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Ritorno al passato: le vacche sacre calabresi  

di Maria Grazia Massimiani

La leggenda induista racconta che il re Prithu minacciò la Terra di nutrire il suo popolo. Questa decise di trasformarsi in una vacca, pur di risparmiarle la vita, nutrendo cosi il popolo grazie al suo latte. La Terra diventa Madre.

Nulla di più lontano dalle vacche sacre calabresi. Il fenomeno che da anni imperversa nella regione è emerso con prepotenza durante il processo Rinascita-Scott di Nicola Gratteri.

Le vacche calabresi sono animali lasciati liberi di vagare nei terreni, nelle strade causando danneggiamenti enormi dove passano. Rese selvagge da quella libertà di circolare sono estremamente difficili a essere catturate. Tanto pericolose da causare incidenti stradali e ferroviari. Basti ricordare l’episodio del 2014 a Bovalino, dove un treno in corsa travolse due vacche che circolavano liberamente lungo le rotaie, episodio che mandò in tilt il traffico ferroviario per ore. Altri due grandi incidenti ferroviari furono causati nel 1987 e nel 1992. Senza pensare ai danneggiamenti alle colture. Nel 2017 a Polistena le vacche si aggiravano tranquille nel cimitero cittadino causando il panico.

Si racconta che uno dei boss del Vibonese, Peppone Accorinti, ridesse alle notizie di danneggiamento nei campi.

Le vacche sacre appartengono ai boss della ‘ndrangheta a cui è stato permesso per anni di circolare liberamente, per paura e rispetto. La ‘ndrangheta da holding finanziaria europea rimane ancorata alle sue origini, alla sua tradizione di mafia bucolica. Il fatto che un’animale possa circolare con assoluta libertà per campi e strade, causando danni e feriti è il sintomo malato dello strapotere esercitato dalla mafia. Il controllo asfissiante del territorio attraverso ogni tipo di vessazione.

Negli ultimi anni il prefetto Michele Di Bari ha organizzato una task force efficace per contrastare il fenomeno permettendo la cattura di numerosi capi di bestiame.

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