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Gabriele D’Annunzio / Il Trionfo della morte

Il libro di oggi appartiene a quel filone del decadentismo pascoliano portato fino all’estremo: la considerazione della vita quale affannoso vivere, come in Cesare Pavese.

Il libro di oggi ci trasporta nello stile innovativo del Vate, un vero stimolo  formativo.

Giorgio Aurispa è un giovane colto e raffinato di nobile discendenza che ha abbandonato il paese natio per trasferirsi a Roma, scevro da qualsiasi impiego, grazie all’eredità ricevuta dopo la morte del suicida zio Demetrio.

Intesse una relazione con una donna sposata, che deciderà poi di abbandonare il marito in favore del protagonista.

Il rapporto sentimentale nato tra i due ha quell’intensità violenta e sensuale cara a D’Annunzio, al suo modo decadente di descrivere la passione come opera d’arte.

La soggettività dell’impostazione narrativa è anche dovuta al peculiare carattere dell’eroe dannunziano, malato, debole e gelosamente chiuso in se stesso, per il quale la realtà umana si rivela senza speranza, vuota ed inutile.

Persino l’amore per Ippolita alla fine non è capace di dare alcuna consolazione ed al protagonista non rimane altra scelta che quella di porre fine al “mal di vivere” che gli è insopportabile.

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La rete

Un raduno dannunziano

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