Principale Ambiente, Natura & Salute Maratea, degrado senza fine per l’ex Pamafi

Maratea, degrado senza fine per l’ex Pamafi

Nino Sangerardi

“ Le Autorità preposte alle verifiche e alle inchieste sul sito dell’ex Pamafi di Maratea, ora Flomar spa in liquidazione, hanno notificato alla Regione, Amministrazione comunale e altri la gravissima situazione di crisi ambientale che si registra per la massiccia quantità di rifiuti speciali e pericolosi e la presenza di nutrite colonie di cinghiali e ratti. In realtà la Basilicata è ricca di curatele, liquidazioni in corso da decenni con danni per lavoratori, creditori e territorio”.

E’ quanto sostiene Pietro Simonetti, presidente del Centro studi e ricerche economiche e sociali.

Ultimamente sono state rinvenute non poche discariche nelle aree industriali e no lucane?

Simonetti risponde così: “A settembre 2023 fu scoperta dai Carabinieri della Compagnia di Potenza un deposito di cinquemila tonnellate di rifiuti speciali in uno dei cento capannoni vuoti o non censiti. Cento immobili con attrezzature asportate o vendute a prezzi stracciati del valore di 250 milioni di euro che sommati ai 300 del patrimonio della Regione Basilicata, ai 150 del Consorzio di Bonifica e altri 200 milioni di beni di Comuni Province e altri Enti territoriali, corrispondono al valore dei fondi Pnrr promessi alla Regione “.

Le norme di salvaguardia dei beni pubblici ?

Finanziamenti regionali, Leggi sono state ignorate per il riutilizzo dei siti produttivi sia pubblici che privati come accade in altri territori italiani. Per esempio la vicenda della Nuova Ari, una delle 15 aziende finanziate dalla Legge n.219/81, nel sito di Baragiano provincia di Potenza ma di competenza del Comune di Balvano provincia di Potenza. Società fallite, revocate e abbandonate. Dopo pochi mesi una nuova scoperta ad Atella provincia di Potenza: la MIN, una delle aziende del post terremoto del 1980 finanziata  al geometra Pirovano detto “angelo del terremoto di Como”, arrestato a suo tempo dal Giudice Lancuba del Tribunale di Melfi per diverse truffe, che atterrava in elicottero in Irpinia per gestire i finanziamenti di 20 fabbriche quasi tutte chiuse o revocate. Nella MIN gli inquirenti hanno trovato un deposito di eco-balle per migliaia di tonnellate, nessuno dell’ASI in liquidazione si è accorto di nulla per molto tempo. Altre scoperte recenti in Val Basento provincia di Matera.

La vicenda dell’ex Pamafi?

Ecco: la  più grande discarica si trova oggi a Maratea, provincia di Potenza, area Castrocucco a pochi metri dalla spiaggia, circa quaranta ettari di impianti dimessi della fabbrica ex Pamafi poi Flomar spa : azienda florovivaistica fondata nel 1950 dal Conte Stefano Rivetti di Val Cervo(1887-1962) e affondata negli anni Novanta da una società privata  del Monte Amiata a cui la Regione, inopinatamente, aveva ceduto l’azienda. La compagine toscana non ha pagato il mutuo contratto con Cassa Contadina e la Regione tra contenziosi legali e trattative concluse con intese non ha ancora rimesso piede nel sito e non ha utilizzato il finanziamento, per la bonifica, assegnato dall’Unione Europea per il riuso e attuazione del progetto Cittadella dell’Ambiente. Ogni tanto e con regolare scadenza a Castrocucco scoppia un incendio, spento il fuoco e diradato il fumo torna il sonno di Comune e Regione. Quest’ultima ha deliberato che il sito conserva 8000 metri quadri di  “rifiuti speciali pericolosi” ma non interviene e neanche il Comune. Intanto la situazione si aggrava nei luoghi dove i rifiuti stoccati e no continuano a produrre effetti, nel caso di Maratea in piena area turistica, ora interessata da una frana.

Che fare, dunque?

A circa venti anni dalla liquidazione dell’ex Pamafi  e 44 anni dal terremoto sarebbe opportuno fare qualcosa di concreto per bonificare finalmente le industrie citate e riutilizzare una parte dei cento capannoni e dei patrimoni pubblici. Sarebbe il caso, tenuto conto che la Regione ha i fondi economici, di procedere con la bonifica e per l’API-BAS recuperare i capannoni  realizzando nuovi investimenti,  evitando di tornare a operazioni di cementificazione dentro le aree industriali e artigianali.

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