Boschi e incendi, si torna all’emergenza era un mio articolo di 36 anni fa e riportava una indagine che affermava che dal 1974 al 19B5 la superficie boscata percorsa dal fuoco è stata in Italia il 9,45 % rispetto al totale e in Puglia 122.63 %.
Se a questi si aggiunge, scrivevo allora, il 2,55 % della superficie agraria e forestale il danno complessivo, in termini ambientali ed economici, come perdita di prodotto legnoso e come costi dì ricostìtuzionc dei boschi bruciati assomava in Puglia a più di 200 miliardi di lire (154 milioni di euro) senza tener conto dei costì. difficilmente commensurabili, in termini di degrado paesaggistico , ecologico .turistico ecc.
Cosa è cambiato nel frattempo?
Nulla, anzi i cambiamenti climatici sono anche un incentivo al fuoco per le alte temperature.
Basti pensare che torna a bruciare Lido Silvana dopo più di vent’anni. Non è la cronaca che ci interessa, all’epoca furono tre operai della Chemipul che bruciavano rifiuti e non si resero conto dell’orientamento del vento. Oggi c’è un indagato.
Aggiornando i dati negli ultimi 14 anni sono andati in fumo 723.924 ettari, un’area grande quasi quanto l’intera regione Umbria. (cosi dice legambiente)
Ma perchè il bosco brucia?
A riguardo si sono fatte le analisi più disparate, anche con qualche palese disinformazione, tra cui quella che, in quegli anni lontani, diceva che ad accendere i fuochi erano gli stessi operai forestali disoccupati per la ricostituzione del verde bruciato.
Già allora il restringimento delle risorse pubbliche destinate al verde pubblico, pur in presenza di vaste aree da rimboschire, hanno fatto comprendere anche al più ignaro lavoratore che, rispetto alla inefficenza e alla sordità delle nostre istititizioni, non c’è ricatto occupazionale che potrebbe tener banco.
Non dispongo di un aggiornamento del dato ma nel report mio di quegli anni affermavo che che la dolosità accertata nella maggior parte degli incendi era in Puglia il 55, 37% rispetto ad una media nazionale del 34,85. I dato aggiornato nel report attuale di Legambiente, rispetto a Campania, Puglia, Calabria e Sicilia parla del 52%. Siamo sempre lì.
Aggiornando il dato risulta confermato il grafico che segue
A nostro avviso la causa è da ricercarsi nella più generale disaffezzione dell’uomo nei confronti della natura in una società in cui l’elemento che conta è il valore di scambio del bene. Allora c’è “il pericolo che il pino crolli sulla mia auto” e non protesto allo svellimento massiccio di Via Dante.
L’albero non ha valore, nel senso comune, perchè la sua economicità non è del tutto quantificabile e, comunque, diventa trascurabile, rispetto ad altri beni immediatamente piu redditizi, strade, parcheggi, residenze, infrasttrutture complementari, ecc)
Mentre un tempo il bosco e il legno erano beni primari oggi questi acquisiscono un valore affatto trascurabile, solo in termini di recupero ambiemntale e paesaggistico (basti citare effetto serra e ci siamo capiti). e che abbisogna di una generale acquisizione collettiva che ancora , dopo decenni stenta a realizzarsi, nonostate i social forum, e la diffusione delle informazioni.
Cosa occorre?
Proprio da questo bisogno di convolgimento della gente per una difesa e un controllo sociale su di un patromonio collettivo che va distruggendosi ogni giorno di più
Occorre un intervento sulla forestazione sia mirato
a) una reale prevenzione che significa costruire viali spartifuoco, sentieri di accesso e Torri di vedetta (quelle che si vedono nei film) che dotate di droni e sensori controllino aree e sobbalzino al primo comportamento scorretto; e poi cisterne di acqua nelle zone a rischio, ecc)
b) Creazione di un centro Operativo provinciale per la direzione, collegamento e comunicazione capace di attivare forze volontaristiche e sociali interessate. Per esempio Il Coordimamento Rimboschimento Taranto (Co.Ri.Ta)
Serve una definizione delle zone a rischio, e la loro delimitazione per una maggior tutela, occorre una manutenzione dei boschi degradati, non curati che possono essere il centro di sviluppo dei focolai.
Queste indicazioni rappresentano ricadute anche occupazionali di enorme significato e partono dalla rivoluzione che paragagona il verde pubblico ad una industria che va ampliata e rimodernata anche per dare risposta a tutta la rabbia di chi oggi pubblica foto del disastro del fuoco.
Foto di jacqueline macou da Pixabay