una dimensione oggettiva, ma si sfuma, si colora nella percezione individuale.
A Mesagne, si percorre il tempo
In questo allestimento il visitatore comprende il cammino, il significato del tempo , narrato dalle innovazioni e dalle intuizioni di ogni singolo artista.
Da Giotto in poi, infatti l’uomo scopre la sua identità, si libera dall’oppressione del peccato e cerca il divino nella quotidianità. Un divino che si fa umano già nel ‘400, grazie alla pittura di Leonardo, ed assume un sua plasticità corporea nella splendida stagione del Rinascimento.
La bellezza torna ad essere protagonista e l’artista ne coglie il messaggio più profondo che è quello della perfetta Armonia. Armonia non solo celeste, o legata agli schemi imposti da un clericalismo cogente, ma pace interiore.
E se i demoni interiori di Caravaggio e dei suoi seguaci, come la Gentileschi, si fanno voce nella pittura, essi esprimono la condizione degli ultimi o delle donne in società che emarginano e condannano.
Si arriva gradualmente alla ricercatezza settecentesca per perdersi nel vedutismo del Canaletto, che non è solo raffigurazione realistica della bellezza di paesaggi, ma è contemplazione appagante estatica. E’ la percezione visiva dell’anima che trova nel bello linfa vitale, nutrimento.
Poi il cammino prosegue e l’800 spalanca le sue porte, con i suoi mutamenti sociali, con le sue contraddizioni. La donna diviene protagonista. Spavalda, sicura di sé, come nei ritratti di De Nittis e di Boldini.
E’ una donna che esprime una condizione sociale certamente privilegiata, come quella della ricca borghesia, ma che è pronta a farsi paladina delle rivendicazioni future del ‘900.
L’artista non dipinge quasi più dipinti sacri. Indubbiamente è ancora schiavo delle ‘commissioni’, ma è già in fieri un percorso duro, irto di ostacoli, che lo renderà libero.
Giungiamo così alla lettura totalmente innovativa di Dante e Beatrice, fatta dal nostro conterraneo Roberto Ferri. Una lettura che fotografa in una nudità disarmante e sensuale il desiderio, la passione tra questi due protagonisti della nostra letteratura.
E Ferri, con l’immediatezza della sua pittura, ci presenta i due amanti, avvinghiati, persi in una carnalità prorompente. Poi, l’emozione, la riflessione
Storditi, ma felici
In questo percorso, attraverso le sale storiche di questo maniero di Mesagne, le parole vibranti dell’Arte producono sensazioni, emozioni appaganti e ci si allontana, indubbiamente scossi, ma felici da questa mostra che riporta la Puglia al ruolo che le compete. Quello di protagonista dell’Arte e della cultura italiane..