“Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.”. P. Borsellino
Palermo – Erano circa le 16:58 del 19 Luglio 1992 quando il Giudice Paolo Borsellino, dopo aver pranzato con la famiglia, si recò in Via D’Amelio, dove abitavano la madre e la sorella, per una breve visita. Proprio in quel momento, una Fiat 126 imbottita con circa 90 kg di tritolo saltò in aria, causando una devastante esplosione.
L’impatto fu terribile. Il giudice Borsellino, che si trovava a pochi metri dall’autobomba, fu sbalzato in aria e morì sul colpo, insieme agli agenti della scorta che lo proteggevano, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Un sesto agente, Antonio Vullo, rimase gravemente ferito, riuscendo a sopravvivere.
La strage di Via D’Amelio avvenne solo 57 giorni dopo l’assassinio di Giovanni Falcone, altro Magistrato simbolo della lotta alla mafia. Entrambi gli attentati furono rivendicati da Cosa Nostra, in un atto di ritorsione contro lo Stato per le condanne inflitte ai boss mafiosi grazie al maxiprocesso di Palermo.
Le indagini sulla strage furono lunghe e complesse, ma grazie al lavoro della Procura di Palermo e della Polizia di Stato, diversi esponenti di Cosa Nostra, tra cui Giovanni Brusca, furono assicurati alla giustizia.
Nonostante il dolore e la rabbia per la perdita di vite innocenti, la strage di Via D’Amelio non piegò lo Stato nella sua lotta contro la mafia, anzi, divenne un simbolo ancora più forte dell’impegno per la legalità e la giustizia.
Affinchè la memoria di Borsellino e degli agenti della sua scorta resti viva come monito a non cedere mai di fronte alla criminalità. Onorando chi ha perso la vita nella lotta contro la mafia, si rende omaggio alla resilienza e al coraggio dei Giudici Falcone e Borsellino.