Principale Politica La politica “equestre”

La politica “equestre”

Caligola, uno dei molti imperatori romani dalla pessima reputazione, era noto per il suo carattere volubile e dispotico, che alla fine lo portò ad essere assassinato.

Dopo la sua morte si scrissero numerose storie sui suoi capricci e follie; una delle più famose, se prendiamo per buone le fonti romane, è quella che riguarda la sua intenzione di far diventare console il suo cavallo.

L’imperatore amava il suo cavallo con la stessa intensità con la quale disprezzava i senatori romani, ai quali mostrava il suo sdegno in ogni occasione. Secondo lo storico Svetonio, in diverse occasioni Caligola espresse la sua intenzione di nominare Incitatus console e sacerdote, certamente per mettere in ridicolo i senatori e dimostrare che il loro ruolo e la loro reputazione gli importavano assai poco e che un cavallo avrebbe potuto svolgere perfettamente le stesse loro funzioni (!). Insomma, sebbene non si sappia con certezza se Caligola avesse effettivamente intenzione di “promuovere” il suo cavallo, quel che è certo è che non ne ebbe il tempo: fu assassinato dalla propria guardia pretoriana dietro istigazione di alcuni senatori. (Storica – National Geographic)

Dopo più di duemila anni, la fortuna politica di un soggetto passa ancora oggi dalla “benevolenza” dei pretoriani di turno, i quali guardano alla “visibilità” o alla “influenzabilità” del candidato senza alcun riguardo alle capacità di quello, né politiche né professionali e, men che meno, morali.

La candidatura offerta a “Cicciolina” dal Partito Radicale aveva proprio la funzione di sottolineare l’improbabilità di certe candidature sotto il profilo delle competenze e l’elezione della pornostar fu il definitivo suggello della morte della politica come impegno sociale e sostenibilità del principio della capacità amministrativa (anche se l’eletta si dimostrò ben più presente in aula di molti politici professionisti!).

Le ultime elezioni al Parlamento Europeo (ma anche molte altre al Parlamento Italiano) hanno visto candidati personaggi improponibili sotto il profilo umano e incompetenti, quando non pregiudicati o in attesa di processo; tuttavia il vero problema è che molti di questi sono stati eletti, non si sa se a dimostrazione del livello fognario del senso civico degli elettori o (al contrario) per rafforzare il distacco dalla politica “parlata”.

Eppure, il lavoro da fare è ancora oggi immane, sol che si guardi alla mancata realizzazione dei principi costituzionali dopo oltre settantacinque anni dalla data di entrata in vigore della Costituzione Italiana.

Il principio di uguaglianza formale impone al legislatore un programma politico e giuridico di trasformazione sociale e di garanzia del mantenimento delle condizioni dello sviluppo delle singole persone, principio che resterebbe una mera enunciazione teorica se l’art. 3 Cost. non prevedesse il concreto impegno politico, economico e sociale dello Stato finalizzato se non a livellare i salari, ma almeno a ridurre le distanze reddituali tra gli individui per realizzare le effettive condizioni di uguaglianza. Dal momento che non è sufficiente annullare le disparità giuridiche senza poter rimuovere gli ostacoli di ordine economico-sociale che, oltre che di diritto, anche di fatto impediscono l’inserimento e la partecipazione di tutti alla vita del Paese:  la nostra Costituzione affida alla Repubblica il compito di intervenire per rimuovere siffatti ostacoli, affinché tutti godano di pari opportunità accedere indistintamente a determinate utilità sociali, quali l’istruzione (art. 34), la salute (art. 32), il lavoro (art. 38).

Ciò significa che il legislatore è tenuto a ricorrere ad azioni positive (affermative actions) per impedire che la lingua, il sesso, la religione etc., diventino causa di una discriminazione di fatto compensando situazioni di svantaggio che se perdurano annullano in radice i principi dello Stato sociale. (La Legge per Tutti web).

Cosa è stato fatto effettivamente per dare seguito ai principi costituzionali?

Certo oggi siamo mediamente tutti in grado di pagare un affitto, anche se la sacca di povertà si va allargando (povertà relativa, se paragonata a molti Paesi realmente “poveri”), ma l’Italiano medio è stato portato a pensare – ed agire – facendo più di quello che veramente si sarebbe potuto permettere, in una illusoria fase di benessere indeterminato nel tempo, quasi come Pinocchio nel Paese delle Meraviglie, trovandosi di fronte a sfide economiche difficilmente superabili per l’enorme peso debitorio accumulato dallo Stato negli ultimi cinquant’anni.

La crisi economica mondiale della fine del primo decennio del millennio e, di poi, il COVID hanno ancor di più evidenziato la mancanza di programmazione e di strategie economiche di medio e lungo periodo della politica italiana, ormai preda “del momento” e non della progettazione di un futuro migliore per tutti. Non è – purtroppo – una questione di collocazione politica, ma di mancanza di Statisti nell’eccesso di politicanti.

Rocco Suma

foto Confagricoltura

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