Principale Arte, Cultura & Società La religione rende più felici?

La religione rende più felici?

Ancora una volta il dibattito sul tema del rapporto tra felicità e religione si riaccende. L’occasione è un’intervista all’autorevole studioso americano, Arthur Brooks, ex presidente del prestigioso American Enterprise Institute e ora professore alla Harvard Business School, pubblicata sul podcast Good on Paper, trasmissione della importante rivista The Atlantic, del 24 luglio 2024 (The Atlantic, Good On Paper, Can Religion Make You Happy? Arthur Brooks on faith and the loneliness epidemic By Jerusalem Demsas).

Da secoli, anzi da millenni, l’uomo si interroga su cos’è la felicità, cosa lo rende felice e come ottenerla. Filosofi, poeti, letterati, uomini di religione e poi scienziati hanno dissertato sul concetto di felicità, come caratteristica propria dell’uomo, che si differenzia oppure ingloba o si identifica con il piacere, il benessere, la pace, la salute, la soddisfazione. Ogni epoca e ogni autore ha cercato di dare una risposta, ma è anche vero che ognuno di noi in fondo cerca la felicità e cerca una risposta a come trovarla. Già nel 2019 un sondaggio del Pew Center aveva stabilito una forte relazione tra felicità e adesione ad una religione.

Brooks afferma che negli Stati Uniti stanno aumentando continuamente le persone che non si riconoscono in alcuna religione (definite nones) così come sta avvenendo nella nostra Europa, ma questo non significa che sia sparito almeno un generico ”senso della trascendenza, del metafisico, dell’oltre il visibile, di credere n qualcosa oltre la morte”.

La crescita delle persone non religiose, secondo Brooks, si spiega con tre motivazioni:

non amano i riti, le tradizioni pratiche e liturgiche

non amano l’organizzazione religiosa, e che questa debba determinare i contenuti della propria fede,

non s sentono in sintonia con il credo religioso, la classica affermazione “non mi sento di andare in chiesa o di pregare”.

Ma continua Brooks, “non devi necessariamente credere e accogliere tutti i dettagli di una religione per scegliere di aderirvi. Come nel matrimonio, non tutto dell’altra persona lo accetti e lo condividi pienamente e totalmente, ma nel suo complesso accetti, ami, accogli la persona, anche con quelle parti che non corrispondono pienamente ai tuoi desideri e aspettative”.

Per questo generalmente, sottolinea Brooks, “le persone religiose sono più felici. Hanno un maggiore senso dell’organizzazione della propria vita, della comunità e della partecipazione attiva nella società, hanno un senso pratico della vita e cercano di vedere e vivere la vita in modo diverso. Infine, poiché la vita è complicata e non sempre va come vorresti, è importante avere un punto di riferimento altro da sé, per confrontarsi e orientarsi”.

Su questo argomento si è aggiunto anche un articolo di Focus, che pubblica il risultato di un sondaggio apparso su Nature (7/8/ 2017 Global evidence of extreme intuitive moral prejudice against atheists) sul rapporto tra religione e ‘cattiveria’: la domanda fatta ad un ampio campione internazionale ha rilevato una sorta di ‘pregiudizio’ nei confronti di atei e non credenti che risultano essere considerati generalmente più immorali: “anche se il pregiudizio varia fortemente tra un paese e l’altro, ovunque il comportamento immorale è stato associato con quello di una persona non credente” (Focus /comportamento/psicologia/gli-atei-sono-piu-cattivi-dei-credenti?). La conclusione è che “l’idea che moralità e religiosità debbano per forza andare a braccetto è fortemente radicata sia nelle società religiose sia in quelle che non lo sono. E che, sebbene sempre più gli studi rivelino che l’istinto morale sia in gran parte indipendente dalla fede in una religione, la percezione comune è che valga il contrario” (Focus).

Ma su tutto questo qualcuno potrebbe non essere d’accordo, e continuare a dire che la religione non porta felicità, se non alla pari di altre proposte e idee. O addirittura ‘rovina’ la personalità. Ma da millenni se ne discute e nessuno per ora è arrivato ad una conclusione convincente per tutta l’umanità. Ancora oggi la bellezza, la fatica e la sfida di una scelta libera è possibile e pregevole.

Michele Trabucco

foto Diocesi di Foligno

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