Editoriale
Non certo lo stesso teatro gremito soprattutto di giovani “colorati” (anche in senso politico) come quello di altre manifestazioni, è un Petruzzelli pieno di un pubblico elegante – come per gli appuntamenti delle sue famose “Stagioni” – quello che abbiamo visto in sala in questa intensa “due giorni” targata Porro… e quasi l’immagine plastica, e in scala, delle due Bari diverse e parallele che ormai convivono insieme come dei separati in casa.
La Bari della movida notturna, dei Festival, dei “Gay Pride” e dell’inaspettato boom di sinistra alle ultime consultazioni recenti – ma praticamente assente o defilata in questa occasione – e l’altra: quella invece presente a questo evento, ma certamente più coerente con la vera Weltanschauung di questa universale “Città di S. Nicola”, imprenditoriale e ancora fedele ai suoi valori più tradizionali e cristiani.
A dimostrare questo dualismo cittadino, peraltro, l’assenza ufficiale di qualsivoglia figura istituzionale barese o pugliese anche per un semplice saluto della Città o della Regione, quantomeno come dovuto segno di rispetto a un ospite come un Ministro della Repubblica e, per di più, di un comparto importante della Puglia, sì della Xylella, ma anche dei vini e degli olii che stanno conquistando il mondo. Così a “La Ripartenza, liberi di pensare” appena conclusasi sabato scorso e, dunque, all’insegna di un più naturale e ricostituito binomio tra Cultura e Teatro, intendendo la prima nel suo significato più pieno e assoluto, e il secondo anche come luogo di eccellenza e di incontro, e dunque perfetto per un dialogo tra la migliore società civile e quella cittadinanza attiva nei settori più vitali dell’economia di territorio e nazionale.
Alla sua settima edizione, con un tema portante come il Made in Italy dunque una “Ripartenza” ineludibile, questa che il sempre brillante Nicola Porro ha felicemente condotto proponendo anche qui uno spaccato puntuale e completo del nostro Paese, e praticamente pure alla vigilia delle importanti decisioni che l’Italia deve prendere a Bruxelles in vista delle sfide che l’Italia deve affrontare in Europa e poi col Mondo. Un cartellone di appuntamenti indiscutibilmente di primissimo piano (v. Corriere PL.it del 12 u.s.). Impossibile esserci a tutti, anche per poter tener fede a quel nostro «veni, vidi…scripsi» che è la regola di un fotogiornalista che voglia cercare di essere tale. Ci limiteremo perciò a parlare, in sintesi, di quegli incontri cui abbiamo potuto assistere: come la tavola rotonda assolutamente esaustiva sotto ogni profilo su «Trasporti e multinazionali» di venerdì scorso con nomi in agenda del calibro di Claudio Costamagna, Matteo Del Fante, Marco Hannappel, Emiliana Limosani, Alessandro Panaro e, menzione a parte, un Luigi Cantamessa, che, al di là della sua ferratissima preparazione professionale anche su ogni minimo dettaglio tecnico, è pure riuscito, con il suo racconto delle «Ferrovie del cuore e della memoria», a coinvolgere tutto il pubblico presente, spiegando come un viaggio in treno, oltre che volano di turismo, è anche un viaggio emozionale non solo alla scoperta di nuovi posti, ma anche come occasione dei più imprevedibili, coloriti incontri.
Discorso a parte per sabato. E con un pomeriggio che si è aperto con una sala piena, come sempre avviene quando c’è lui, per una lectio magistralis di Vittorio Sgarbi sulla scorta del suo ultimo e ancora fresco di stampa “Arte e Fascismo”, con tanto di sovra e sottotitoli a spiegare ed evitare equivoci – o peggio una strumentalizzazione di cui è vittima costante e privilegiata in particolare della sinistra – come l’Arte è e rimane Arte, a prescindere da tutto e tutti: qualcosa che come tale deve essere valutata e interpretata persino sorvolando sul camaleontismo opportunistico, svelato dal libro, di molti dei più celebrati autori del dopo guerra. A seguire subito dopo Sgarbi, di scena sul palco Albiera Antinori, Gianluigi Cimmino, Antonio D’Amato e Andrea Illy, per una spiegazione a 360°e dalle angolazioni più disparate di quel miracolo tutto italiano del “Made in Italy” che, per fortuna, ancora regge alla concorrenza persino sleale degli altri Paesi e, anzi, riesce addirittura a crescere in uno slalom tra le insidie dei suoi tanti competitor internazionali, e gli ostacoli posti dai nostri cosiddetti partner europei. Quanto ha poi ulteriormente spiegato, in una sintesi chiarissima degli obiettivi di Governo, Francesco Lollobrigida: l’ospite più atteso e Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare tornato a Bari apposta (dopo aver rappresentato i nostri interessi anche al recente G7 in Puglia) per chiudere in bellezza questa felice e riuscita kermesse al Petruzzelli a firma del comunque sempre pugliese Nicola Porro.
A precedere il ministro Lollobrigida, e volutamente lasciato a chiosa di questo report, l’appuntamento per noi imperdibile proprio per aver proposto da queste pagine e uscito appena quel giorno stesso (v. “Guardando “oltre” e alle Regionali, il centro destra al contrattacco”) un nostro articolo che faceva quasi pendant, per i suoi contenuti, con quanto in scaletta a metà pomeriggio: un panel dal titolo “Chi comanda in Europa”, dedicato all’analisi della situazione politica anche alla luce dell’ultima tornata delle elezioni europee. Ma soprattutto una preziosa occasione per ascoltare alcuni tra i più importanti direttori di testate o conduttori televisivi non certo ostili all’attuale Governo, come praticamente a prescindere – diciamocelo chiaro – la maggior parte dei media nazionali, peraltro pressoché “allineati e coperti” sulle posizioni politically correct, eco green e filo atlantiste del mainstream globale e corrente che imperversa anche sui social. Sul palco con Porro, Giuseppe Cruciani, Veronica Gentili, Alessandro Sallusti, e il sempre sanguigno e seguitissimo Mario Giordano… più che prevedibile che il tema di una Pace da cercare ad ogni costo e – sintetizzando – «senza necessariamente aspettare le elezioni Usa e Trump» ha finito col dominare la scena, accompagnato dalle perplessità, diplomaticamente sfumate o chiaramente espresse, circa l’opportunità di un sostegno italiano a una rielezione di una Ursula von der Leyen alla guida di un’Unione Europea frammentata e divisa che, alla luce della Realpolitik, sta rivelando tutti i suoi limiti, in particolare a partire da questa guerra in Ucraina, di visione geopolitica e anche, se vogliamo, in termini di autonomia decisionale.
Cena di fine evento in un ristorante sullo splendido lungomare di Bari, all’amaro finale ci ha però pensato la notizia appena rimbalzata da oltre oceano di un attentato praticamente simile a quello con cui fu assassinato John Fitzgerald Kennedy – giusto per citare il più famoso – ai danni di quel Donald Trump che, in campagna elettorale negli Usa, ha pur ufficialmente promesso solennemente che: «non appena sarò rieletto Presidente degli Usa la guerra in Ucraina finirà il giorno dopo». Intelligenti pauca, fermiamoci qui, anche per non ripetere cose dette e ridette su immigrazione, guerra, Bari “Capitale Universale della Pace”… ma giusto con una riflessione finale: vuoi risolvere un enigma, anche il più difficile? La prima delle domande che devi porti è: «Cui prodest?».
Enrico Tedeschi